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Tuesday, November 22, 2022

Giganti del rock dai piedi di argilla. Da Luigi Tenco a Kurt Cobain, quei 13 che non sopportavano la vita



Folgorante libro di Paolo Vites: "Rock'n'roll suicide. Il lato oscuro del rock". Il critico musicale racconta il fenomeno dei musicisti uccisi dalla depressione

di Mauro Suttora

HuffPost.it, 22 novembre 2022

Dopo quarant'anni esatti, resta imbattuto il record di Michael Jackson: il suo disco 'Thriller', uscito nel novembre 1982, con cento milioni di copie è ancora il disco più venduto della storia (il doppio del secondo, 'Dark side of the moon' dei Pink Floyd). Allora Jackson aveva 24 anni. A soli 50, nel 2009, muore per intossicazione di farmaci: propofol, lorazepam, midazolam, diazepam, lidocaina, efedrina. Tecnicamente non fu suicidio. Ma si trattò comunque di una morte provocata dall'autodistruzione, come quella di altre rockstar (Elvis Presley, Prince, Tom Petty) raccontate nell'ultimo, folgorante libro del critico musicale Paolo Vites: 'Rock'n'roll suicide. Il lato oscuro del rock' (Caissa Italia editore).

Vites tralascia la stranota lista dei rocker morti all'esatto scoccare dei loro 27 anni per droga e alcol, da Brian Jones ad Amy Winehouse, passando per i tre J (Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison). Si concentra su tredici casi di musicisti che si sono suicidati in piena regola: impiccandosi, sparandosi o per overdose. Da Luigi Tenco a Kurt Cobain, da Whitney Houston alla cantante dei Cranberries, da quello degli Inxs ('in eccesso') a illustri sconosciuti come Neal Casal che solo Vites, superesperto di musica Usa, conosce. Tutti accomunati dalla depressione.

"Woodstock, 17 agosto 1969: salire sul palco, sedersi al proprio strumento di fronte a oltre mezzo milione di persone. Esibirsi. Quindici giorni dopo, quasi altrettanti spettatori all’Isola di Wight. Pochi anni dopo, il 28 luglio 1973, ancora sul palco per l’evento, come riportato nel Guinness dei primati, con «il pubblico più numeroso a un festival pop»: il Summer Jam al Watkins Glen, con oltre 600mila persone. Poi lo Stadio di Wembley, a Londra. E in mezzo gli stadi di tutta l’America, i teatri più lussuosi e ricchi di fama come la Royal Albert Hall di Londra, la Carnegie Hall di New York e l’Olympia di Parigi.  Il massimo a cui può aspirare un musicista rock, e non sono molti quelli che hanno toccato tali vette. Lui, Richard Manuel, insieme ai suoi compagni di The Band, è stato uno di quei giganti. Che purtroppo avevano dei piedi d’argilla, poiché vittime delle promesse e dei tradimenti del rock’n’roll".

Questo è l'inizio del capitolo sul pianista di The Band, il gruppo di Bob Dylan, che si è tolto la vita nel 1986. Lo si sente in The Weight, colonna sonora di Easy Rider; lo si vede nel film 'The Last Waltz' di Martin Scorsese. Si è appeso in bagno con il collo stretto nella sua cintura. Ma, attenti, quello di Vites non è un libro lugubre. Attraverso i suoi sapienti racconti si entra in un mondo che, come quello dello sport, è l'unico ad avere affascinato (e continua a farlo) miliardi di giovani in tutto il mondo negli ultimi 70 anni. E pazienza se in qualche caso non c'è il lieto fine.

Penso di essere l'unico oltre a Vites, in Italia, a ricordarsi di Phil Ochs. Ne ero un fan maniacale, avevo imparato a memoria la sua canzone più famosa ('I ain't marchin' anymore', Non marcio più) e la infliggevo cantandola con la chitarra ai miei compagni di liceo a Udine. I quali, con finezza friulana, si vendicarono soprannominandomi per scherzo 'Fin Occh'. Non ricordavo che questo autore di inni antimilitaristi preziosi quanto quelli di Dylan, colonna sonora delle marce contro la guerra in Vietnam (uno per tutti: 'There but for fortune', interpretato da Joan Baez) si fosse impiccato nel 1976. Questa mia mancanza di ricordi è forse uno dei motivi del suo gesto. 

Ma qualcuno si è sparato anche nel pieno della notorietà. Come Luigi Tenco, poche ore dopo essersi esibito a Sanremo di fronte a decine di milioni di telespettatori. Certo, Tenco era stato appena escluso dal festival 1967. E lo scrisse perfino sul biglietto d'addio: "Protesto contro un pubblico che manda 'Io, tu e le rose' in finale". Non risulta che l'incolpevole Orietta Berti abbia particolarmente sofferto per l'accusa contro la sua canzone, che arrivò quinta. Vinse Iva Zanicchi. E se le due brave e simpatiche cantanti ci fanno ancora compagnia dopo oltre mezzo secolo, forse Tenco ha portato loro fortuna. In ogni caso, ricorda Vites, l'ultima inchiesta sulla sua morte si è conclusa solo nel 2015. Evidentemente i complottisti, convinti per decenni che fu omicidio, non sono nati ora con vaccini e covid.

Il godibilissimo (nonostante l'argomento) libro di Vites scava a fondo, e inserisce il fenomeno dei musicisti che rinunciano alla vita in un quadro più ampio: quello della depressione, malattia che colpisce una quantità incredibile di persone.

"Nel 2030 la depressione diventerà la prima causa al mondo di giornate di lavoro perse per disabilità, superando le malattie cardiovascolari", scrive Vites. "L'Oms stima che sarà più diffusa di cancro, patologie cardiache e Alzheimer. In Italia 3,5 milioni di persone combattono contro la depressione, in Europa 35 milioni. In dieci anni la sua incidenza è aumentata del 18%. Nel mondo colpisce quasi cinque persone su cento: 322 milioni. Un male che non conosce confini: colpisce chiunque, anche se prevalentemente i redditi medi e bassi. Nel 2015 si sono suicidati in 788 mila: è la seconda causa di morte tra i 15 e i 29 anni".

Rock and roll will never die, ma ogni tanto qualche rockstar non sopporta la vita. 

Saturday, October 23, 2021

Caos M5S/ “Asse grillini-Berlusconi per il Colle: il Cav o la Casellati”

A sorpresa, Giuseppe Conte ha nominato come sua vice Paola Taverna, pentastellata della primissima ora, e “snobbato” Di Maio. Ecco cosa potrebbe succedere nel M5s 

intervista a Mauro Suttora

www.ilsussidiario.net, 23 ottobre 2021

E’ nato il “nuovo” Movimento 5 Stelle, quello di Giuseppe Conte. Nelle scorse ore, infatti, l’ex premier ha scelto la sua squadra, nominando i suoi vice: Paola Taverna, la sola con il ruolo di vicaria, Mario Turco, Alessandra Todde, Riccardo Ricciardi, Michele Gubitosa. 
Diversi i delusi rimasti fuori, e secondo Mauro Suttora, giornalista e scrittore, blogger sull’Huffpost, già all’Europeo, Oggi, Newsweek e New York Observer, aumenta nel Movimento, soprattutto tra i più fedeli alle origini, il fastidio per Conte: “L’ex premier ha privilegiato i fedelissimi e annientato la corrente di Di Maio. Sono prevedibili nel prossimo futuro scontri e terremoti anche vistosi”. 
Quello tra Conte e M5s, ci ha detto ancora, “è solo un matrimonio di interesse, vista l’alta percentuale di popolarità di cui gode ancora Conte, ma il potere reale è ormai solo appannaggio di Grillo, dello stesso Conte e adesso anche di Paola Taverna”.
 
Conte ha scelto la sua squadra nominando i suoi vice: Paola Taverna, la sola con il ruolo di vicaria, Mario Turco, Alessandra Todde, Riccardo Ricciardi, Michele Gubitosa. Sono tutte personalità vicine all’ex premier, è così?

"La grande novità è l’ascesa solitaria di Paola Taverna a numero due del Movimento. È l’unica della vecchia guardia sopravvissuta al rinnovamento totale imposto da Conte. Taverna è grillina da 14 anni, ancor prima che nascesse il Movimento 5 Stelle nel 2009. Si candidò con gli Amici di Grillo alle comunali di Roma 2008, dove col 3% non ottennero eletti. Senatrice da otto anni, vicepresidente del Senato dal 2018, rappresenta l’anima movimentista del M5s. Molto popolare fra la base, ancor più di Di Maio, Fico e Di Battista, è stata la più votata alle ultime primarie online. Fedelissima di Grillo, ha subito legato con Conte, rinunciando alla propria leggendaria aggressività".

Molti parlamentari si dicono delusi. Cosa comporterà questa scelta nei rapporti già tesi con i vecchi Cinquestelle? Nuove scissioni? Un Movimento sempre più diviso?

Il matrimonio fra Conte e i grillini non è d’amore, ma d’interesse. Finché l’ex premier rimarrà al 40% nei sondaggi sulla popolarità individuale dei politici, i 5 Stelle si affideranno a lui. Gli altri quattro membri della presidenza sono sconosciuti, gli appetiti erano tanti, Conte ha privilegiato i fedelissimi e annientato la corrente di Di Maio. Quindi sono prevedibili grossi movimenti tellurici.

E’ stato fatto fuori Alfonso Bonafede. C’è un motivo particolare?
 
No, semplicemente c’erano solo due posti per i maschi, e Conte ha voluto valorizzare il suo Mario Turco. Bonafede non avrà problemi a essere rieletto, grazie alla fama conquistata da ministro.

Fuori anche Chiara Appendino, sembra per scelta personale. Ha chiuso con il M5s o è il M5s che ha chiuso con lei?
La Appendino ha avuto l’intelligenza di farsi da parte, invece di affrontare ciecamente il massacro come la Raggi a Roma. Non ha accettato il posto in presidenza solo perché è appena diventata mamma per la seconda volta, e quindi non può affrontare trasferte a Roma. La sua Torino è l’unica città del Nord dove i grillini hanno resistito al 9%, senza crollare all’umiliante 3% di Milano, Bologna e Trieste. 

Fuori anche Vito Crimi, che è sempre stato un super sostenitore di Conte, come mai?
Beh, la statura politica di Crimi non è paragonabile a quella di Taverna. Un fidato uomo di apparato, niente di più.

Chi comanda davvero lì dentro?
Conte, Grillo e, a questo punto, Taverna.

La Raggi che fine fa? Che ambizioni ha?
Arrivare quarta e ultima a Roma l’ha distrutta. Le sue ambizioni sono direttamente proporzionali all’incompetenza dimostrata nei cinque anni da sindaca di Roma.

Di Maio e Di Battista?
Di Maio è in realtà un democristiano moderato, come Conte. Ma questa vicinanza politica li rende ingombranti l’uno all’altro. Il fedelissimo di Di Maio, Spadafora, ha sparato a zero contro Conte all’ultima riunione con i parlamentari. Di Battista potrebbe essere recuperato da Conte in funzione anti-dimaiana. Ma il suo estremismo complottista lo avvicina più al fuoriuscito Paragone che al nuovo corso moderato di Conte.

Chi controlla chi in aula, alla Camera e al Senato?
Nessuno. È un caos totale. Dei 300 eletti nel 2018 sono rimasti solo in 200. Ma sanno che, col taglio dei parlamentari e il crollo nei sondaggi, pochi riusciranno a essere rieletti. Quindi siamo alla lotta di tutti contro tutti.

Elettoralmente i Cinquestelle sono in crisi nera, ma rappresentano ancora il 33% del Parlamento, tolti i transfughi. Quelli che restano sono più di destra o di sinistra?
Non sono né di destra né di sinistra. È l’unica promessa elettorale che hanno mantenuto, oltre al taglio dei parlamentari e al funesto reddito di cittadinanza. La loro linea politica è mantenere poltrona e stipendio il più a lungo possibile.

C’è ancora il rischio scissione? Che ne sarà della possibile alleanza con il Pd?
I fedeli a Conte non se ne andranno e accetteranno la posizione subalterna al Pd. Gli altri cercheranno ovunque un approdo che prometta loro una speranza di rielezione o di carriera nel sottobosco politico.

Come si comporteranno adesso con Draghi?

Saranno fedeli al governo e contrari all’elezione di Draghi al Quirinale, perché il cambio di premier scuoterebbe troppo il quadro politico, portando probabilmente al voto anticipato nel 2022. Non escludo che molti grillini possano essere reclutati, alias ‘comprati’, da Berlusconi per far eleggere presidente della Repubblica lui stesso o la Casellati, presidente del Senato. Sarebbe la prima donna al Quirinale, e sia il centrodestra che i grillini potrebbero gloriarsene.
Paolo Vites

Monday, September 20, 2021

Caos M5s/ “Raggi (16,5%) ostacola i piani di Conte per rifare il premier col Pd”

Mentre Virginia Raggi batte tutti alle elezioni per il Comitato dei Garanti del M5s, la sorte di Giuseppe Conte è sempre più incerta

intervista a Mauro Suttora

di Paolo Vites

www.ilsussidiario.net, 20 settembre 2021

Nonostante la sua sia stata una amministrazione tra le peggiori che la storia italiana ricordi (assessori che hanno rinunciato al mandato, litigi interni alla giunta, problema dei rifiuti mai risolto, mezzi pubblici da paese del terzo mondo, per dirne alcuni), tra i candidati alla carica di sindaco alle prossime elezioni del Movimento 5 Stelle, Virginia Raggi è quella che ottiene al momento nei sondaggi il risultato migliore. 

A Milano Layla Pavone è data al 5,6%; a Bologna i 5 Stelle sono alleati del Pd e la loro lista è all’8,1%; a Torino Valentina Sganga è all’8,6%. Mentre a Roma la lista civica per Virginia Raggi raggiunge il 16,5%. Non solo: la Raggi è uscita trionfatrice anche alle elezioni per il Comitato dei garanti del Movimento, dove ha doppiato sia Fico sia Di Maio nelle preferenze dei militanti: lei 22.289 e loro 11.949 e 11.748 voti. 

Secondo Mauro Suttora, giornalista, opinionista sull’Huffington Post, “i rapporti tra la Raggi e il presidente del M5s sono molto freddi, Conte non avrebbe neanche voluto si ricandidasse. Il futuro dell’ex premier che guarda sempre di più al Pd e del Movimento sono legati ai risultati delle amministrative”.

Nel voto per il Comitato dei garanti M5S Virginia Raggi ha battuto tutti, sia Fico che Di Maio nelle preferenze dei militanti. Come si spiega? È perché Grillo è sempre stato suo sostenitore convinto?

Semplice: le due preferenze dovevano essere per un uomo e una donna. Quindi chi ha votato Fico ha aggiunto la Raggi, e così per Di Maio. Le altre due candidate donne, la deputata Ruocco e l’eurodeputata Beghin, non sono conosciute quanto la Raggi. 

Nei sondaggi sulle elezioni a sindaco, anche se la Raggi a Roma non vincerà, rispetto a città come Milano o Bologna ha un discreto risultato nonostante i problemi non risolti. Che ruolo avrà dopo la sua uscita dal Campidoglio?

Quel 16% significherebbe arrivare ultima dopo Michetti (destra), Gualtieri (sinistra) e Calenda (centro). Probabilmente la candideranno al Parlamento, anche se sarebbe il suo quarto mandato, mentre i grillini hanno sempre promesso di limitarsi a due mandati per evitare il professionismo politico.

Come sono i suoi rapporti con Conte?

Secondo HuffPost i rapporti Raggi-Conte sono freddi: lui non avrebbe voluto candidarla, per evitare la sconfitta e fare confluire i voti grillini su Gualtieri già al primo turno, come a Bologna e Napoli.

Grillo dopo il patto forzato con Conte sembra che stia mettendo all’ex premier i bastoni fra le ruote. È così?

Grillo è stato convinto da Fico e Di Maio a tenersi Conte perché è una gallina dalle uova d’oro: mentre i grillini nei sondaggi sono al 15%, lui è ancora al 50%. Quindi la scelta era obbligata, come aveva già capito la ex pasionaria ma intelligente Paola Taverna, la prima a inchinarsi a Conte nonostante la distanza politica.

A Piazza Pulita Conte ha dichiarato: “La mia formazione è il cattolicesimo democratico, il mio cuore batte a sinistra”. È già stanco dei 5 Stelle? E loro, se ne vogliono sbarazzare?

Dipende molto dalle comunali fra due settimane. Se a livello nazionale i grillini crolleranno sotto il 10%, sarà dura per Conte tenerli assieme. Lui vuole farsi candidare premier per l’alleanza M5s-Pd, ma ha bisogno del piedistallo di un suo partito, per non fare la fine di Prodi nel 1998 e nel 2008. E anche i dem lo accettano, finché i sondaggi gli sono favorevoli. Molti grillini però considerano Conte un democristiano, estraneo a loro, come ha detto anche Grillo. Quindi mal lo sopportano.

Gli ex come Di Battista che dicono?

Paragone si candida con una sua lista. Di Battista è più furbo: magari accetterà le offerte di Conte per tornare in Parlamento, in modo da coprirlo dal lato dei movimentisti. A Conte conviene valorizzare Di Battista anche in funzione anti-Di Maio. Ma i 400mila euro incassati da Conte dalla società Acqua Marcia di Caltagirone lo allontanano dagli “onesti” del Movimento.

Quelli che alla Camera e al Senato sono usciti da M5s che direzione stanno prendendo?

Ormai sono un centinaio e si sono sparpagliati in tutti i partiti. Hanno come unico obiettivo conservare lo stipendio, e quindi rinviare le elezioni al 2023. Invece Conte vorrebbe il voto politico già nel 2022 perché teme che la sua popolarità evapori nel tempo.

Rapporti col Pd: come si evolvono, e come li evolveranno le elezioni?

Anche qui, tutto dipende dal risultato del 3 ottobre. Se i grillini si ridurranno a un’appendice del Pd col 5-10% forse cercheranno altre strade, fuori dall’abbraccio mortale di questa alleanza. Solo a Napoli possono sperare in un voto di lista del 20%, che comunque è la metà di tre anni fa.

Paolo Vites

Friday, October 02, 2020

I grillini non esistono più, al nord hanno preso il 3%

CAOS M5S/ “Grillo resta il leader, il Pd pensa a Fico, il mistero è Di Maio”

intervista a Mauro Suttora

www.ilsussidiario.net

2 ottobre 2020 

Movimento 5 Stelle sempre più spaccato dopo la batosta elettorale: è rivolta contro Casaleggio. A contendersi la leadership saranno Di Maio, Di Battista, Fico o Taverna

Mentre il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha incontrato a Roma Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, il Movimento 5 Stelle dopo la batosta elettorale appare sempre più disorientato e spaccato. Ne abbiamo parlato con Mauro Suttora, giornalista e scrittore, attento al fenomeno-M5s fin dalla sua nascita, che ci ha confermato come il M5s di fatto non esista più: “Alle ultime elezioni ha preso il 7% a livello nazionale, il 3% al Nord. Contando gli astenuti, significa che hanno preso l’1,5%, in pratica non esiste più, anche se resta questo cadavere ambulante che è il gruppo parlamentare, che in Parlamento vale comunque sempre il 32%”. E aggiunge: sono quattro i big che possono aspirare a prendere la leadership di quello che resta: Di Maio, Di Battista, Taverna e Fico. 

Facciamo il punto sul M5s. Il Movimento è spaccato; chi ha in mano il pallino in questo momento? Grillo? Casaleggio? Di Maio attraverso Crimi?

Grillo è sempre quello che conta di più.

In che senso?

Nessuno oserà mai mettersi contro di lui, neanche Di Battista.

In realtà Grillo sembra piuttosto fuori dalla scena politica. In che modo è la figura più importante?

Basta pensare che un anno fa ha benedetto l’alleanza con il Pd e che ha detto di andare avanti così anche l’anno prossimo quando si voterà nelle quattro più importanti città italiane, Torino, Milano, Roma e Napoli. Al massimo si possono presentare separati al primo turno e allearsi al secondo.

Casaleggio invece?

Lo vedo male. Ha sbagliato a mandare il messaggio a tutti gli iscritti, si fa per dire, sarebbe meglio dire i registrati a Rousseau. Una mail tremenda in cui accusa decine di parlamentari di non pagare i 300 euro al mese alla Casaleggio e di essere indietro con le restituzioni dello stipendio, che poi su 12mila euro netti ne versano 1.700 al mese. E anche su quello molti sono indietro. In sostanza ha contro tutti i parlamentari.

Di Maio e Crimi?

Non vanno molto d’accordo. Crimi non esiste più, è scaduto il suo tempo.

Però è sempre in tv.

Perché formalmente è ancora il capo, doveva restare fino agli Stati generali, è stato miracolato dal coronavirus.

Quindi tra i due non c’è alcun legame?

No. E poi Crimi è irrilevante. Il problema sono Di Maio, Fico, Taverna e Di Battista, i quattro big.

Che non vanno d’accordo, giusto?

Giusto, però ci sono aspetti trasversali. Di Battista è movimentista, per cui è contro l’alleanza con il Pd; anche la Taverna è movimentista amata dalla base. In teoria sarebbe contraria al Pd, però sta buona perché fedelissima di Grillo. In sostanza è alleata con i governisti di Di Maio.

Ecco, Di Maio: è solo soletto?

No, ha tutti i governisti e i parlamentari, non si sa quanti, non si sa neanche quanta base ha. Non è mai stata fatta una votazione in cui ci fosse il gradimento per Di Maio da quella volta che fu votato capo politico. E poi c’è tutta la classe intermedia che è importante.

Sarebbe?

Tutti i consiglieri e assessori comunali e regionali, che saranno almeno un migliaio. Se i parlamentari si stanno emancipando da Casaleggio, questa fascia intermedia ha protestato perché i parlamentari hanno fatto la riunione congiunta una settimana fa per prendere in mano il Movimento. Giustamente hanno imposto a Crimi di dire ai giornali che faranno una riunione anche loro. Essendo il M5s un movimento che non ha mai avuto un concetto democratico di dialogo e discussione interna, è difficile  riuscire a trovare un accordo; sono abituati da dieci anni a prendere ordini da Casaleggio padre e figlio.

Articolisti e retroscenisti scrivono di una intesa crescente tra Zingaretti e Di Maio. Ti risulta? Con quali prospettive? 

Fico, che comanda l’ala di sinistra, è felicissimo di questa intesa, il Pd lo porta in braccio per candidarlo a sindaco di Napoli.

Di Maio riprenderà il controllo politico di M5s?

Potrebbe anche darsi: in nome delle poltrone e degli stipendi. Se fossi un eletto grillino starei con lui per rimanere appiccicato allo stipendio. Ma la cosa più importante è che dopo le elezioni regionali il bluff si è svelato.

Cioè?

Non esistono più, hanno preso il 7% a livello nazionale, il 3% al Nord, contando gli astenuti hanno preso l’1,5%. In pratica non esistono più, resta questo cadavere ambulante che è il gruppo parlamentare, che vale sempre il 32% dei seggi.

Conte oggi come viene percepito dai grillini?

In privato lo insultano, lo chiamano un democristiano arrivista che non c’entra niente con il Movimento, però sono costretti a difenderlo in pubblico per difendere il governo e quindi per difendere loro stessi.

I 5 Stelle diranno sì al Mes così come hanno aperto a modifiche al reddito di cittadinanza?

Diranno di sì a tutto, già si sapeva, chiedevano solo di aspettare le regionali per non perdere altri voti.

Conte e Di Maio come possono dare rassicurazioni a Pompeo sul 5G e simpatizzare con la Cina? Come stanno le cose?

Intanto Di Maio e Conte devono aspettare chi vince in America alle presidenziali, poi troveranno un modo. Come galleggiano loro non glielo insegna nessuno, sono come la vecchia Democrazia Cristiana. Peccato che il Recovery Fund non arriverà fino a chissà quando e che nel frattempo l’economia vada a rotoli.

Paolo Vites

 

Saturday, November 09, 2019

Di Maio solo, grillini spaccati. Il governo cade sull'Ilva?

Luigi Di Maio si trova contro molti suoi parlamentari. Intanto nei sondaggi, in vista del voto in Emilia-Romagna, il M5s precipita sotto il 10%. E andrà in minoranza sull’Ilva 

intervista a Mauro Suttora

il sussidiario

9 novembre 2019

Sono, letteralmente, volate le seggiole, mentre era in corso la riunione dei parlamentari grillini sull'Ilva. Seggiole, racconta Mauro Suttora, giornalista e profondo conoscitore del Movimento 5 Stelle, lanciate da un furibondo e allo stesso tempo disperato Luigi Di Maio mentre incontrava i rappresentanti pugliesi dei suoi parlamentari, schierati per il no all’accordo con Mittal e contro il ripristino dello scudo penale. 

Su Repubblica, poi, si è letto di un Di Maio, quasi prostrato fisicamente, che si scusava con il premier Conte, al quale confessava di non essere più in grado di controllare i suoi senatori e di non poter assicurare i loro voti. 

Se a questo scenario si aggiunge una perdita di consensi generale, soprattutto però in Emilia-Romagna – prossimo appuntamento elettorale, dove i pentastellati rischiano di non riuscire ad arrivare neanche alla doppia cifra -, il quadro che si presenta assomiglia molto alla fine dell’esperienza di un movimento che voleva cambiare l’Italia: “Il sostegno del M5s è ormai aleatorio, è probabile che si andrà al voto dopo l’approvazione della legge di bilancio, mandando a casa questo governo dopo il 31 dicembre”.

Che cosa sta succedendo nel Movimento 5 Stelle?

Succede, e non era mai successo prima, che Di Maio ha perso le staffe con i suoi parlamentari pugliesi. Lo si è sentito urlare che lui aveva dato tutto per il Movimento e gridare che venissero loro al suo posto. Poi se n’è andato sbattendo la porta e a quel punto è volata anche una seggiola.

Una brutta scena. Di Maio è ormai sotto assedio?

È una situazione devastante. I sondaggi sull’Emilia-Romagna danno M5s al 7%. Erano già crollati dal 27% delle politiche 2018 al 13% delle europee 2019. Sono tornati al livello delle scorse regionali, solo che lì erano in ascesa e quel 13% fu un trionfo. Ora i sondaggi li danno sotto al 10%, il che significa la fine. Pare che per evitare la figuraccia non presenteranno il simbolo, ma una lista civica.

Quindi l’Emilia-Romagna potrebbe essere la Caporetto dei 5 Stelle, e anche del governo?

I sondaggi non sono così negativi per il Pd, però non sembra che possa farcela a superare il centrodestra, che si presenterà unito. Paradossalmente il Pd potrebbe crescere, ma si trova degli alleati che non contano nulla (Leu, +Europa, verdi). L’unico che potrebbe servirgli, anche con un 7%, è il M5s.

Quello che sta succedendo è tutta colpa di Di Maio?

È colpa di tutti. La realtà è che sono incompatibili due atteggiamenti molto diversi: o fai il rivoluzionario, che vuole per esempio chiudere l’Ilva, o fai il riformista, che concede lo scudo penale a Mittal. È evidente che Mittal ha preso la palla al balzo quando ha tolto lo scudo penale.

Che cosa succederà se Di Maio abbandona? Grillo e Casaleggio hanno già in mente qualcuno? Massimo Bugani per esempio.

Al momento non si fanno nomi. E Bugani non ha le capacità.

Ma è membro del Cda della Casaleggio Associati ed è anche bolognese…

Non importa. Si può dire quello che si vuole su Di Maio, ma è uno che ha capacità dialettica, è un prodigio del presenzialismo.

Ci sono altri nomi che si possono fare?

Di Battista se ne è andato in Iran, perché lui il Pd proprio non lo digerisce. Alcuni dissidenti pensavano a Morra come l’unico in grado di coagularli, ma il problema è che i dissidenti 5 Stelle non sono mai riusciti a trovarsi d’accordo su una persona, hanno sempre finito per litigare tra loro.

Fico?

Fico ha già vinto, ha ottenuto quel che voleva: l’alleanza con il Pd.

È stato reso pubblico un documento in 10 punti, un decalogo elaborato dal deputato 5 Stelle Giorgio Trizzino, che chiede “una distinzione netta del ruolo di capo politico da quello di responsabilità in incarichi di governo”. Che ne pensa?

Ottima proposta: non si capisce come faccia Di Maio a fare tre lavori assieme. È ministro degli Esteri, ma anche capo delegazione grillino al governo, e capo traballante del suo partito. Deve andare in Cina, poi affrontare tutte le problematiche di governo confrontandosi col Pd, e infine occuparsi anche della guerra interna al M5s. Non so come possa reggere.

Secondo lei, questo decalogo verrà preso sul serio?

Potrebbe essere una soluzione a lungo termine, ma chi ci crede che adesso Di Maio abbandoni il ruolo di capo politico dei grillini? Siamo nelle stesse condizioni di quella che era una volta la Dc o il Pd oggi, dove il segretario politico conta addirittura più del presidente del Consiglio, seppure siano entrambi dello stesso partito.

Casaleggio quanto è preoccupato di tutto questo caos?

Sta cercando di rimettere insieme i cocci, e presto arriverà a Roma anche Grillo. Tutti gli altri partiti vogliono ripristinare lo scudo penale sull'ulva, tanto che potrebbe realizzarsi una situazione paradossale in Parlamento, con Lega e centrodestra che votano insieme al Pd mettendo i grillini in minoranza.

A quel punto? Il governo avrà ancora la forza per stare in piedi?

Il governo è esaurito, potrebbe rimanere in carica solo fino al 31 dicembre per approvare la legge di bilancio. Poi, tutti a casa.
Paolo Vites

Tuesday, February 26, 2019

I grillini dopo il crollo in Sardegna dal 42 al 10%


26 febbraio 2019

Dopo l’Abruzzo anche la Sardegna: il crollo dei 5 Stelle, dal 42% al 10%, sembra inarrestabile. C’è chi si domanda se si allargherà anche al resto d’Italia.

Per Mauro Suttora, giornalista, scrittore e profondo conoscitore del Movimento 5 Stelle, “si sta ormai andando verso una caduta a livello nazionale. Al Nord ad esempio, “la parte dell’Italia che conta, i 5 Stelle sono oggi intorno al 10% rispetto al 20% che avevano raggiunto”.

Sembra poi sempre più vicina una scissione: da una parte Luigi Di Maio e dall’altra i parlamentari e la base guidata dal presidente della Camera, Roberto Fico, che “è di estrema sinistra” dice ancora Suttora. Il futuro del Movimento 5 Stelle sarà deciso dall’esito delle prossime elezioni europee.

I 5 Stelle sono crollati prima in Abruzzo e poi in Sardegna: sono solo situazioni locali o la tendenza si sta propagando in tutto il Paese?
Questa caduta dei consensi è una tendenza che sta toccando tutta l’Italia. Presto si voterà in Basilicata, ci saranno le comunali in Sicilia e le regionali in Piemonte, queste ultime in contemporanea con le europee, e questi appuntamenti elettorali ci confermeranno il sospetto che si tratti ormai di un trend nazionale inevitabile.

Di Maio sta cercando disperatamente un rilancio dopo queste sconfitte. Da tempo parla di trasformazione del movimento in partito tradizionale. Secondo lei, può funzionare?
Il vero nodo che pongono i dissidenti, cioè quel 41% che ha votato contro Salvini sul caso Diciotti, non è tanto avere venti segretari regionali, come sembra si voglia proporre nei prossimi giorni, ma chi li elegge. Di Maio li vuole nominare lui, mentre giustamente i dissidenti dicono che devono essere eletti dalla base regione per regione.

Questo cosa significa?
E’ una cosa mai successa nel Movimento, perché all’idea di strutturarsi in partito c’è sempre stato prima il rifiuto di Casaleggio padre e ora del rampollo Davide.

Sta dicendo che Di Maio rischia di prendere un sonoro schiaffone dalla base?
Sì, e possiamo già contare i mesi ormai prima che si arrivi alla scissione. Scissione che poi sarà indicata da Casaleggio, a seconda della posizione che prenderà. Lui è di destra, mentre i dissidenti come Fico sono di estrema sinistra. Assisteremo a una guerra totale.

Una scissione tra l’anima di sinistra e quella più governativa?
Secondo me, avverrà più per il metodo che per il merito. L’unico che è rimasto fedele all’anima del Movimento, nel caso del voto su Salvini, è stato Nicola Morra.

In che senso?
Nel senso che nel M5s, che da dieci anni sostiene la politica dei forcaioli, adesso si sono messi a fare i garantisti con Salvini. Hanno tradito la loro stessa anima, è evidente a tutti.

Quanto vale Fico?
Lui cerca di accreditarsi quel 41%, in realtà di coloro che usciranno allo scoperto nella votazione su Salvini sono solo in 4. Fino alle europee staranno tutti zitti per la paura folle di essere espulsi. Rimarranno tutti fedeli a Salvini in nome del potere, della poltrona e dello stipendio.

Insomma, c’è una differenza netta tra gli eletti e la base, è così?
Sì, una differenza totale, sono due cose completamente diverse. Molti degli eletti non sono stati scelti con le parlamentarie, ma direttamente da Di Maio, come nel caso di personaggi come il comandante De Falco, che si è rivelato persona onesta e tutta d’un pezzo, ma neanche questi gli garantiscono fedeltà.

Alle europee che cosa farà il M5s?
Vorrei sottolineare un aspetto curioso: nessun organo di stampa ha approfondito chi sono i personaggi esteri con cui Di Maio ha stretto alleanza in vista delle europee. Forse perché si tratta di signor nessuno, sono una barzelletta. 
Dei quattro alleati, due non sono neppure presenti nei rispettivi parlamenti nazionali, uno è un rocker fascista polacco impresentabile. Sono tutti personaggi assurdi, peggio dei gilet gialli francesi. I 5 Stelle non hanno nulla in comune con nessuno di loro.

E che programma presenteranno i 5 Stelle?
Sono alla disperata ricerca di qualche parola d’ordine forte, che gli faccia recuperare qualche voto, visto che Di Battista, dopo le figuracce che ha fatto da quando è tornato in Italia, è stato messo a tacere.

Lo scenario più plausibile?
Se vanno sotto il 20% sarà un crollo. Se invece riescono a dire che hanno gli stessi voti del 2014, il 21%, potranno sperare di tirare avanti ancora un po’.

Fino a una inevitabile crisi di governo?

La crisi di governo probabilmente ci sarà: quando in una coalizione uno dei due partiti crolla e l’altro raddoppia, nonostante tutta la buona volontà, non si può più stare insieme. E poi il classico centrodestra con Lega e Forza Italia sta funzionando benissimo. Il Piemonte darà un’indicazione decisiva: al Nord i grillini sono ormai al 10% rispetto al 20% raggiunto alle politiche. E quando sei al 10% nella parte che conta dell’Italia sei già morto. 

Tuesday, December 04, 2018

L'agghiacciante video di Di Maio senior

La “confessione” delle sue colpe è stalinista

4 dicembre 2018

Il Sussidiario.net


Salvini li logora fino a quando non sprofonderanno da soli: è questo il parere di Mauro Suttora, opinionista di Libero, sull’attuale situazione del Movimento 5 Stelle, alla luce dello scandalo familiare che ha coinvolto Luigi Di Maio: “Ogni volta che parla fa perdere voti, mentre Salvini quando parla ne acquista di nuovi”. Ecco cosa ci ha detto.

Da dove vengono i guai maggiori dei 5 Stelle? Dal caso personale Di Maio padre e figlio? Da Salvini? O dagli imprenditori che vogliono le grandi opere?
Di Maio è diventato un Re Mida al contrario, tutto quello che tocca diventa un disastro. Il video del padre che “confessa” le sue colpe è agghiacciante.

In che senso?
Sembra una di quelle confessioni che Stalin faceva fare ai suoi oppositori, o Mao ai tempi della Rivoluzione culturale: le autoconfessioni sotto minaccia. C’è questo poveraccio che deve leggere un foglio preparato da chissà chi e dichiararsi il solo colpevole di tutto. Ma la cosa triste è che i grillini non se ne rendono conto, se gli fai queste citazioni storiche non capiscono perché non hanno un minimo di cultura. Colpa anche della scuola dove non si arriva a studiare personaggi come Stalin o Mao, una generazione intera a cui puoi propinare questi video senza che capisca cosa significhino veramente.

E Salvini? Gli porta via consenso o no?
Salvini è il contrario di Di Maio, non ne sbaglia una. In qualunque momento lo becchi sa cosa rispondere. Lo abbiamo visto a un talk show, comodamente seduto a teatro mentre aspettava che iniziasse un concerto di Edoardo Bennato e rispondeva perfettamente, la battuta simpatica sempre pronta. E’ comunicativo, può dire anche cose tremende ma riesce a farsi piacere. Ogni volta che parla acquista voti, Di Maio ogni volta che lo fa li perde.

Perché Salvini da Giletti ha fatto quella specie di endorsement su Di Maio?
Ha detto che lavora benissimo con Di Maio e Conte, ed è vero.  Fin che la barca va, fa bene a fare quello che non rompe, al massimo li provoca come sui termovalorizzatori. Non sarà mai lui quello che manda in crisi il governo, al massimo gli logora i nervi fino a quando i 5 Stelle non sprofondano da soli.

Quali implicazioni ha la differenza tra Di Maio e Fico?
Su Fico bisogna dire che Di Maio ha ragione: lui faccia il presidente della Camera, la politica la fa lui.

Fico ha preso le distanze dal decreto sicurezza.
Lo ha detto a babbo morto, quando la questione era già chiusa.

Però queste prese di distanza e il prossimo arrivo di Di Battista ci fanno pensare che nel M5s ci siano anime diverse, è così?
Il fatto che una nazione si preoccupi del ritorno di Di Battista significa che è un paese spacciato. Che i giornalisti politici dei maggiori quotidiani si preoccupino di analizzare il ritorno di Di Battista fa ridere.

Tra l’altro ha già detto che è pronto a ripartire per il Sudamerica, non c’è un ruolo per lui al governo?
Non potrà mai essere un contraltare di Di Maio. Sono ottimi amici, tra di loro c’è un patto di ferro: a Di Battista le piazze, a Di Maio la politica. Il lavoro di Di Battista è raccattare voti da ogni parte, è il grillo parlante dei 5 Stelle.

Che ne pensa del retroscena su Conte? E’ lui il prossimo capo del M5s?
Può essere, d’altro canto lo hanno proposto loro, era già nella lista dei ministri preparata a febbraio. Ai 5 Stelle che ci siano degli esterni va benissimo. Conte poi sta superando brillantemente l’esame del perfetto politico, quello che accetta i compromessi.
Paolo Vites

Friday, March 01, 2013

GRILLINI & POLITICA/ Abbiamo fatto il botto: e adesso che facciamo?

Governare o restarne fuori? E il dilemma che attraversa il Movimento 5 stelle dopo la vittoria elettorale. Per MAURO SUTTORA la storia insegna che c'è una via possibile 

intervista a Mauro Suttora di Paolo Vites


www.ilsussidiario.net, 1 marzo 2013


Giornate febbrili, queste che succedono immediatamente al voto che ha cambiato l’Italia. Ci si chiede se il nostro Paese con il successo dei grillini è diventato ingovernabile, mentre Grillo lancia – come sua abitudine peraltro – messaggi controversi, prima dicendo che non voterà la fiducia a nessun governo, poi chiedendo che Pd e Pdl votino la fiducia a un governo Cinque stelle. 

In questo quadro, la base del movimento sembra spaccarsi tra chi chiede di aprire un dibattito con le forze politiche parlamentari e chi dice invece di starne fuori.

 

Per Mauro Suttora, redattore di Oggi ed editorialista  del New York Observer, contattato da ilsussidiario.net, grande conoscitore dell’universo grillino, “si sta aprendo una fase di dibattito che può portare a una spaccatura, proprio come successo ad altri movimenti rivoluzionari quando entrarono nello scenario parlamentare”.

Per Suttora, inoltre, non è vero che un governo di minoranza non possa formarsi e lavorare: “E’ già successo in Italia negli anni settanta, quando un governo di minoranza democristiano governò grazie alla formula della cosiddetta non sfiducia”.


Suttora, che faranno i grillini? Ci sono messaggi contraddittori che arrivano dalla base ma anche dallo stesso Grillo: fare alleanze di governo o starne del tutto fuori.


Il Movimento cinque stelle sta vivendo lo stesso dilemma che hanno sempre avuto i movimenti rivoluzionari quando sono entrati nelle istituzioni. Un secolo fa accadde ai socialisti quando il liberale Giolitti li invitò a entrare nel governo e ci fu una scissione fra riformatori e rivoluzionari. Successe di nuovo nel 1963 quando il Partito socialista entrò a far parte del primo governo di centrosinistra  e ci fu una spaccatura tra quelli che entrarono con Nenni e quelli che rimasero fuori dando vita al Psiup, il Partito socialista di unità proletaria.


Dunque una spaccatura è prevedibile anche questa volta?


E’ un dilemma, un vero dilemma fra l’entrare e sporcarsi le mani e però rischiare di essere omologati e quindi anche fregati un po’ come è successo alla Lega che per vent’anni è stata in qualche modo ingaggiata e usata da Berlusconi ma non ha ottenuto niente di concreto.


E l’alternativa invece quale sarebbe?


L’altra alternativa è rimanere fuori, puliti e immacolati ma di non contare nulla e di non portare a casa alcun risultato. Ripeto: è un dilemma.


Si assiste infatti a un dibattito in Rete con gente che raccoglie firme per una parte e per l’altra.


Sì, ma non darei grande credito a queste iniziative, la Rete per sua stessa definizione, virtuale, non dà affidamento.


Ma la Rete è tutta la forza e la consistenza del Movimento cinque stelle.


In realtà come possono vedere tutti sulla Rete non esiste alcun dibattito. Sul sito di Grillo non esiste dibattito: lui posta ogni giorno qualcosa, la gente lascia centinaia di commenti, ma lui non risponde mai a nessuno.  Cè un altro aspetto invece ben più interessante.


Quale?


Seguo personalmente alcuni forum di grillini, e lì sì che si può assistere a un grosso dibattito della base. Un dibattito che non vuol dire polemiche o scontri,  ma si esaminano i pro e contro della situazione. Alcuni dicono che dopo il grande risultato elettorale lo scenario è cambiato, prima ci si poteva adagiare in una facile posizione di protesta e opposizione, ma adesso il 25% ottenuto alle elezioni cambia le carte perché Grillo risulta determinante e quindi diventa tutto più difficile. 


Secondo lei Grillo ha in mente dei nomi di possibili ministri per il governo a cui ambisce?


No, assolutamente. Grillo vive alla giornata come sempre. E’ geniale, alcune volte la imbrocca altre no. Adesso vediamo come si strutturano i gruppi parlamentari, teniamo presente che per la prima volta al mondo c’è un partito che debutta al 25% senza che neppure i candidati si conoscano fra di loro.


Il comportamento di Bersani come lo giudica, fino ad adesso?


Bersani sta facendo benissimo a fare quello che fa, sentirsi cioè quello investito della responsabilità anche se con uno vantaggio minimo. Però quantomeno come primo incarico da Napolitano lui deve tentare di fare un governo. Ha fatto benissimo a rivolgersi prima a Grillo piuttosto che rispondere alla proposta di governissimo che ha fatto qualcuno del Pdl. Da un punto di vista dei contenuti poi sicuramente il Pd è più vicino ai grillini che a Berlusconi. 


Ma secondo lei si può immaginare un governo che viva alla giornata, con i parlamentari che votano le singole leggi di volta in volta?


Sì, se lo vogliono entrambi Grillo e Bersani è possibilissimo.  Dal 1976 al 1979 per tre anni l’Italia è stata governata da un governo di minoranza democristiana che però con la formula della non sfiducia stava in piedi. Era una di quelle formule intelligentissime anche se fuori di ogni logica politica inventate da Aldo Moro.  Una formula per cui tutti e due i partiti che naturalmente non potevano giustificare davanti ai propri elettori una alleanza di governo, governarono insieme. Tutte le riforme importanti che vennero fatte in quegli anni furono fatte da Pci e da Dc insieme.


Lei ha frequentato profondamente i grillini, partecipando ai loro incontri. Come pensa stiano vivendo questi momenti dal loro punto di vista straordinari?


Partecipare ai loro incontri è interessantissimo dal punto di vista politico ma anche antropologico perché veramente vedi gente che non si era mai interessata di politica in vita sua e adesso lo fa. Le racconto questo episodio che è indicativo. La sera degli scrutini quando si delineava la vittoria, ho chiamato una mia amica conosciuta al tempo del primo Vaffa Day. Una semplice impiegata che adesso si ritrova senatrice. Il suo commento è stato: abbiamo fatto il botto!: E il secondo: E adesso che facciamo?