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Saturday, September 03, 2022

Pochette rossa la trionferà. La quarta formidabile trasformazione di Conte Zelig

Presi dall'ascesa della Meloni, c'eravamo dimenticati del populismo di sinistra. Poi arriva il leader M5s nell'ultima indimenticabile interpretazione: il Masaniello pacifista

di Mauro Suttora

HuffPost.it, 3 settembre 2022    

Si chiamerà Coltano il luogo della riscossa grillina? Il 14 settembre in questo paesino vicino a Pisa si terrà una manifestazione nazionale contro la costruzione di un centro addestramento dei carabinieri. Il mondo pacifista si è mobilitato contro il progetto, finanziato a marzo dal Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) e previsto inizialmente dentro il parco di San Rossore. Ma neanche ora che è stato spostato e riqualificherà stalle abbandonate ridotte a ruderi, senza consumo di suolo, gli antimilitaristi lo accettano. In prima fila a protestare ci saranno Giuseppe Conte e tutto lo stato maggiore del Movimento 5 stelle, che ha riscoperto il fascino del populismo. 

Pochi giorni fa Paolo Mieli sul Corsera si stupiva di come nessun partito sembri più innalzare le bandiere del no alla guerra in Ucraina, che solo cinque mesi fa infiammò il nostro dibattito pubblico. Detto fatto: ecco Conte riempire il vuoto, e proporsi come il Melenchon italiano. Perché mentre tutto il mondo osserva stupito l'affermarsi in Italia del populismo di destra, lanciato verso il governo, c'eravamo quasi dimenticati che il populismo può stare anche a sinistra. E che non rimarrà confinato ai verdi estremisti di Fratoianni e Bonelli, al comunista Rizzo o a Italexit di Paragone.

Chi meglio di Conte per interpretare questo nuovo ruolo? La parte che si accinge a recitare è infatti la quarta in quattro anni. Tutte diverse, ma coperte con efficace versatilità dal facondo politico pugliese. Prima l'alleanza gialloverde di destra con la Lega; poi il suo opposto, a sinistra col Pd; quindi la fase moderata della 'responsabilità' sotto Draghi; infine l'agitazione contro le spese militari e la difesa del reddito di cittadinanza. L'ennesima svolta sembra pagare, nei sondaggi. Non più sotto il 10%, i grillini si sono issati a tallonare il 13% leghista. E a chi lo accusa di trasformismo l'Avvocato del popolo (il popolo, appunto) replica soave: "Siamo coerenti con il nostro no all'aumento del bilancio bellico chiesto dalla Nato". 

Già in primavera questa mossa solitaria del M5s gli permise di ammiccare alla maggioranza assoluta degli italiani, contrari all'aumento. Ma allora eravamo nel pieno dell'aggressione di Putin all'Ucraina, e di fronte alle fosse comuni di Bucha la necessità dell'aiuto militare a Kiev s'imponeva. Ora invece, con lo stallo dopo mezzo anno di guerra e soprattutto col terrore per il gas e l'inflazione, è facile fare demagogia: ma come, volete spendere per la guerra invece di aiutare i cittadini? Volete aprire una nuova base militare a Coltano, proprio di fronte a quella Usa di Camp Darby?

Come tutti i populisti, Conte non entra nel merito: ai carabinieri servono veramente 70 ettari per addestrare i propri reparti speciali e cinofili? Può darsi di sì, oppure che bastino meno ettari. Bisogna intaccare la pineta di San Rossore? Certo che no, e infatti il progetto è stato sposato. Non si possono utilizzare le tante caserme vuote? Certo che sì. Ma il 14 settembre lo slogan dei pacifisti sarà: "Nessuna nuova base in nessun posto". 

Così ha insegnato Peron: slogan semplici e chiari. Egualmente per il reddito di cittadinanza: non ha "abolito la povertà", non fa funzionare meglio i Centri lavoro, premia i pigri. Ma come manna dal cielo funziona egregiamente. E la carità statale al popolo non costa niente ai politici. Anzi, Evita è diventata un'eroina del popolo. Di destra, di sinistra? Che importa. L'Argentina, fino ad allora uno dei Paesi più ricchi del mondo, dopo il peronismo ebbe il bilancio sfasciato per sempre. Perché quando i populisti sventolano il motto "nessuno deve rimanere indietro", troppo spesso è capitato che tutti lo siano rimasti. O quasi tutti: certo non quelli ai quali è  bastato cambiare immatricolazione al proprio jet privato, per continuare a volare felici.

Friday, August 12, 2022

Che bisogno c'è di Fratoianni, quando abbiamo i frati comunisti di Padova?

Sul loro Messaggero di Sant'Antonio questo mese l'economista Luigino Bruni si scaglia contro il "mercato capitalistico", liquidato come "imbroglio e grande bluff" con la stessa apoditticità di un Rizzo del partito comunista

di Mauro Suttora

HuffPost, 12 Agosto 2022 

Che bisogno c'è di Fratoianni, quando abbiamo i frati di Padova? Sul loro Messaggero di Sant'Antonio questo mese l'economista Luigino Bruni si scaglia contro il "mercato capitalistico", liquidato come "imbroglio e grande bluff" con la stessa apoditticità di un Rizzo del partito comunista.

"Per quarant'anni ci siamo ubriacati di privatizzazioni, abbiamo smantellato beni pubblici e beni comuni e li abbiamo affidati al mercato, convinti che il movente del profitto privato fosse l'unico per far impegnare lavoratori e imprenditori", tuona Bruni. Che elenca: "Ferrovie, energia, acqua, autostrade, e sempre più sanità, scuole e università sono gestite da capitalisti privati, e i profitti finiscono in pochissime mani già molto ricche". 

Per la verità la stagione delle privatizzazioni si è in gran parte conclusa un quarto di secolo fa, quando il cattolico Prodi dovette far cassa per entrare nell'euro. Aveva venduto anche aziende statali che non producevano certo 'beni pubblici': dai pomodori pelati ai panettoni, fino ai vetri per le auto della fabbrica Siv (oggi Pilkington) a San Salvo (Chieti).

Sui carrozzoni di stato e l'inefficienza clientelare del pubblico, che in Italia si traduce in politico/partitico, sono state scritte biblioteche. Ma Bruni obietta: "Ci hanno convinti che il privato è il paradiso della nuova economia, il pubblico è l'inferno, e il non-profit il purgatorio. Non capisco come questa idea malsana e sbagliata si sia potuta affermare. Conosco le ideologie e i demagoghi, ma qualcuno mi dimostri perché i beni comuni sono gestiti meglio da privati che dal pubblico". 

La saggezza popolare risponde a Bruni che "l'occhio del padrone ingrassa il vitello", e la nostra esperienza quotidiana ne è purtroppo piena di esempi concreti. Anche oggi ho telefonato all'Istituto Besta di Milano, eccellenza pubblica della neurologia, per fissare la visita annuale di controllo della mia neuropatia degenerativa, prescrittami un anno fa dal loro medico che mi cura. Mi hanno risposto per la decima volta che le visite sono esaurite fino a fine anno, e che non sanno quando si apriranno le prenotazioni per il 2023 ("Richiami ogni settimana"). 

Ma poiché conosciamo anche le speculazioni di certi privati sui beni in concessione o convenzione, dalle autostrade alla sanità, non ci metteremo certo a tessere lodi a prescindere del privato. Ricordiamo solo all'ottimo Bruni che 'in medio stat virtus': fra il neoliberismo selvaggio e il suo benecomunismo c'è uno spazio enorme per sistemi misti come i nostri europei, che contemperano l'interesse pubblico con l'efficienza privata.

Bruni ricorda che proprio l'Italia ha inventato, con i Romani e poi nel medioevo con i liberi Comuni, la gestione ("comune", appunto) delle risorse collettive: "Abbiamo fatto autentici miracoli economici, civili e artistici perché le città erano forme di cooperative, consorzi di cittadini che gestivano insieme molte attività politiche e anche molte imprese". 

Obiettiamo che il massimo splendore economico e artistico di Firenze e Milano fu raggiunto sotto banchieri privati (i Medici) o signorie (Visconti, Sforza); Venezia e Genova erano splendide repubbliche per nulla democratiche, bensì oligarchiche in mano all'aristocrazia borghese del denaro; quanto a Roma, il mecenatismo papale era anch'esso agli antipodi del 'benecomunismo'. Che funzionava al massimo per gestire il legname di qualche bosco e i pascoli di pecore e mucche. 

Poteva mancare, infine, un po' di antiamericanismo dal sorprendente giornale dei frati minori conventuali? 

"Il capitalismo delle privatizzazioni è prodotto d'importazione, da Paesi come gli Usa e l'Olanda", accusa Bruni. "I figli delle business school, con poca cultura umanistica e molto inglese, hanno deciso che il privato è la Terra promessa". Non si salva nessuno: "Hanno convinto praticamente tutti, anche i politici della sinistra, che era nata da una critica al capitalismo e al profitto, e persino le Chiese". 

Povero Bruni. Siamo circondati, anche se l'Italia non ha avuto alcun Reagan o Thatcher, colossi statali come Eni o Leonardo macinano miliardi di utili, e spesa pubblica, tasse, deficit e debito galoppano. Ma la colpa è sempre e solo dei capitalisti privati, come ci ha insegnato Marx. E pazienza se il Muro di Berlino è crollato 33 anni fa, seppellendo le illusioni socialiste. 

Tre anni fa i conti non tornavano neanche per il Messaggero di Sant'Antonio, i fraticelli padovani volevano licenziare otto giornalisti. Poi la crisi è rientrata. La Divina provvidenza proteggerà anche l'economia italiana? Non resta che affidarci a lei. Con l'intercessione del Santo di Padova.