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Wednesday, September 12, 2007

Alitalia lascia Malpensa

Non si uccide cosi' un aeroporto?

Roma, 12 settembre

Quel che la Lega Nord non era riuscita a fare in vent’anni, lo sta combinando ora l’Alitalia: mettere l’uno contro l’altro gli aeroporti di Malpensa e Fiumicino, Milano e Roma, Sud e Nord. Di fronte alla voragine delle proprie perdite (più di due milioni di euro al giorno), la nostra compagnia di bandiera ha infatti annunciato che taglierà parecchi voli dallo scalo lombardo, ripristinando Fiumicino come propria base. Si sono scatenate subito le proteste del governatore della Lombardia Roberto Formigoni e della sindachessa di Milano Letizia Moratti. Il presidente di Malpensa vuole addirittura far causa per danni all’Alitalia.

Cosa sta succedendo, in realtà? Per vederci chiaro, abbiamo posto dieci domande a due esperti indipendenti di trasporto aereo: il consulente Nick Brough, amministratore delegato della società Interazione, e Dario Balotta, segretario lombardo della Cisl trasporti.

1) Cominciamo dall’inizio: perché Alitalia è in crisi?
«Ingerenze politiche», risponde Brough. «L’azionista pubblico ha imposto all’Alitalia troppi obiettivi in conflitto fra loro. L’unica soluzione era operare in perdita e ricevere sovvenzioni statali. Ma ora il mercato libero europeo, per impedire la concorrenza sleale, vieta le sovvenzioni».

Spiega Balotta: «Alitalia non ha più nulla: per ripianare i buchi ha venduto gli aerei prendendoli in leasing. Ma ormai la flotta è vecchia, un centinaio di Md80 vanno cambiati. Neanche la sede romana della Magliana è più sua. L’unica vera ricchezza che le rimane sono i diritti di traffico. Ma ora rinuncia pure a quelli, per esempio sulle rotte per l’Estremo oriente. Le garanzie monopoliste non ci sono più, però i politici non hanno rinunciato a controllarla. Per esempio, ogni ministro degli Esteri ha deciso quali aerei comprare: Boeing, McDonnell, Airbus, Fokker, Atr. Così c’è una flotta arlecchino con costi moltiplicati: i piloti devono saperli guidare tutti, oppure non c’è flessibilità. Idem per la manutenzione. Ryanair, invece, ha solo Boeing 737, con pezzi di ricambio che vanno bene per tutti».

2) Perché le altre compagnie aeree invece vanno bene?
Brough: «Quelle statali e inefficienti si sono trasformate negli ultimi 10-20 anni. Oppure sono fallite, come la belga Sabena e la Swissair. Solo in Italia abbiamo rinviato scelte difficili». Aggiunge Balotta: «Tutte le compagnie privatizzate hanno rinunciato ai privilegi clientelari di partiti e sindacati. Alitalia invece ha il rapporto dipendenti/passeggeri più alto d’Europa, ed è l’unica in crisi oltre alla greca Olympic».

3) L'asta per vendere Alitalia è andata deserta. Perché nessuno la vuole?
Balotta: «Perché il bando prevedeva vincoli impossibili: se si vende una casa non si può imporre all’acquirente di tenersi i mobili vecchi per cinque anni, oppure vietargli di revisionare l’ascensore».
Brough: «Il nuovo proprietario non avrebbe dovuto tagliare né rotte in perdite né personale. Una parte del governo sperava che comprasse Air One, ricreando così il monopolio sulla ricchissima rotta Roma-Milano e quindi aumentando i prezzi e ricavando utili grazie alla sospensione della concorrenza. Ma non si facevano i conti con l’antitrust».

4) C'è qualche acquirente preferibile ad altri?
Brough: «Deve avere la spalle robuste e credere nel progetto, senza comprare per smantellare. Deve voler sviluppare un network intercontinentale in ragione del potenziale di un mercato grande quanto Italia».
Balotta: «Siamo già nell’alleanza Skyteam con Air France, Klm, Korean, le americane Continental e Delta. Perché cambiare?»

5) Tutti gli stati hanno una compagnia di bandiera. Ci perderebbe l'Italia a non averla?
Qui i nostri esperti non concordano. Secondo Balotta, infatti, «così come la British ha comprato l’Iberia con l’11 per cento e la Swiss è in mano a Lufthansa», anche l’Italia può rinunciare a un vettore statale: «Meglio che i soldi pubblici finanzino pensioni, sanità e scuola».
Brough invece sostiene che «non esiste un paese sviluppato con 60 milioni di abitanti senza una compagnia di proprietà locale o che è di base nel paese. Se non ci fosse una compagnia Italiana avremmo comunque tanti voli e prezzi buoni, ma l’economia perderebbe: non ci sarebbe più una sede direzionale, forse non ci sarebbero più grandi centri di manutenzione e di formazione. La “cultura aeronautica” nazionale sarebbe indebolita. C’è anche il rischio che in momenti di grave difficoltà nazionale, a causa di terrorismo o epidemie, le compagnie straniere abbandonino il Paese. È importante quindi risanare Alitalia».

6) È possibile risanare l'Alitalia mantenendola pubblica?
Brough: «Il risanamento è possibile, e Alitalia ha manager all’altezza: basta lasciarli liberi. Ma finché comanda il governo sarà improbabile riuscirci. Impariamo dalle privatizzazioni precedenti: l’acquirente deve avere mano libera. Con due condizioni: garantire un’adeguata ricapitalizzazione e avere una strategia di sviluppo della compagnia, ovvero non pensare solo a ridurre Alitalia a una piccola compagnia regionale che alimenta una base all’estero, con voli dall’Italia verso quella base e basta».
Più pessimista Balotta: «Sul nuovo piano presentato da Alitalia c’è scritto “2008-2010”. Questo significa che i boiardi di stato vogliono rimanere alla cloche per altri tre anni».

7) Conviene concentrare i voli Alitalia su Roma?
Balotta: «No. Alitalia ha il 56% dei suoi voli su Milano, ma ha mantenuto il 90% dei suoi dipendenti a Roma. Quello del Nord Italia è un mercato ricco e in crescita, e Malpensa è un aeroporto nuovo con spazi di crescita. Fiumicino invece ha pochi passeggeri d’affari e non è in grado di accogliere altro traffico: come si è visto quest’estate, lo smistamento bagagli è inadeguato».
Brough: «Alitalia paga le conseguenze di uno sviluppo aeroportuale irrazionale. Non si costruiscono grandi aeroporti senza prima aprire linee ferroviarie veloci e ottimi collegamenti autostradali. Questa regola basilare è stata dimenticata a Malpensa, troppo lontana da Milano. L’aeroporto di Monaco di Baviera ha ben due linee di metropolitana per la città. Così si è potuto chiudere il vecchio scalo senza creare problemi per nessuno. A Milano invece si diceva che il treno Malpensa-Milano (stazione Cadorna, poi, neanche la Centrale) sarebbe stato raddoppiato entro cinque anni. Ne sono passati quasi dieci e non si è visto nulla. Ora si vorrebbe costringere le compagnie a trasferire i voli da Linate a Malpensa, ma senza collegamenti veloci si penalizzerebbe la stragrande maggioranza dei passeggeri che volano a Milano, i quali fanno voli di una-due ore, e che quindi vedrebbero raddoppiare la durata dei loro viaggi».

8) Come farà Malpensa senza l'Alitalia?
Brough: «Anche il Canada fece lo stesso nostro errore: costruire un grande aeroporto lontano da Montreal. Ma passeggeri e vettori preferivano il vecchio scalo. Dopo molti decenni di sforzi il governo ha lasciato il nuovo aeroporto al suo destino. Per evitare lo stesso futuro è essenziale collegare bene Malpensa con la città. Gli errori hanno un costo, a Malpensa lo dovrà affrontare. Nel frattempo, continueranno i voli intercontinentali di altre compagnie, per i quali la pista di Linate è troppo corta. Ci sono molte compagnie straniere, soprattutto in Asia, che vorrebbero volare a Milano, ma il governo non le autorizza. Bisogna chiarire gli obiettivi».
Balotta: «Il vero problema di Malpensa non è Fiumicino, ma i troppi aeroporti: Linate, Orio-Bergamo, Torino, Verona, Parma. Meglio meno aeroporti, ma ben gestiti».

9) Un paese come l'Italia può permettersi due «hub» internazionali con voli intercontinentali?
Balotta: «La tedesca Lufthansa ne ha tre: Francoforte, Monaco, e ora Zurigo con la Swiss. Non c’è conflitto, basta chiarire specializzazioni e gerarchie».
Brough: «Milano, come Roma, costituisce un grande bacino di traffico, sufficiente per sostenere una rete di servizi verso le maggiori destinazioni nel mondo. A condizione però che la compagnia aerea nazionale sia molto efficiente, con aerei delle giuste dimensioni e caratteristiche. E oggi Alitalia non ne ha abbastanza per il lungo raggio».

10) La crisi Alitalia può rifllettersi sulla sicurezza dei voli?
Risposta decisa e unanime: «Assolutamente no. Gli standard vengono sempre rispettati, e il ministero vigila».

Mauro Suttora

dati:

FIUMICINO
30 milioni di passeggeri nel 2006
8 milioni da/per l’estero
4 piste
32 km da Roma
un treno ogni 30 minuti, ci mette 30 minuti

MALPENSA
22 milioni di passeggeri nel 2006
18 milioni da/per l’estero
2 piste
48 km da Milano
un treno ogni 30 minuti, ci mette 40 minuti

ALITALIA
deficit 2006: 380 milioni
deficit tendenziale 2007: 700 milioni
18 mila dipendenti a Roma
1.800 dipendenti a Milano

Saturday, July 26, 1986

Liberalizzare i voli

Libera concorrenza: comincia il grande duello sulle tariffe aeree

CIELI DI GUERRA

Milano-Roma: 350 km, 150 mila lire. New York-Los Angeles: 4mila km, 150mila lire. Chi non fa i conti giusti? Le compagnie europee. A sostenerlo, sorpresa, è proprio la Cee

di Mauro Suttora

Europeo, 26 luglio 1986

Avete 150 mila lire? In Italia riuscirete a malapena a comprarvi un biglietto Roma-Milano e a volare per 350 chilometri. Con gli stessi soldi, invece, negli Stati Uniti si va in aereo da New York a Los Angeles, e sono 4mila chilometri. Perché?
Semplice: negli Stati Uniti fra le compagnie aeree c'è libera concorrenza (e liberi prezzi), mentre in Italia e in Europa impera il monopolio delle compagnie di bandiera. Così l'Alitalia non teme che qualcuno offra prezzi piu' convenienti dei suoi, perché è l'unica abilitata a volare fra Milano e Roma.

Il ministro dell'Industria Renato Altissimo proclama che l'Italia deve aprire i cieli, che bisogna dar spazio ai privati e liberalizzare le tariffe , e che per costruire l'Europa sara' utile abbandonare gli egoismi nazionali. Il ministro dei Trasporti Claudio Signorile gli risponde picche, e da piu' di un mese non convoca la commissione che dovrebbe ridurre le tariffe Alitalia dopo il calo del petrolio e del dollaro .

Sembra che non ci sia niente da fare : nella nostra Italia tanto intrisa di mentalita' statalista e assistenzialista si fa finta di dimenticare che i trattati della Cee , da noi liberamente sottoscritti trent' anni fa , impongono il libero mercato nei trasporti aerei . E infatti il governo italiano , a parole tanto europeista , nei fatti a Bruxelles sulla diatriba del trasporto aereo difende posizioni conservatrici . Anzi , le piu ' retrive : assieme a Grecia , Francia e Spagna si batte contro la liberalizzazione dei cieli , favorendo il cartello delle compagnie aeree nazionali riunite nella Iata , che vogliono conservare intatto il loro oligopolio . Non tutte , per la verita' : l' inglese British Airways e l' olandese Klm vedrebbero con favore la " deregulation " , anche se diplomaticamente Krikor Geulemerian , general manager della Klm in Italia , si limita a dichiarare all'Europeo che la sua compagnia " appoggia una politica di maggiore liberta' nel traffico intereuropeo , che porti a una riduzione delle tariffe , alla libera scelta dei collegamenti , e alla liberta' di aprire nuove linee " .

Si' , perche' adesso le tariffe sono alte e uguali per tutti , e ogni collegamento dev' essere reciproco : ad esempio , per ogni volo Alitalia Roma Parigi ce ne dev' essere uno dell' Air France . Dopodiche' , qualunque cosa accada , le compagnie si spartiscono il bottino a meta' : se per ipotesi gli aerei Air France viaggiassero sempre vuoti e quelli Alitalia sempre pieni , gli italiani sarebbero costretti a versare comunque la meta' dei loro incassi ai francesi . E viceversa .

Per spezzare questo sistema , che ha fatto salire i prezzi fino all' inverosimile (chi vuole andare a Londra da Roma il lunedi' e ritornare in settimana , per esempio , e' costretto a spendere la tariffa intera : 1 milione e 260 mila lire) , e' sceso adesso in campo un combattivo quarantenne irlandese , Peter Sutherland , commissario della Cee . Dopo la sentenza della Corte europea di giustizia che due mesi fa ha condannato gli accordi fra le compagnie , Sutherland e' ricorso alle manieri forti e il 10 luglio ha lanciato un ultimatum : le dieci maggiori compagnie della Cee hanno due mesi di tempo per cessare le loro pratiche oligopolistiche .

Si arrivera' quindi alla liberalizzazione? " Non ci illudiamo che avvenga in tempi brevi " , rispondono all' Assoutenti , sezione italiana della Faturec (Federation of Air Transport Users Representatives in the European Community) , l' organizzazione dei " consumatori " di trasporto aereo . " Comunque , dopo il fiasco del vertice fra i ministri dei Trasporti del 19 giugno che non avevano neanche voluto discutere il problema , la dichiarazione congiunta di Sutherland e del commissario Cee ai Trasporti , Clinton Davies , che di solito e' molto piu' prudente e' di grande rilevanza " . Cos' hanno detto dunque di cosi' importante i due membri della Commissione europea ? " Siamo determinati a garantire ai cittadini della Cee l' accesso a una vasta gamma di servizi aerei a costi ragionevoli " .

Ma non saranno solo i comuni viaggiatori a beneficiare di una liberalizzazione: "Le nostre industrie devono poter trarre vantaggio dall' esistenza di un mercato interno comunitario . Non si puo' tollerare che le pratiche restrittive e i sovraccosti che esse provocano per il trasporto aereo ostacolino gli scambi nella Comunita' . Una maggiore trasparenza dei prezzi e dei costi in questo campo stimolera' lo sviluppo del turismo e delle industrie aeronautiche " .

Insomma , e' guerra aperta . Dalla parte dei liberisti ci sono la Commissione europea , i tour operator come la francese Nouvelles Frontieres , le industrie , i viaggiatori , alcuni governi (Gran Bretagna , Olanda) con le rispettive compagnie . Dalla parte dei protezionisti , gli Stati mediterranei con le loro compagnie , che temono i contraccolpi di un' eventuale liberalizzazione . In mezzo , abbastanza neutrali , la compagnia tedesca Lufthansa , quella scandinava Sas , quella belga Sabena . E evidente che se il cartello andasse per aria vincerebbero i piu' efficienti che riescono a offrire il miglior servizio al prezzo piu ' basso , come succede in ogni attivita' economica .

Ma e' pensabile per l' Europa occidentale una deregulation simile a quella americana ? "Certamente no" , sostengono all' Alitalia , " perche' le condizioni sono diverse . Noi siamo divisi in una miriade di Stati , ognuno con sue leggi e regolamenti particolari . E poi , chi ci garantisce che il protezionismo cancellato da un lato non risorga dall' altro , mascherato da restrizioni sull' uso di certi aeroporti o da contributi per sanare i bilanci delle compagnie di bandiera in deficit ? " .

In effetti , e' difficile pensare a un ipotetico (quanto improbabile) fallimento dell' Air France senza che l' orgoglioso governo francese non intervenga per salvarla . E pero' possibile che piccoli paesi come il Belgio , l' Austria o Malta debbano rinunciare al prestigio di avere una loro compagnia nazionale . Dopotutto , Danimarca , Svezia e Norvegia non hanno avuto difficolta' a consorziarsi nella Sas .

E l' Alitalia ? La resistenza della compagnia , guidata da Umberto Nordio ad accettare il libero mercato nasce dal timore di non farcela , o di perdere quote di mercato ? In verita' , nel 1985 ha raddoppiato gli utili e ha presentato il migliore bilancio della sua storia , e quindi non si comprende tanta riluttanza .

"Certo, forse all'inizio ne soffrirebbe", stima Nick Brough dell'Assoutenti, "perché ha una grossa struttura burocratica che non le permette di prendere decisioni con rapidita' . Ma la sua situazione finanziaria non e' negativa , e tecnicamente la sua flotta e' ottima . Anzi , forse e' la piu' moderna d' Europa " .

Arriverebbero tempi duri per i 26 mila dipendenti della compagnia . Tra i dirigenti dell' Alitalia c' e' chi ritiene che si potrebbe fare a meno di diverse migliaia di persone , anche se il gonfiamento degli organici e' stato bloccato gia' da qualche anno . " Ma dopo lo choc iniziale la compagnia italiana reagirebbe velocemente " , dice Brough , " soprattutto se le pressioni politiche non la costringessero a operare linee in perdita " .

Infatti , oltre a quelli per la Sardegna ( " Sono in rosso ma proiettati verso il futuro", dicono all'Alitalia , che e' costretta a praticare prezzi scontati) diversi altri voli si giustificano solo in termini di servizio pubblico : e' il caso , per esempio , del Roma-Bergamo , che secondo gli ultimi dati disponibili del ministero dei Trasporti vede riempiti in media solo 42 dei 125 posti disponibili ; del Palermo Napoli (31 posti) ; del Roma Trapani (43) ; del Milano Brindisi (49) ; del Palermo Pisa (51) .

Ecco , in questi casi , in barba alle proteste di deputati e notabili locali , se la dura legge della concorrenza invocata dalla Cee prevalesse , i collegamenti diretti sarebbero soppressi . O forse la salvezza verra' dall' Atr 42 , un aereo che ha 48 posti . In ogni caso , i viaggiatori di tratte frequentatissime , vere e proprie galline dalle uova d' oro come la Milano Roma (il cui prezzo " giusto " e' sotto le 100 mila lire) , non dovrebbero piu' finanziare con i loro soldi anche le linee in perdita.
Mauro Suttora

lettera al direttore:

LIBERI MA SELVAGGI 
Che sull' Europa aleggino, come ci spiega Mauro Suttora sull'Europeo n. 30, Cieli di guerra, non c'è dubbio. C'è da chiedersi pero' se questa ventata liberalizzatrice che trova il suo piu' strenuo sostenitore in Peter Sutherland, commissario della Cee per la concorrenza , muova da reali presupposti di difesa degli interessi dei consumatori , o viceversa se non risponda a logiche meno confessate e piu' di parte . Varrebbe la pena chiedersi perche ' al polo italo franco tedesco che invoca un maggiore controllo sulle compagnie aeree si sia contrapposto un fronte di " liberalizzazione selvaggia " costituito dall' Inghilterra e dall' Olanda , guarda caso gli Stati che hanno le piu' grandi compagnie aeree europee , che potremmo definire di tipo " imperiale ", sicuramente sopra dimensionate e alla disperata ricerca di nuove opportunita' di mercato. 

In realtà certe battaglie liberiste sembrano condotte piu' con l' occhio al campanile che all' interesse del consumatore . Chi si fa assertore delle tesi piu' oltranziste dovrebbe infatti meditare sui pericoli che deriverebbero al sistema dei trasporti aerei europeo dall' instaurarsi di un oligopolio formato da tre o al massimo quattro grandi compagnie che si spartirebbero il mercato secondo i propri interessi commerciali e politici a discapito delle altre che finirebbero inesorabilmente schiacciate . 

Quale futuro verrebbe riservato a questo punto a quelle compagnie che hanno raggiunto un certo grado di efficienza gestionale e tecnica nonostante la crisi del mercato mondiale ? Come impedire una corsa selvaggia allo sfruttamento delle rotte piu' commerciali e un abbandono di quelle meno remunerative ? Quale compagnia sarebbe disposta , ad esempio , a operare su rotte tradizionalmente in perdita nei collegamenti interni della nostra penisola che assumono viceversa un significato sociale e di promozione economica ? Altro che mentalita' statalista e assistenzialista . E semmai vero il contrario : per anni abbiamo lamentato che le nostre aziende pubbliche vivessero ripianando i propri deficit a spese del contribuente . Oggi da noi la situazione , almeno per quanto riguarda il trasporto aereo, è totalmente capovolta. 
Giuliano De Risi, capufficio stampa ministero dei Trasporti