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Saturday, September 11, 2021

Prima statua per una donna a Milano: Cristina Belgioioso

E nel 150esimo della morte Pier Luigi Vercesi pubblica ’La donna che decise il suo destino. Vita controcorrente di Cristina di Belgioioso (ed. Neri Pozza)

di Mauro Suttora

HuffPost, 12 settembre 2021 



“Ma se facciamo studiare i figli dei contadini, poi chi coltiverà le nostre terre?”. Non sono le parole di un signorotto medievale: a esprimersi così è Alessandro Manzoni, liberale immaginario. Ce l’aveva con Cristina Belgioioso, la principessa che nel 1840 aprì la prima scuola per i bambini dei suoi possedimenti a Locate Triulzi (Milano), scuotendo le certezze dei nobili lombardi, illuminati ma non troppo. 

Mercoledì 15 settembre la Belgioioso verrà onorata da Milano con l’inaugurazione della prima statua dedicata a una donna, davanti al palazzo che porta il suo nome (e accanto a casa Manzoni).

Incredibilmente, su 121 statue nelle sue vie e parchi, Milano finora aveva un solo monumento dedicato nel 2019 a un personaggio femminile: la scultrice Rachele Bianchi in via Vittor Pisani. Ma è la statua di una figura femminile indeterminata, opera della stessa Bianchi. E su 4.200 strade, soltanto 135 portano il nome di una  donna. La stessa Belgioioso non ha una via in centro, ma in estrema periferia e in condominio col comune di Baranzate di Bollate, accanto al carcere. 

Né sono trattate meglio le altre due patriote più famose d’Italia: Costanza Arconati (il cui salotto parigino rivaleggiò con quello della Belgioioso) e Luisa Sanfelice hanno solo due viuzze a Porta Vittoria. Dove, per rimediare al maschilismo del ricordo, l’anno prossimo verrà installata una statua di Margherita Hack, nel centenario della nascita. 

A ricordare la bella e ricca principessa Belgioioso, coraggiosa protofemminista, ci ha pensato la Fondazione Brivio Sforza con le Dimore del Quartetto. E nel 150esimo della morte Pier Luigi Vercesi pubblica ’La donna che decise il suo destino. Vita controcorrente di Cristina di Belgioioso (ed. Neri Pozza). “Fu intelligente, determinata, seducente, sfidò le convenzioni e combatté per le proprie convinzioni”: così la descrive Vercesi. Nata nel 1808 in una delle famiglie più antiche e facoltose dell’aristocrazia lombarda, i Trivulzio, orfana del padre, a sedici anni sposò contro il volere della famiglia il nobile più ammirato di Milano: Emilio Barbiano di Belgioioso Este. Un playboy. Cristina non riuscì a redimerlo, e a soli vent’anni si separò. 

Divenne una carbonara, lottò per l’indipendenza dell’Italia dall’Austria, finanziò rivolte, fuggì all’estero, gli austriaci le bloccarono il patrimonio. Cosicché finì a Parigi in povertà: per mantenersi fece la cucitrice, poi traduzioni e ritratti, viveva in una mansarda. “Fu adottata dal marchese di Lafayette, l’eroe delle due rivoluzioni, quella americana e quella francese, che a settant’anni si innamorò platonicamente di lei”, racconta Vercesi. 

Si risollevò, parte dei suoi soldi furono dissequestrati dall’Austria. Per una decina d’anni, fino al 1840, nel suo salotto si radunarono l’intellighenzia francese e gli esuli di tutt’Europa. Fece innamorare Heine, De Musset, Liszt e Balzac. Lei si muoveva a suo agio in quegli ambienti, tenendo a bada i pretendenti e soprattutto dicendo la sua in politica. Non si limitava a finanziare giornali e moti, li indirizzava.

Perorò la causa italiana presso il futuro Napoleone III assai prima della Castiglione, e senza finirci a letto. Assorbì le idee dei socialisti Fourier e Saint-Simon, poi soppiantati da Marx, scrisse libri sul dogma cattolico e Giambattista Vico. Carlo Cattaneo la definì “prima donna d’Italia”. Tornò in Italia, trasformò il suo castello di Locate in una tenuta modello, con mense e medici per i contadini. 

Partecipò alle Cinque Giornate di Milano, e poi alla Repubblica Romana del 1849 dove, ben prima della Nightingale, organizzò un ospedale per i feriti, arruolando come infermiere nobildonne e prostitute. Negli anni ’50 un altro avventuroso esilio, questa volta in Turchia, dove fondò un’azienda agricola e diede lavoro a esuli italiani. Giornalista, scrisse reportages spingendosi a cavallo fino a Gerusalemme. Tornò infine nell’Italia unita durante l’ultimo decennio della sua vita. Ma al suo funerale, nel 1871, non partecipò alcun politico.

Mauro Suttora

 

Sunday, February 24, 2019

Cause del sottosviluppo al Sud

Il filosofo Masullo intervistato su Radio radicale il 24 febbraio 2019 dal bravo Massimiliano Coccia dice che il sud è rimasto sottosviluppato per 2 cause geografiche: è lontano dall'Europa ed è montagnoso.
Quindi i suoi prodotti avrebbero un prezzo troppo alto per essere esportati oltr'Alpe.

Masullo però sottovaluta il basso costo dei trasporti, che quindi poco incide sul prezzo finale dei prodotti.
Questo valeva in passato per l'import dall'Asia attraverso Venezia o Genova, per le auto dal Giappone, e oggi per quello dalla Cina.
Né l'ortofrutta meridionale soffre la distanza.

Quanto all'industrializzazione mancata del sud per cause orografiche, consiglio a Masullo un giro nelle valli bergamasche, friulane e marchigiane, o in Val Sesia e a Valdagno.

Più interessante invece la notazione sulla borghesia meridionale incipiente decapitata dai Borboni nel 1799 (Luisa Sanfelice).
Anche oggi mi sembra che il vero dramma del Sud siano le sue élites.
Nell'800, come dice Masullo, danzavano alla corte borbonica.
Oggi si rifugiano nel clientelismo e assistenzialismo grillino, dopo quello dc