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Tuesday, August 26, 2008

Olimpionici e Tibet

Gli atleti protestano quando tornano a casa

Libero

Pechino, 23 agosto 2008

Che cosa rispondono gli olimpionici delle squadre militari all’occhiolino strizzato dal ministro della Difesa? Ignazio la Russa aveva detto che potrebbe quasi premiare i «propri» atleti se esprimessero in qualche modo solidarietà al Tibet mentre si trovano in Cina.

Qui nella Casa Italia di Pechino però non troviamo neanche un azzurro disposto ad aderire all’invito del ministro. «Non è giusto chiedere a noi singoli atleti di prendersi la responsabilità di un gesto pubblico, che finirebbe per essere clamoroso. I politici potevano prendere le loro decisioni, anche di boicottare i Giochi. Ma non devono scaricare le loro indecisioni su di noi», risponde Antonio Rossi, il canoista 39enne veterano dei Giochi, cinque Olimpiadi alle spalle e portabandiera dello squadrone azzurro.

Ieri è arrivato quarto nella sua K4 1.000, e nonostante appartenga alle Fiamme Gialle della Finanza, e quindi sia formalmente un militare, il consiglio del suo ministro lo lascia freddo. «Anche perché il Cio, il Comitato olimpico internazionale, è stato chiaro su questo. L’articolo 51 proibisce ogni manifestazione politica da parte dei gareggianti, e loro lo hanno ribadito».

Indifferente quindi al Tibet? «Assolutamente no. Anzi, all’inizio delle Olimpiadi ho aderito all’iniziativa simbolica di tagliarsi una ciocca di capelli per il Tibet, e qualcuno mi ha criticato per questo. In quanto portabandiera non avrei dovuto farlo, mi ha detto un atleta. Ma io non rinuncio alle mie idee, e prima e dopo le gare parlo. Anzi, per quanto riguarda la Cina non esiste solo il Tibet. Io vengo da Lecco, e in quella zona parecchie aziende che producevano seta e telai hanno dovuto chiudere per la concorrenza cinese. Ma quanto pagano i lavoratori, qui? E con che metodi li fanno lavorare?»

Il suo compagno di equipaggio Luca Piemonte, 29 anni, di Staranzano (Gorizia), è delle Forestali. Corpo civile, ma anche lui dice: «Non trovo giusto mischiare la politica con lo sport. Le prestazioni sportive non vanno strumentalizzate. Io sono contrario a ogni forma di repressione, e di Paesi repressi al mondo ce ne sono tantissimi. Credo che si possa manifestare in un altro modo, e non durante una manifestazione politica come le Olimpiadi».

«I dirigenti ci hanno detto esplicitamente di non fare gesti politici», dice Michele Zerial, 21 anni, di Trieste, quarto nella K1 500, «ma io non avrei fatto niente lo stesso. Anche perché i cinesi con noi sono stati superdisponibili, aperti, meglio di qualsiasi aspettativa. Prima e dopo l’Olimpiade mi metto volentieri una maglietta per il Tibet, ma qui no. In Cina mi sono trovato bene».

Quanto al presidente del Coni Gianni Petrucci, conferma le cose dette all’apertura dei Giochi, quando arrivò un analogo auspicio di gesti pro-Tibet da parte del ministro della Gioventù Giorgia Meloni: «Perché i politici non chiedono alle aziende che fanno affari con la Cina di boicottarla?»

Mauro Suttora