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Wednesday, June 23, 2010

Pensioni d'oro ai parlamentari

DONNE AL LAVORO FINO A 65 ANNI, MA GLI ONOREVOLI INCASSANO LA PENSIONE A 50

A LORO BASTANO 30 MESI DI CONTRIBUTI, INVECE DI 35 ANNI

Alcuni prendono 3 mila euro al mese dopo un giorno solo di presenza. Altri hanno avuto l'assegno a 42 anni. Per senatori e deputati è sempre festa. Camera e Senato ci costano 2,5 miliardi l'anno, di cui 219 milioni per le pensioni degli ex onorevoli

di Mauro Suttora

Oggi, 16 giugno 2010

Non ce la fanno. I nostri governanti ci stanno infliggendo tagli per 25 miliardi di euro. Avevano promesso di sacrificarsi un po' anche loro: diminuire il numero dei parlamentari, abolire le province, abbassarsi il superstipendio da 15 mila netti al mese. Niente. Le province rimangono tutte in piedi. I parlamentari restano 950, per un costo di due miliardi e mezzo annui. E sugli stipendi, mentre gli altri dipendenti pubblici che guadagnano oltre 90 mila euro subiscono un prelievo del cinque per cento, e quelli oltre i 150 mila del dieci per cento, loro non hanno ancora deciso nulla.
Il governo non interviene per rispettare la divisione dei poteri: l'esecutivo non può interferire con il legislativo (Parlamento). Dovrebbero essere quindi le Camere stesse ad autoridursi gli stipendi. Buonanotte.

C'è però un aspetto un po' vergognoso in questa manovra: le pensioni. Improvvisamente, le donne del settore pubblico devono lavorare cinque anni in più: smetteranno a 65 anni, e non a 60. Ma in questo campo il confronto con i parlamentari è imbarazzante. Gli ex deputati e senatori, infatti, incassano pensioni da nababbo che vanno da un minimo di 3 mila fino a quasi 10 mila euro lordi al mese. E godono di enormi privilegi: possono riscuoterle con appena due anni e mezzo di «lavoro» (contro i 35 di noi comuni mortali) e a 50 anni di età, se deputati eletti prima del '96, o senatori da prima del 2001. Per gli altri l'età sale a 60 (con almeno due legislature) e a 65 (con una sola legislatura).

203 MILIONI DI BUCO ANNUO

Sono oltre 2.200 gli ex parlamentari a cui lo Stato versa la pensione, più oltre mille assegni di reversibilità ai coniugi dei defunti. Ogni anno costano 219 milioni di euro, a fronte di entrate previdenziali per appena 15,6 milioni. Lo «sbilancio» è notevole: la trattenuta che gli onorevoli in carica devono versare è infatti di appena mille euro al mese. Con questi conti, qualsiasi ente previdenziale sarebbe già fallito. Ma il buco dei parlamentari è ripianato dallo Stato.

Il caso forse più eclatante è quello di Toni Negri, ex capo di Potere operaio condannato a 17 anni per reati di terrorismo. Nel 1983 i radicali lo fecero eleggere deputato per protesta contro i suoi quattro anni di carcere preventivo. Dopo nove sedute, temendo di finire di nuovo in cella, Negri fuggì in Francia. Dal '93, quando ha compiuto 60 anni, riscuote la pensione «minima», che oggi è di 3.108 euro.

Ma almeno Negri ha dovuto aspettare fino a 60 anni. Giuseppe Gambale , invece, è il baby-parlamentare-pensionato più giovane d'Italia. Con quattro legislature alle spalle e vent'anni di contributi versati, Gambale (ex Rete, oggi Pd) ha lasciato Montecitorio nel 2006 a soli 42 anni, riscuotendo un vitalizio di 8.455 euro al mese. Ai quali ha aggiunto 4 mila euro come assessore comunale a Napoli fino al 2008.

Prima del 1997, bastava essere in carica anche un giorno solo per maturare la pensione, versando cinque anni di contributi volontari. Questo record spetta ai radicali Angelo Pezzana, Piero Craveri, Luca Boneschi e René Andreani, andati in Parlamento soltanto per annunciare la rinuncia all'incarico, ma ai quali vanno egualmente i 3 mila euro mensili. Un'altra radicale, Cicciolina , maturerà la pensione l'anno prossimo, quando compirà 60 anni. Irene Pivetti deve invece aspettare il 2013: a 50 anni, i suoi nove a Montecitorio le frutteranno 6.203 euro mensili. Dal 2000 incassa il vitalizio (ridotto per reversibilità) la vedova di un uomo che non mise mai piede al Senato: Arturo Guatelli infatti subentrò a camere sciolte al senatore Morlino (morto per infarto).

VOLCIC E PAOLO PRODI

Fra i nomi celebri con vitalizio di 3.108 euro ci sono il regista Pasquale Squitieri (senatore An dal '94 al '96), il giornalista tv Demetrio Volcic (senatore Pds dal '97 al 2001) e Paolo Prodi, fratello di Romano, senatore della Rete nel '94 per soli cinque mesi, subentrato al magistrato Carlo Palermo.
A quota 6.200 euro mensili stanno Mauro Fabris (Udeur) e Franco Giordano (ex segretario di Rifondazione comunista) entrambi 50enni nel 2008 quando non furono rieletti; Oliviero Diliberto (segretario Comunisti italiani) e Stefano Boco (Verdi), 52, Gloria Buffo (Sd) 54, Marco Fumagalli (Sd), Maurizio Ronconi (Udc) e Dario Rivolta (FI), 55 anni, nonché i 57enni Salvatore Buglio (Rosa nel pugno), Tana de Zulueta (Verdi), Mauro del Bue (Psi) e Franco Monaco (Pd).

BOSELLI, SGARBI, FOLENA

Antonio Martusciello (Pdl) dal 2008 (aveva 46 anni) intasca 7.959 euro, come Rino Piscitello (Pd), 47, ed Enrico Boselli (ex capo dei socialisti), 51. Vittorio Sgarbi prende 8.455 euro da quando aveva 54 anni, come Marco Taradash (Pdl), 57, e Alfonso Gianni (Rifondazione), 58. Alfonso Pecoraro Scanio, ex capo dei Verdi, è andato in pensione a 49 anni con 8.836 euro, così come Pietro Folena (Pd), 50. Fra i baby-pensionati sotto i 60 anni o a 60 anni appena compiuti, troviamo l'ex magistrato di Mani Pulite Tiziana Parenti, Maura Cossutta (figlia del fondatore dei Comunisti italiani Armando), Anna Donati (Verdi) e Nando dalla Chiesa, (Pd). Poi gli ex senatori Edo Ronchi (Pd), 58 anni, e Willer Bordon, 59. Entrambi avranno, con i riscatti, il massimo del vitalizio senatoriale: 9.604 euro.

C'è infine il privilegio del cumulo pensionistico, che negli ultimi 36 anni è costato agli italiani oltre 5 miliardi di euro. La seconda pensione, cumulabile al 100% con quella di Montecitorio o Palazzo Madama, scatta per tutti i parlamentari che, prima di essere eletti, avevano già aperto una posizione previdenziale. Così qualsiasi lavoratore dipendente, una volta eletto, non solo conserva il posto in aspettativa, ma ha diritto anche ai contributi figurativi per la seconda pensione. Basta che paghi il 9% della quota. Il resto, dal 22 al 31%, è versata dagli enti previdenziali.

I NOMI PIÙ PRESTIGIOSI

Tra i beneficiari, i nomi più prestigiosi della politica italiana. Gli ex magistrati Oscar Luigi Scalfaro o Luciano Violante. L' ex governatore della Banca d'Italia Carlo Azeglio Ciampi, l'ex direttore generale Lamberto Dini. E fra gli ex giornalisti Gianfranco Fini, Massimo D'Alema, Maurizio Gasparri, Paolo Bonaiuti, Adolfo Urso, Marco Follini, Clemente Mastella, Walter Veltroni. Quest' ultimo riceve già una terza pensione, quella di eurodeputato: 5.200 euro netti al mese, che devolve in beneficenza.

In nome dei «diritti acquisiti», tutti questi privilegi sono intoccabili? «Neanche per sogno», sostiene Antonio Borghesi, deputato dell' Italia dei valori, «la Corte costituzionale ha stabilito che quelli dei parlamentari sono vitalizi e non pensioni. Quindi, si possono modificare in qualsiasi momento».

Mauro Suttora

Wednesday, December 16, 2009

Psicanalisi di Berlusconi e Fini

MELUZZI: "PUER AETERNUS CONTRO SENEX PRAECOX"

Oggi, 9 dicembre 2009

di Mauro Suttora

«Berlusconi è un puer aeternus, un bambino eterno. Fini invece è il suo esatto contrario: un senex praecox, vecchio precoce».
Utilizza la psicanalisi junghiana, Alessandro Meluzzi, per spiegare come mai Silvio e Gianfranco, il premier e il presidente della Camera, non vanno d’accordo.

Psichiatra torinese 54enne, Meluzzi li conosce bene entrambi. Quindici anni fa partecipò alla grande avventura della nascita di Forza Italia, e fece notizia perché sconfisse l’attuale sindaco di Torino Sergio Chiamparino proprio nel collegio degli operai di Mirafiori, bastione comunista. Parlamentare fino al 2001, oggi è tornato a esercitare la sua professione e fa l’opinionista tv. Gli abbiamo chiesto una psicanalisi parallela dei due fondatori del Popolo delle Libertà, in dissidio continuo.

«Lo dico senza offesa: il 73enne Berlusconi conserva la struttura psicologica dell’eterno adolescente. Ama il movimento, privilegia ancora la creatività e l’ingenuità rispetto alla virtù politica della prudenza. L’ormai quasi 58enne Fini, invece, è nato vecchio. Ha dovuto crescere sotto l’ala del segretario Msi Giorgio Almirante, indossare il doppiopetto Lebole, responsabilizzarsi subito».

Questa tipologia psicologica si riverbera anche sui caratteri: «Berlusconi è un estroverso extratensivo», spiega Meluzzi, «esprime all’esterno i propri conflitti interiori. È trasparente, divide immediatamente tutti quelli che lo conoscono: o lo si ama, o lo si odia. Viceversa, Fini è un introverso intratensivo. Lo si vede da come si muove, dai suoi gesti. Tiene le emozioni dentro, è un realista compresso. Mi ricorda l’Ombra della sera, il reperto etrusco nel museo di Volterra: l’immagine della malinconica. Berlusconi invece è vitale, dionisiaco, orientato verso l’euforia: potrebbe essere una statuetta pompeiana».

Un paragone enologico? «Berlusconi è creativo, pétillant come lo champagne. Fini è tanninico come un barbera barricato. Anzi, essendo emiliano, come il lambrusco… E arriviamo a un’altra differenza fondamentale: Berlusconi è profondamente milanese, brianzolo: la Lombardia di Craxi, Bossi, Turati, Pirelli, Falck, don Giussani. Un cristiano-liberale con gli elementi di trasgressività connaturati al cattolicesimo. Al contrario, Fini rimane terragnamente bolognese, come Bersani, Prodi, Casini. È un laico moralista, antropologicamente non sorprende che ora vada a sinistra».

Ma fino a quindici anni fa era il capo del Msi, partito neofascista. «E che c’entra, anche i fascisti Mussolini e Bombacci furono socialisti. Il nonno di Fini era un militante comunista, il padre socialdemocratico. E lui è laicista. Filosoficamente, la sua categoria è la legge, mentre quella di Berlusconi è lo spirito. Non parliamo poi della fisiognomica…»

Oddio, Meluzzi, ora tira fuori Lombroso? «No, Kretschmer e i suoi biotipi. Berlusconi è fisicamente un brachitipo, al quale psichicamente corrisponde il ciclotimico. È un genio, un monstrum nel senso latino del termine. Contemporaneamente euforico e ossessivo, per lui ogni ostacolo è superabile. Volge al successo qualsiasi sfida, fa prevalere il principio di piacere su quello della realtà. Può cadere solo per una mancanza di attenzione al dettaglio, e per questo analizza iper-razionalmente tutto. Non ho mai visto nessuno rimanere sveglio fino alle quattro del mattino facendo crollare giovani con quarant’anni di meno, solo per decidere il colore dell’angolo di un manifesto.

«Fini invece è il classico longitipo astenico, e come tutti gli schizotimici è caratterizzato da dissociazione e malinconie aggressive. È frustrato dalla dimensione dell’eterno secondo, del delfino. Rischia di finire in carpione, diventando aceto a forza di stare lì ad aspettare come il principe Carlo d’Inghilterra, oppure di subire il destino dei tonni nelle tonnare. Terza ipotesi: si trasforma in squalo, mordendo la mano che l’ha nutrito».

Beh, intanto presiede la Camera: terza carica dello Stato.
«Per carità, gli è venuta la sindrome Pivetti».

Cioè?
«Irene Pivetti, che occupò la stessa poltrona e cadde vittima di un meccanismo mimetico, una curiosa simbiosi subalterna al presidente della Repubblica: allora Scalfaro, oggi Napolitano. Fini si atteggia e si sente come un fratello minore di Napolitano. D’altra parte sono figli della stessa cultura, antitetica a quella di Berlusconi uomo d’impresa, che per questo li detesta: quella dei politici di professione. Seppure uno ex fascista, e l’altro ex comunista».

A proposito di ex: anche Forza Italia ne ha prodotti molti. Uno di questi, il generale Luigi Caligaris, fra i fondatori del partito, commenta con Oggi: «Fini accusa il Pdl di essere una caserma? Beh, neanche nell’esercito ho trovato tanto dogmatismo come in Forza Italia. Berlusconi ha un carisma indiscutibile, ma i suoi partiti non sono un posto per noi liberali».