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Wednesday, February 20, 2002

Radicali e informazione

Conferenza tenuta il 18 febbraio 2002 a Milano, nella sede del partito radicale (corso di Porta Vigentina)

Mauro Suttora 

I radicali non hanno un rapporto con l’informazione. I radicali SONO informazione, informazione pura, sempre e da sempre. Nascono nel ‘55 non con un congresso, ma con un articolo sul settimanale Il Mondo di Pannunzio che annuncia la nascita di un Comitato provvisorio composto da Pannunzio stesso, Carandini, Piccardi, dall’ex segretario del Pli Villabruna e Leo Valiani.

Scalfari dà una versione differente, nel suo libro «La sera andavamo in via Veneto: «Il Pr lo fondammo io, Pannunzio, Paggi e Libonati nella casa di Arrigo Benedetti a Marina di Pietrasanta nel maggio ‘55». Benedetti fondò l’Europeo nel ‘45, e l’Espresso con Scalfari nel ‘55. Un buon terzo dei dirigenti radicali erano giornalisti, da Ernesto Rossi ed Ennio Flaiano in giù.

Pannella è di professione giornalista, e così molti radicali degli anni 60: Gianfranco Spadaccia, Aloisio Rendi, Giuseppe Loteta, che diventerà editorialista del Messaggero. Il principale strumento della politica radicale è un’agenzia distribuita in ciclostile ai giornali, dal ‘63 al ‘67. Denunciarono le bustarelle dell’Eni alla stampa, anche di sinistra: ben 20 miliardi di allora in pochi anni.

Dal ‘65 al ‘70 è un settimanale molto popolare, quasi pornografico, Abc, a condurre la battaglia per il divorzio. Con grande successo, fra l’altro, perché passò da 100 a 500mila copie. Un altro volano lo avrà la campagna per l’aborto nel ‘75: l’Espresso si impegna nella raccolta di firme per il referendum, Pannella tiene una rubrica fissa, che però interrompe bruscamente quando Scalfari caccia Lino Jannuzzi dal settimanale.

Nel ‘68 e ‘72 i radicali non si presentano alle politiche con l’esplicita motivazione della mancanza di par condicio da parte della Rai nei confronti dei partiti non rappresentati in Parlamento. Nel ‘76 si presentano soltanto dopo uno sciopero della fame di Pannella per ottenere una Tribuna stampa di un’ora in prima serata, come tutti gli altri partiti. Nell’83 si presentano ma invitano a votare scheda bianca.

Il primo sciopero della fame di Pannella contro la Rai è del ‘74 - il più lungo fra i 17 della sua vita, 92 giorni. Il 22 giugno Lietta Tornabuoni rompe un silenzio di 50 giorni con un articolo sulla Stampa. E scrive: «Bernabei (il direttore generale dc, ndr) sa che, la notte del referendum, ben centomila persone sono andate a festeggiare con Pannella in piazza Navona, e teme che il suo successo s'allarghi. Ma i radicali sono una vecchia conoscenza della tv di Stato: nel 1966 Pannella era alla testa delle trenta persone che si ammanettarono davanti alla Rai, portando cartelli al collo con su scritto "Così è ridotta l'informazione". E nel '70 guidava i 19 divorzisti che occuparono per la prima volta la sede tv in via del Babuino».

Il 16 luglio '74 scende in campo Pasolini con un bellissimo articolo sul Corsera. E così il 19 luglio ‘74 Pannella, a 44 anni, debutta in Tv.

In uno studio di via Teulada, si registra il debutto televisivo del leader ancora in digiuno. Modera Gino Pallotta. Pannella è un uragano: «L'Italia non è diventata vittima di lesbiche e omosessuali dopo il referendum sul divorzio, come diceva Fanfani... Siamo contro una legge criminogena che provoca aborti clandestini di massa mentre le signore benestanti abortiscono con 500mila lire in cliniche private, con l'assistenza psicanalitica e magari anche quella religiosa...».

Pallotta è impietrito, inerte, non osa interromperlo. Aborto, lesbiche, omosessuali: è la prima volta che alla tv italiana si sentono queste parole. Alla fine della registrazione nello studio non vola una mosca. I tecnici di sala scoppiano in un applauso spontaneo: «Mejo de Kennedy, dotto'!». Ma Pannella non è contento: «Ho dimenticato di parlare degli otto referendum e del finanziamento ai partiti...»

La mattina dopo alla Rai scoppia un putiferio. Il direttore generale Willy De Luca visiona la registrazione e urla: «Dobbiamo bloccare questo pazzo a ogni costo!». Ma c'è poco tempo: il programma deve andare in onda la sera stessa. Bernabei manda immediatamente, con due motociclisti, la trascrizione completa — parola per parola — dell'intervento di Pannella al segretario dc Fanfani e al presidente del Consiglio Rumor. Ma il segretario psi Francesco De Martino e anche il presidente Leone si oppongono alla censura. Allora i vertici dc della Rai ordinano al capufficio stampa Giampaolo Cresci (che nel ‘98 diventerà direttore del Tempo, con il radicale Giovanni Negri come vicedirettore) di non comunicare l'orario del dibattito ai giornali. La trasmissione viene spostata dal primo al secondo canale, e dalle nove alle dieci di sera. Contemporaneamente a Pannella, sul primo canale viene trasmesso un programma di grande richiamo.

Tutto inutile. Come previsto, quando il capo radicale pronuncia quelle parole dallo schermo, i centralini Rai di tutt'ltalia vengono intasati di telefonate pro e contro. Intanto, sul Corriere della Sera il dibattito su Pannella va avanti. Per controbilanciare l'articolo di Pasolini ne viene pubblicato uno del comunista Maurizio Ferrara (padre di Giuliano),contrario a Pannella

Nel ‘74, nonostante questo exploit, i radicali non riescono a raccogliere le 500mila firme per 8 referendum. Di questi, la metà riguardano l’informazione. Uno è per la libertà d’antenna contro il monopolio Rai, e poi contro i reati d’opinione, l’Ordine dei giornalisti, la legge sulla stampa del ‘48.

Il 20 settembre '74 i radicali sfilano in marcia contro la Rai: chiedono la testa di Bernabei. Francesco De Gregori e un centinaio di altri artisti rifiutano di collaborare con la Rai finché durerà il monopolio Dc. Bernabei si dimette.

Qui, nella sede radicale di Milano, fra le foto appese ce n’è una col giovane Litta Modignani durante un sit-in del '76 davanti alla Rai in corso Sempione.

Nel ‘77 durante una Tribuna flash di un quarto d’ora Pannella non si ferma, continua a parlare e costringe i tecnici Rai a sfumarlo

Il 18 maggio '78, a una tribuna del referendum di Jader Jacobelli in tv, i radicali inscenano uno spettacolo che rimarrà nella storia mondiale della televisione: Pannella, la Bonino, Mellini e Spadaccia si fanno riprendere imbavagliati con cartelli di protesta. È il più lungo silenzio mai messo in onda da una tv: 24 interminabili minuti, dalle 20.53 alle 2l.17. La Rai riceve centinaia di telefonate di spettatori allibiti. «I radicali hanno violato le regole fondamentali della comunicazione, perché hanno mescolato politica e spettacolo», commenta il massmediologo Gianfranco Bettetini. «Non è vero che politica e arte sono mondi separati e incomunicabili: in America non è così», corregge Eco. E Sabino Acquaviva: «Pannella ha sovvertito i rituali della classe politica». «Trovata geniale», ammette Scalfari.

Nell’autunno '81 ci vogliono 53 giorni di digiuno a Pannella per conquistare 40 minuti di Ping pong in Rai, un dibattito con Biagi moderato da Vespa sullo sterminio per fame nel mondo.

All’inizio dell’83 l’Europeo pubblica una bella intervista a pannella di Galli della Loggia e Fiamma Nirenstein:

Perché ti lamenti sempre della censura? «I giornalisti hanno subito una vera e propria mutazione antropologica in questi anni. Non parliamo della Rai, che il Psi ha riempito con una schiera di killer dell'informazione ai suoi ordini… Una volta almeno c'erano editori borghesi come Crespi o Perrone che ogni tanto potevano fare i non conformisti».

Intanto, però, dal 1976 è nata Radio radicale, cui va il finanziamento pubblico che il partito rifiuta di incassare. Piano piano i ripetitori coprono tutta Italia. Valter Vecellio inventa le rassegne stampa mattutine che poi passeranno a Taradash e a Melega, grande giornalista, già direttore dell’Europeo fatto licenziare dalla P2 e caporedattore di Repubblica ed Espresso. Radio radicale inventa anche i fili diretti e le rassegne stampa di mezzanotte, che poi copieranno tutti. Ed è una fucina di eccellenti giornalisti:

Paolo Liguori, direttore di Studio Aperto, Stefano Andreani, finito all’Asca e a fare il segretario di Andreotti nell’era del Caf, Bruno Luverà, oggi inviato politico di punta al Tg1, Guido Votano, capo della redazione italiana di Euronews (la Cnn europea) a Lione, Giancarlo Loquenzi (Indipendente, vicedirettore di Liberal, poi alla radio del Sole 24 Ore e oggi capo delle relazioni esterne di Telepiù), Laura Cesaretti (Foglio e poi Giornale), Roberto Giachetti, oggi deputato della Margherita e braccio destro di Rutelli, Ivan Novelli, Gabriele Paci (Europeo, Indipendente, Voce di Montanelli), Stefano Anderson poi capufficio stampa del Csm, o Carlo Romeo, colonna della tv radicale Teleroma 56 e poi direttore delle sedi Rai di Aosta e Bologna.

Dal 1979 e fino alla metà degli anni ‘90 i radicali hanno avuto due canali tv a Roma, Teleroma 56 e 66, guardate anche da papa Wojtyla che così conosce Pannella. Per un certo periodo Stanzani era diventato anche azionista di rilievo del network nazionale Odeon, ma poi come sempre il sogno di un terzo polo tv si è infranto di fronte al duopolio Rai-Mediaset.

La polemica contro la Rai prosegue incessante.

Il 30 maggio '83 Pannella contesta Pippo Baudo a Montecatini (Pistoia) mentre trasmette Serata d'onore dell'Unicef in diretta tv. «Baudo è un buffone!», grida in sala, perché il presentatore ha propagandato in tv contributi contro la fame nel mondo annunciati per telefono da politici dc. Pochi giorni dopo se lo ritrova di fronte, assieme a Enzo Tortora, in una tribuna elettorale Fininvest registrata al teatro Eliseo di Roma. Il clima è gelido. La mattina seguente, all'alba, Tortora viene arrestato per camorra.

Nell’84 si attua una campagna di disobbedienza civile contro il canone Rai, coordinata da Gaetano Benedetto (oggi dirigente Wwf): aderiscono varie centinaia di persone, ma la proptesta non riesce ad avere uno sbocco politico.

Il 15 settembre '86, un anno dopo la condanna a dieci anni e 1185 giorni dopo l'arresto, per Tortora è il giorno della rivincita: assolto con formula piena in appello. Adesso il presentatore desidera tornare in tv. Silvio Berlusconi gli fa la corte, vuole strapparlo alla Rai. Così Canale 5 si apre ai radicali, che vengono invitati in ogni programma. Perfino Drive in, la trasmissione dedicata ai paninari, ospita un Pannella in doppiopetto stile Chicago anni '30, con al fianco Lory Del Santo. «Era il comico che ci mancava», commenta perfido l'autore Antonio Ricci. Ma Fedele Confalonieri, numero due della Fininvest, nega che gli inviti a Pannella servano per spianare la strada a Tortora: «Il Pr stava chiudendo, aveva bisogno di un megafono, e noi glielo abbiamo dato».

C'è un problema: se Tortora sceglie la Rai, non potrà candidarsi con i radicali. Accusa Luciano Violante, pci: «Il Pr è totalizzante. Per Pannella, Tortora è l'uomo che vale 200mila voti». Aggiunge Martelli: «Marco ha un rapporto nevrotico con i mezzi d'informazione, e sbaglia». Ma perfino la socialista Raidue apre improvvisamente le porte a Pannella, grazie a Tortora: Antonio Ghirelli, direttore del Tg2, gli fa un'intervista di ben sei minuti, e viene subito strigliato dal direttore generale dc Biagio Agnes. I radicali premono con Tortora perché scelga la Fininvest, tanto che la figlia del presentatore Silvia (giornalista di Epoca, sposerà l’attore Philippe Leroy) litiga con Pannella e straccia la tessera del Pr. Ma alla fine Tortora decide di tornare con Portobello su Raidue, e inizia la prima puntata del nuovo ciclo con la frase: «Dov'eravamo rimasti?». Fra Pannella e Tortora, comunque, i rapporti restano ottimi,

Nell’ottobre ‘89 Pannella si dimette da deputato, di nuovo in polemica esplicita contro Rai e giornalisti.

Nell’ ottobre ‘92 il capo radicale guida una marcia contro la Rai, ancora in mano al Psi e alla Dc del direttore generale Gianni Pasquarelli nonostante la bufera di Tangentopoli. «Marcio contro il marcio», proclama, 18 anni dopo il primo corteo anti Rai col quale fece fuori Bernabei.

Il 20 novembre ‘93 inizia la raccolta di firme con la Lega Nord per dieci referendum liberisti, fra i quali due sulla Rai: uno per abolire la pubblicità, l’altro per la privatizzazione. Il primo verrà fatto fuori dalla Corte Costituzionale, il secondo vince il 12 giugno 1995 con il 55% di sì. Ma non verrà mai attuato.

Con la Rai, comunque, è rottura totale. Pannella protesta: «Fanno comparire soltanto Occhetto e D'Alema, e contrapponendo loro solo la Lega. Ma D'Alema e Occhetto hanno il loro microfono, Bossi invece ha il gelato che Bianca Berlinguer gli tende e gli toglie con sofisticatissimo modo, per far fuori tutto quel che fa paura al Pds... Guardate le dichiarazioni riportate dal Tg1: 32 di Occhetto o D'Alema e nessuna mia. Questo significa eliminare gli avversari. È ora di indicare anche le "coperture nobili" del Pds. Il non plus ultra della faccia tosta è quell'abatino Gianni Riotta, minutante di segreteria, che con la sua faccia da prete fa scherzi da prete».

Nel ‘94 l’alleanza con Berlusconi viene spiegata anche con la maggiore apertura delle reti Fininvest rispetto a quelle Rai: i radicali non sono stati sempre a sinistra? «Io so che l’Italia», risponde Pannella, «ha potuto vedere le labbra secche di un digiuno della fame e della sete per i referendum grazie alle tv della Fininvest, e non della Rai». Candida Spadaccia per il cda Rai e Umberto Eco per la direzione generale, senza successo.

Taradash diventa presidente della Commissione di vigilanza, e come primo atto fa portare i bilanci Rai in Tribunale.

Il 26 maggio 95 un altro episodio che passerà alla storia: i fantasmi radicali, coperti da un lenzuolo, in tribuna politica. La direttrice dc Angela Buttiglione abolisce le dirette.

Nel dicembre ‘95 arrivano ai vertici Rai avvisi di garanzia per attentato ai diritti politici dei cittadini, su denuncia radicale. Ma non si arriverà mai ai processi.

Nel 95 e 97 scioperi della fame contro la censura tv.

Nel 98 battaglia contro la Rai che offre 25 miliardi per la Radio, cui si vogliono togliere i dieci miliardi annui di convenzione col Parlamento per la trasmissione delle sedute.

1998: appena risvegliatosi dall’anestesia dopo una serie di delicatissime operazioni al cuore, Pannella detta alle agenzie questa dichiarazione: «Spero possa iniziare e rapidamente avviarsi a conclusione, finalmente, il processo di convalescenza. I direttori dei telegiornali, l'associazione per delinquere Rai - che compiono volgari azioni in un unico disegno criminoso: lasciare al potere in Italia il sistema criminogeno della partitocrazia - non possono dunque stare tranquilli»

Oggi molti editorialisti dei quotidiani italiani sono ex radicali o simpatizzanti: Panebianco e Merlo (Corsera), Teodori (Giornale), Ignazi (Sole 24 Ore), Quagliariello (Messaggero), Prado e Farina (Libero)

Penso che l'unica soluzione per trasformare la Rai da quella fogna clientelare che è in qualcosa di decente sia la privatizzazione. Una, due, tre reti, in blocco, a spizzichi, qualsiasi cosa va bene.

Il «servizio pubblico» non esiste. L'informazione è una merce, come tutte le merci il suo valore è determinato dal mercato, e vale la legge della domanda e dell'offerta. Per esempio, se il comune di Milano o la regione Lombardia devono comunicare che il giorno dopo il traffico è vietato, possono diramare questa informazione di pubblica utilità attraverso tutti gli organi d'informazione privati, che saranno ben lieti di veicolarla perche' si tratta d'informazione utile (quindi con un alto valore di mercato), o perfino con gli sms sui telefonini.

Il «servizio pubblico» è solo un pretesto usato dal potere politico per controllare l'informazione e mantenere carrozzoni costosi e inutili. Negli Usa non esiste tv pubblica, solo un piccolo canale (Pbs) noioso che pochi guardano perche' trasmette trasmissioni cosiddette culturali o di pupazzi (Muppet show). Esistono però canali (C-Span) che trasmettono le sedute parlamentari via etere e internet, come Radio radicale