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Friday, January 20, 2017

Ivanka sopra la panca

RITRATTO DELLA FIRST FIGLIA DI TRUMP

di Mauro Suttora

speciale Oggi, 20 gennaio 2017

Quanto l’intervistatore tv David Letterman le ha chiesto «Sul lavoro è aggressiva come suo padre?», lei ha risposto: «Negli affari è meglio mettere subito in chiaro con chi hanno a che fare».

Il caratterino di Ivanka Trump è come la kappa del suo nome: deciso. E pensare che invece per gli slavi aggiungere una kappa è un dolce diminutivo. Quando aveva otto anni sua madre Ivana scoprì che Donald la tradiva con l’attricetta americana Marla Maples. Lo cacciò di casa, il famoso attico a tre piani in cima alla Trump Tower, e lui andò a vivere da solo qualche piano più in giù.

Quindi Ivana e i suoi fratelli Donald junior ed Eric sono cresciuti a distanza di ascensore dal papà.
Molto più presente dei genitori, prima e dopo il divorzio, è stata la nonna ceca di Ivanka: Marie Zelnickova, oggi 89enne. Fu lei a crescerla. E anche oggi la aiuta con i tre bisnipoti: Arabella di 5 anni, Joseph, 3, e Theodore di otto mesi.

Fino a 15 anni Ivanka ha frequentato la prestigiosa Chapin School di Manhattan. La stessa di Jacqueline Kennedy. Una volta un giornalista la aspettò all’uscita per chiederle di commentare una frase dell’amante di suo padre: «Con lui faccio il sesso migliore della mia vita». 
Allora, per proteggerla, la trasferirono a Wallingford nel Connecticut, in un collegio «che era una prigione, mentre i miei amici si divertivano a New York», ricorda lei.

I primi due anni di università alla Georgetown di Washington, poi in Pennsylvania alla Wharton Business School, la stessa di suo padre. Laurea in economia nel 2004. E subito al lavoro nella Trump Organization.

Tre anni dopo si mette anche in proprio fondando con una società venditrice di diamanti il marchio Ivanka Trump Fine Jewelry. Negozio prima a Madison avenue, poi a Soho in Mercer street (chiuso un anno fa). Oggi i suoi gioielli sono venduti online e in qualche negozio negli Usa e nei Paesi arabi.

Due mesi fa è apparsa al fianco del padre nella prima intervista dopo l’elezione, per il programma tv 60 Minutes. Il giorno dopo un’addetta stampa della sua società ha pubblicizzato il bracciale al polso di Ivanka, avvertendo che poteva essere acquistato per 8.800 dollari.

L’altra società autonoma di Ivanka, sempre col suo nome, vende abiti, borse, scarpe e accessori nei grandi magazzini. Anche qui, l’avventura politica paterna viene usata a scopi promozionali: dopo il discorso di Ivanka alla Convenzione repubblicana della scorsa estate che ha incoronato Donald, le affezionate clienti sono state invitate a comprare il vestito che indossava.

I produttori di scarpe Derek Lam e Aquazzura hanno inoltre accusato la First Figlia di avere copiato alcuni loro modelli, e gli animalisti di usare pellicce di coniglio.

Ivanka è anche modella a tempo perso. Ha debuttato a 16 anni sulla copertina della rivista Seventeen. Poi ha sfilato per Donatella Versace e Thierry Mugler e si è fatta fotografare per Tommy Hilfiger. Per migliorarsi è diventata bionda e si è rifatta naso e seno. Finché era single finiva regolarmente nelle liste delle hot 100 americane da sposare.

Nella società di papà la carica ufficiale di Ivanka è vicepresidente per lo sviluppo e acquisizioni. Ma la popolarità le è arrivata nel 2006 partecipando a cinque puntate del reality tv paterno, The Apprentice: ha fatto la giudice e ha aiutato il vincitore a seguire uno dei tanti progetti immobiliari Trump, il grattacielo del Soho Hotel.

È apparsa anche in un imbarazzante documentario sulla vita dei figli dei ricchi del 2003, Born Rich, con Georgina Bloomberg, figlia del miliardario ex sindaco di New York. Era amica anche di Paris Hilton e Chelsea Clinton.

Ha scritto un libro, The Trump card: Playing to win in work and life (La carta Trump: Giocare per vincere nel lavoro e nella vita), e nel marzo 2017 esce il secondo: Women Who Work: Rewriting the Rules for Success (Donne che lavorano: Riscrivere le regole del successo).

Ma che idee politiche ha Ivanka Trump? «Come molti dei miei coetanei, non mi considero repubblicana o democratica», ha detto alla Convention. Dieci anni fa aveva dato addirittura mille dollari a Hillary Clinton per la sua sfortunata campagna contro Obama. Ma allora anche il padre era amico dei Clinton.

Nel 2013 lei e il marito Jared Kushner hanno organizzato un gala per il senatore democratico di colore del New Jersey Cory Booker, raccogliendo più di 40mila dollari. Tradizionalmente, la famiglia Kushner (ricchi costruttori ebrei) finanziava sia democratici che repubblicani.

All’inizio Ivanka non era così convinta della candidatura del padre: «Come cittadina, adoro quel che fa. Come figlia, naturalmente è più complicato», disse nell’ottobre 2015. Eppure Donald aveva già dichiarato che era lei la sua maggiore consigliera sui temi riguardanti le donne.

Ha partecipato finché ha potuto alla campagna del padre, perché era incinta, ma soprattutto è stata lei a pronunciare l’importante discorso che lo ha presentato alla Convenzione repubblicana, con le note di Here Comes the Sun di George Harrison (la vedova del Beatle ha protestato). Eppure non ha potuto votare per lui alle primarie di New York nell’aprile 2016, perché si era registrata in ritardo al partito repubblicano.

Prima del Natale 2016 è successo uno spiacevole incidente: si era imbarcata con i tre figli su un volo low cost per le Hawaii all’aeroporto di New York, e un passeggero le ha urlato «Tuo padre sta rovinando questo Paese!». L’uomo è stato cacciato dall’aereo e messo nel volo successivo.

Il matrimonio con Jared Kushner sembra saldo. I due sono una coppia di successo, e Jared è stato la mente della campagna online di Trump. Prima di mettersi con lui nel 2005, Ivanka ai tempi dell’università era stata fidanzata per quattro anni con Greg Hersch, poi banchiere di Salomon Brothers e Ubs. In seguito altri quattro anni con il playboy Bingo Gubelmann.

Nel 2008 Jared e Ivanka si sono lasciati, perché i genitori di lui volevano una nuora ebrea. Così lei si è convertita, ha studiato per un anno con un rabbino ortodosso, e l’anno dopo si sono sposati. Seguono scrupolosamente le regole del sabato ebraico: «Non facciamo neanche telefonate». La figlia Arabella frequenta una scuola materna religiosa e sta imparando l’ebraico.

Mauro Suttora