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Saturday, September 04, 2021

Conte appeso alle comunali

Se il 3 ottobre i grillini crolleranno sotto il 10%, per l'ex premier saranno guai

intervista a Mauro Suttora

ilsussidiario.net, 4 settembre 2021

Il ministro della Transizione ecologica Cingolani con le sue dichiarazioni pronucleare e anti-ambientalismo radical chic ha provocato un terremoto presso Conte e la sua parte di M5s: dovremo temere sfracelli?

No, perché di Cingolani si era innamorato Grillo, non Conte. Forse per prossimità geografica, visto che Cingolani dirigeva l'Istituto di tecnologia di Genova, la città di Grillo. È uno dei molti entusiasmi tanto improvvisi quanto immotivati del comico, come quello per Draghi.

A Conte non resta che protestare ogni volta che Cingolani dice cose non gradite, esattamente come fa Salvini con la Lamorgese. Ma in concreto non farà  nulla.

Allora il M5s dovrà temere un'altra perdita di voti? È sempre stato per il no al nucleare.

Anche Cingolani parla tanto, ma non sarà certo lui a resuscitare il nucleare, morto e sepolto dopo Cernobyl e Fukushima.

In altri tempi avremmo detto: ci penserà Grillo. O il suo tempo è finito?

Grillo e Casaleggio junior hanno perso definitivamente la partita contro Conte. Quel che resta dei grillini ora va dietro all'ex premier.

Ma è veramente stabile la leadership di Conte rispetto a Grillo? Da chi deve guardarsi l'ex premier?

Conte deve guardarsi solo dai risultati delle comunali fra un mese. Se saranno a una cifra, sparirà anche lui. Altrimenti, potrà continuare a sperare di resuscitare i grillini. Deve guardarsi da Di Maio e Di Battista, cioè l'ala destra e sinistra del M5s.

Come tutti i partiti, però, anche il M5s spera nelle prossime amministrative. Due le carte da giocare: Raggi (contro Gualtieri) a Roma e patto di ferro M5s-Pd a Bologna. Due scenari diversi: M5s solo contro tutti, patto organico in una città storica del Vaffa. E un uomo chiave: Bugani. Qual è il modello vincente?

Nessuno dei due. A Roma, a meno di un clamoroso scivolone del Pd, Gualtieri dovrebbe farcela ad andare al ballottaggio contro il centrodestra. Certo, sempre che Raggi e Calenda non gli rosicchino troppi voti. A Bologna nessuno si accorgerà della presenza dei grillini: come in tutto il nord, staranno ampiamente sotto il 10%. E Bugani non è conosciuto fuori dal M5s.

Finora Di Maio è stato l'"anti-Conte" più efficace. Che cosa aspetta a prendere il suo posto?

Ora Di Maio pensa al ministero degli Esteri: la sua tournée in Turkmenistan e Uzbekistan dopo il disastro Afghanistan gli darà prestigio. Vive della luce riflessa di Draghi e del suo peso internazionale. Gli uomini della corrente di Di Maio, come Spadafora, punzecchiano Conte, ma il redde rationem arriverà con la scelta dei candidati alle politiche. Se l'ex premier penalizzerà i dimaiani, loro si rivolteranno.

Torniamo a Roma. Diamo la Raggi al secondo turno. Secondo te a quel punto cosa succede?

Perderà, così come perderà Gualtieri. Roma mi sembra saldamente in mano al centrodestra, nonostante il loro candidato sia un personaggio pittoresco.

Vedi movimenti interessanti tra i fuoriusciti, eletti o non eletti, e gli ex? Dibba dov'è finito? Cosa sta facendo?

Non lo so, ogni tanto scrive su Facebook. Chissà se abboccherà agli ami del furbo Conte, che lo vuole usare contro Di Maio. 

Sarà interessante vedere quanto prenderà il 3 ottobre l'ex leghista ed ex grillino Paragone, col suo Italexit. Temo per lui che non superi l'1%.

A Milano invece Conte sembra abbia trovato un accordo con Sala, che sui temi ambientali pare si sia spinto molto avanti, superando "a sinistra" Pd e M5s. E che ha in mente una cosa nuova: una balena verde (cfr. nostro retroscena). È una soluzione vincente? E questo il "nuovo corso" che ha in mente Conte per il Nord?

Conte e i grillini non contano più nulla a Milano e in tutto il nord. Anche questa volta, come cinque anni fa, hanno fatto fuori la loro candidata sindaca votata dalla base alle primarie. Democrazia zero. Magari si aggrapperanno a Sala per disperazione, in cambio di un posto da assessore.

In breve, un tuo flash su M5s dopo la tornata delle comunali.

Se il risultato sarà deludente, tutti addosso a Conte. Se invece supererà il 12-13%, tutti dietro. I grillini sono abituati a obbedire, prima a Grillo e ai Casaleggio, ora all'ex premier.

Alla scadenza del Colle i 5 Stelle saranno determinanti. Cosa faranno?

I grillini, come quasi tutti i parlamentari tranne i Fratelli d'Italia, non vogliono andare a votare, perché la maggior parte di loro perderebbe il seggio.

Quindi non eleggeranno Draghi, perché cadrebbe il suo governo e, con un nuovo presidente della Repubblica, si aprirebbe una nuova fase politica. Che necessiterebbe di nuove elezioni.

Chi, allora, al posto del candidato naturale Draghi? Mistero.

Federico Ferraù

Saturday, June 19, 2021

Caos M5s: Conte vuole una nuova Dc grillina, ma deve fare i conti con Grillo e Casaleggio

intervista a Mauro Suttora

www.ilsussidiario.net, 19 giugno 2021

Ecco l’obiettivo: fare il partito di Conte. Ci siamo?

Certo. Era ora, sono passati quasi cinque mesi dalle sue dimissioni da premier. Passati a litigare col figlio di Casaleggio, fino a estrometterlo dal partito fondato dal padre.

Grillo non vuol essere emarginato. Riuscirà a impedirlo, oppure Conte è ormai troppo forte?

Conte è forte perché i sondaggi gli danno ancora una popolarità del 50 per cento, secondo solo a Draghi. Per questo i grillini si sono affidati totalmente a lui. Contemporaneamente, Grillo si è suicidato politicamente con il video isterico sul figlio accusato di stupro e con la sue 'cineserie'.

Ma il comico di Genova resta il padre-padrone dei grillini, impossibile emarginarlo. 

Gli iscritti hanno/avranno ancora voce o andiamo verso un partito come un altro?

In realtà gli iscritti 5 stelle non hanno mai avuto voce. Sfatiamo un mito. La tanto pubblicizzata democrazia diretta si risolveva in plebisciti con domande manipolate. 'Offerte che non si possono rifiutare', come diceva Marlon Brando nel Padrino. L'unico momento in cui gli iscritti contavano erano le primarie online per scegliere i candidati alle elezioni. Ma nel 2018 molti di loro, nei collegi uninominali, e tutti i ministri esterni furono scelti direttamente da Di Maio. Fra questi c'era proprio Conte, che quindi deve eterna gratitudine a Gigi. Da anni il Movimento 5 stelle è diventato un partito uguale agli altri.


Conte che partito vuole? Facci l’identikit politico.

Conte vuole una nuova Democrazia cristiana, perché è consustanzialmente un dc. Nei modi flautati, nel trasformismo, in tutto. Vuole essere la gamba di centro del centrosinistra.

Conte riuscirà a sostituire Grillo con Travaglio?

Né Grillo né Travaglio, con i loro estremismi, possono avere spazio nel nuovo partito moderato di Conte. 

Che ruolo ha Di Maio in questa partita?

Il ruolo del pesce in barile. Deve tenersi buoni sia Conte che Grillo, per non perdere i voti moderati del primo e quelli esagitati del secondo.

Prevedi malumori nella parte che dovrebbe seguire Conte, cioè l'attuale M5s al netto di chi seguirà o ha seguito Casaleggio? Fino a.... un'altra spaccatura?

Prima o poi la spaccatura è inevitabile. Probabilmente i movimentisti come Di Battista, Lezzi, Morra e i tanti rimasti ancora nel M5s finiranno in un nuovo partito, magari usufruendo dei servizi di Casaleggio, che medita vendetta.

In che modo Conte pensa di destabilizzare o indebolire Draghi e il governo? Che partita politica intende giocare?

Conte non vuole destabilizzare il governo Draghi. Anzi, spera che duri il più possibile, perché le prossime elezioni falcidieranno i grillini, riducendoli del 60-70 per cento. Però alzerà la voce, come Salvini, per accontentare gli estremisti come Di Battista e non perdere quel tipo di elettori.

M5S è il partito italiano più filo-cinese, come può far parte di un governo ultra-atlantista? Questa contraddizione rischia prima o poi di esplodere come problema politico?

Non penso, in Italia la politica estera interessa a pochi e non sposta voti.

Dopo la fine dei rapporti con Casaleggio, come verrà risolta la spinosa questione dei debiti nei confronti dell’Associazione Rousseau?

Se i grillini daranno al figlio di Casaleggio i 250mila euro pattuiti, non ci saranno problemi. Ma spero per loro che nell'accordo rientri anche una clausola, magari segreta, di 'non concorrenzialità' alle prossime elezioni politiche. Un partitino Casaleggio-Di Battista-Paragone potrebbe rosicchiare un 5-10 per cento ai grillini. 

Letta-Conte, da tempo si annusano, ma la fusione fredda non scatta. Cambierà qualcosa? E produrrà subito effetti in vista delle prossime amministrative?

Alle amministrative di autunno grillini e Pd saranno in concorrenza. Anche dove avranno un candidato unico, come a Napoli, le liste saranno separate. Né vedo possibilità di fusione in seguito. Al massimo di annessione da parte del Pd, se i grillini andranno sotto il 10 per cento.


Qual è il tuo pronostico su Roma?

Ballottaggio Pd-centrodestra. La Raggi non dovrebbe superare il 15 per cento.


Thursday, June 03, 2021

Caos M5S/ Iscritti, nome, simbolo: duello Casaleggio-Conte

intervista a Mauro Suttora

ilsussidiario.net, 3 giugno 2021 

Conte si aggiudica il primo round nello scontro con Casaleggio per avere gli elenchi degli iscritti. Ma quante saranno le riprese non è dato sapere, dunque la partita rimane aperta. Senza accordo si andrà alla battaglia legale, osserva Mauro Suttora, giornalista e scrittore, osservatore dei 5 Stelle dai tempi del Vaffa. I dati dei 180mila registrati a Rousseau sono un pretesto, perché in palio ci sono il nome e il simbolo del Movimento, senza i quali la leadership di Conte è solo virtuale.

La crisi di M5s rimane profonda ed è difficile prevederne le sorti. Alcuni punti fermi – per ora – secondo Suttora: Di Maio più contiano, crollo di consensi alle comunali, niente Draghi al Colle “perché sarebbe difficile cambiare premier senza nuove elezioni. Nelle quali loro sparirebbero tutti”.

Il Garante della privacy nel suo provvedimento ha stabilito che l’Associazione Rousseau deve consegnare al Movimento i dati personali degli iscritti. Sei sorpreso?

No. Se la Casaleggio fosse una semplice società di servizi che gestisce l’elenco degli iscritti grillini, sarebbe ovvio che dovrebbe consegnare l’indirizzario al legittimo proprietario, il Movimento 5 Stelle (M5s). Ma formalmente ha ragione Davide Casaleggio quando chiede al Garante di indicargli a chi consegnare i dati.

Dunque: l’Associazione Rousseau, dice il Garante, è responsabile del trattamento e M5s è il titolare. Casaleggio non è d’accordo e ha risposto che non saprebbe a chi darli, perché non si sa chi sia il rappresentante legale di M5s. Che ne pensi?

Hanno ragione entrambi. Vito Crimi è scaduto, tanto che il tribunale di Cagliari ha nominato un rappresentante pro tempore in un’altra causa. Ma sostanzialmente ormai c’è una frattura, e quindi prima o poi il figlio di Casaleggio dovrà cedere il malloppo. Vedremo in cambio di quanti soldi: ci sono centinaia di migliaia di euro in ballo.

Tutto questo vuol dire una cosa: battaglia legale.

Certo. È risibile l’ultimatum di cinque giorni imposto dal Garante. Qualsiasi Tar lo annullerebbe. Se il M5s avesse versato a Casaleggio i 400mila euro richiesti, la questione sarebbe già risolta. Grillo spinge per un accordo. Ma Conte ha voluto attendere la pronuncia del Garante. Nominato da lui, come insinua Casaleggio.

Come andrà a finire non lo sappiamo. Tu cosa dici?

È una disputa ridicola, anche perché iscriversi al M5s non costa nulla, quindi non vale nulla. Conte potrebbe quindi lasciare i 180mila registrati a Casaleggio e ricostituirsi da zero una nuova base di iscritti in pochi giorni, tramite un appello sui social degli eletti: i grillini più popolari, come lui, Di Maio, Taverna o Fico, hanno centinaia di migliaia di seguaci che aderirebbero subito.

E perché non lo fa?

Ma perché così perderebbe simbolo e nome, che verrebbero sfruttati da Casaleggio junior con i movimentisti Di Battista, Lezzi, Morra e Paragone.

Dunque Conte, nel frattempo, si ritrova leader dimezzato. Brutta faccenda.

E Casaleggio nota giustamente che Conte non è neppure iscritto al M5s, quindi ineleggibile alla sua guida.

Veniamo al fattore Di Maio. La sua svolta garantista non è stata presa benissimo all’interno di M5s. L’ha fatta solo perché è al governo oppure ha altre ambizioni? E quali?

Di Maio, per rendersi presentabile, ora rinnega gli innumerevoli Vaffa contro gli altri politici lanciati dai grillini negli ultimi 14 anni. Ma i Vaffa sono l’unica ragione sociale del M5s, che ancor oggi si definisce MoVimento con quella V maiuscola che sta per Vaffa e Vendetta. Sarebbe come chiedere al Milan di rinunciare ai colori rosso e nero, o all’Italia di abolire il tricolore.

Con chi sta Di Maio tra Conte e Casaleggio?

Con il più forte, che in questo momento è Conte.

Conte è un raffinato professionista. È stato capo del governo. Però non ha la cazzimma e l’astuzia di Di Maio. Chi sarà il leader?

Sono entrambi democristiani, tecnicamente perfetti nella loquela scioltissima e nella gestione del potere. Ma Conte nei sondaggi ha ancora un gradimento del 50%, doppio rispetto al guaglione che tre anni fa lo scelse prima come ministro, e poi come premier. L’unico errore di Di Maio.

Grillo ha chiuso?

Direi di sì, dopo il video isterico sul figlio.

Insomma qual è la posta in gioco? Sopravvivere alle comunali? Controllare i gruppi parlamentari per condizionare la partita del Colle? Fare un nuovo partito? O cos’altro?

Distinguiamo. Per Conte l’obiettivo è sfruttare al massimo, e in qualsiasi modo, la notorietà ottenuta con due anni e mezzo di guida del governo. Per i parlamentari grillini invece è sopravvivere, conservare il più a lungo possibile i 12mila euro di stipendio mensile agguantati per miracolo. Alle comunali di ottobre sarà già tanto se almeno a Napoli o a Roma supereranno il 10%. Nelle altre città sarà un disastro.

E alle presidenziali di gennaio?

Non voteranno Draghi, perché sarebbe difficile cambiare premier senza nuove elezioni. Nelle quali loro sparirebbero tutti, tranne una trentina di big che si ricicleranno in qualche modo.

È vero che c’è una pattuglia di pentastellati che preme su Conte perché ritiri l’appoggio al governo Draghi?

C’è di tutto lì dentro, governisti, antigovernativi, dibattistiani, dimaiani, contiani…

Federico Ferraù

Monday, April 05, 2021

I grillini e la roba: quanto vale il loro database?

Dagli stipendi ai debiti con Rousseau, i soldi determinano molte decisioni politiche M5S: in gioco c'è il cuore del Movimento

di Mauro Suttora

HuffPost, 5 aprile 2021

“La Chiesa e la roba”, si intitolava un articolo pubblicato dal settimanale Il Mondo il 17 maggio 1960. L’autore, il radicale Ernesto Rossi, sosteneva che fosse la Roba, cioè i soldi, a orientare non poche scelte del Vaticano.

Oggi scopriamo che la Roba determina anche molte decisioni politiche dei grillini. È il cospicuo monte stipendi dei loro 240 parlamentari, infatti, a renderli assai riottosi rispetto alla promessa di lasciare il seggio dopo due mandati, per evitare il professionismo politico. 

E sono 450mila euro quelli in ballo con la società Casaleggio ereditata da Davide, il figlio del fondatore. Lui pretende il saldo di questa cifra non versata dai parlamentari (300 euro mensili ciascuno) per continuare a fornire i servizi di democrazia diretta, marchio di fabbrica del Movimento 5 stelle: primarie online, referendum, ratifiche di espulsioni, gestione del blog.

Loro non vogliono più dipendere dalla sua piattaforma Rousseau, la quale però contiene lo strumento più prezioso del M5S: l’elenco degli iscritti, la mailing list, il database. Che, in un partito senza sedi né dirigenti locali, organizzato solo su web, rappresenta il cuore del sistema. 
La società Casaleggio non ha mai aperto a nessuno questo scrigno. Incredibilmente, neanche i massimi dirigenti nazionali grillini, da Di Maio a Taverna, da Fico allo stesso Grillo, hanno accesso all’indirizzario dei circa 190mila aderenti.
 
Se un deputato vuole organizzare un evento nel suo collegio, non può invitare gli iscritti della sua città. Il povero Crimi, quando nel 2016 il candidato sindaco di Milano fu scelto con primarie vere, fisiche, dovette verificare una a una l’iscrizione di ogni votante su un computer al seggio del voto. La srl Casaleggio negò l’elenco perfino a lui, fidato proconsole lombardo.

Quanto può valere commercialmente, allora, questo mitico database M5s? 
“I database hanno un valore estremamente variabile, che dipende dal numero di soggetti contenuti, dalla quantità di dati e dalle condizioni che rendano possibile e lecita la cessione”, spiega uno dei massimi esperti italiani di diritto informatico e privacy, l’avvocato bresciano Federico Vincenzi. “Sono come una casa di valore enorme: se si scopre che è abusiva, il prezzo crolla. Egualmente, puoi avere migliaia di dati, ma senza un consenso valido per la loro cessione non si possono trasferire a nessuno”. 
E quindi? “Non so quali consensi ci siano nel database M5s. Dubito però che siano sufficienti a giustificare la cessione, o addirittura una vendita”.
Perchè? “Il Tribunale di Roma ha definito il rapporto tra utente e Facebook ‘contratto a rilevanza sociale’. Perciò alcune piattaforme, e Rousseau per definizione, non possono essere considerate semplici portali privati: incidono sul dibattito politico, sul futuro del Paese. Credo quindi che i dati delle persone, che si sono iscritte perché vorrebbero - ahimè, il condizionale è d’obbligo - partecipare direttamente al processo democratico, non possano essere oggetto di trattative o cessioni come se si trattasse di semplici dati da cedere per fini pubblicitari”.

Vede una via d’uscita? 
“Quella più naturale sarebbe chiedere un consenso specifico e consegnare solo i dati di chi dice sì. La situazione è inedita, non poteva esser prevista quando la piattaforma è stata creata. Vedo difficile riciclare vecchi consensi. Ne serve uno nuovo. Una seconda ipotesi potrebbe venire ‘dal basso’: gli utenti/elettori che desiderano essere trasferiti alla nuova dirigenza chiedono - come loro diritto - la portabilità: la Casaleggio non potrebbe opporsi”. 
E se non si raggiungesse un accordo? 
“I dati non sono delle parti, ma degli interessati. Non si può giocare con la democrazia. Debiti e crediti vanno regolati a parte. La soluzione non è fare il prezzo dei dati degli elettori”. 

Insomma, la società milanese non può tirare troppo sui soldi. Ora i grillini offrono 150mila per coprire i debiti, più un contratto di servizio per il futuro. Degradando però il rampollo Casaleggio al rango di un qualsiasi fornitore tecnico di assistenza telematica. Addio Rousseau e utopie palingenetiche.

“In ogni caso”, spiega Lorenzo Borrè, legale di molti grillini espulsi, “non ci si può sottrarre al passaggio del voto su Rousseau per approvare le modifiche statutarie che Conte proporrà, perché la piattaforma è attualmente l’unico strumento per votare un nuovo comitato direttivo, come previsto dagli Stati generali di novembre”. 
In realtà Conte è già stato acclamato Capo unico, e agisce come tale. 
“Ma legalmente, senza la ratifica di un voto online Conte non conta nulla”, avverte Borrè.

Insomma, bisogna rispettare lo statuto M5s: per fare inversione a U e tornare al Capo unico, i grillini devono passare per forza da Casaleggio. Senza accordo, il nuovo partito di Conte dovrebbe ricominciare da zero: costruirsi una nuova mailing list di iscritti e forse perfino rinunciare al simbolo. 
Quanto a Casaleggio, potrebbe continuare a usare il suo database solo accusando il nuovo movimento di aver violato lo statuto, per poi eleggere propri dirigenti scismatici.
Scenario fantascientifico. Ai grillini, tramontati gli ideali, non resta che spartirsi la Roba: “Dimmi quanti soldi vuoi”, cantava Zucchero.
Mauro Suttora

Sunday, March 28, 2021

Caos M5s: Grillo-Casaleggio-Conte, quadratura impossibile

intervista a Mauro Suttora

Il Sussidiario.net, 28 marzo 2021

Conte vorrebbe i pieni poteri in M5s, ma Grillo non ci pensa neppure. Intanto Letta spera di cuocere i grillini a fuoco lento, per capovolgere a suo favore l’alleanza

“Sono completamente spaesati, come i comunisti quando Stalin si alleò con Hitler nel 1939-41”. I “comunisti” sono i 5 Stelle, che Grillo ha cercato di rianimare nell’ennesimo show in diretta zoom, senza peraltro risparmiare la bordata dello stop al terzo mandato. 

Il paragone è di Mauro Suttora, giornalista, che parlando con il Sussidiario fotografa in modo impietoso lo stato di salute dei 5 Stelle. 

“Penso che Letta speri di cuocere i grillini a fuoco lento, aspettando un loro ennesimo flop alle amministrative”, ma “Pd e M5s sono condannati ad allearsi, se vogliono contare”. Nessuno dei due, per ora, darà problemi a Draghi.

Qual è, in questo momento, per i 5 Stelle, il primo dei problemi?

L’identità. Non sanno più chi sono. Erano nati per pulire la politica, che però ora li ha sporcati: sono diventati i peggiori trasformisti. Non sanno più cosa vogliono. Né con chi vogliono farlo. Un proverbio romanesco dice: “Se po’ campa’ senza sapé pecché, ma nun se po’ campa’ senza sapé pe cchi”. Sono completamente spaesati, come i comunisti quando Stalin si alleò con Hitler nel 1939-41. 

Non si capisce perché Conte, che aveva ricevuto un’investitura per fare il leader, ancora tentenni. Che cosa sta succedendo?

Conte sta cercando di capire se gli conviene resuscitare il moncherino del Movimento 5 Stelle, il M5s dimezzato dai sondaggi, o creare qualcosa di nuovo. Senza piombare, e venire piombato, in un conflitto con la Casaleggio Associati.

Dunque torniamo sempre alla casella di partenza: in un modo o nell’altro, tutto o quasi ruota intorno a Casaleggio. Davide vuole farsi un partito?

No. Però non vuole neanche perderlo. Anche se l’attuale M5s ormai ha poco a che fare con quello inventato da suo padre, morto cinque anni fa.

Ma perché Davide Casaleggio ha preso un’altra strada?

Sono i grillini ad aver abiurato i princìpi fondamentali del loro Movimento: democrazia diretta, trasparenza, abbattimento dei costi e del professionismo politico.

Nel partito c’è fermento perché nessuno sa cosa si siano detti Letta e Conte. Secondo te hanno parlato solo di amministrative? O di altro?

Intanto si può immaginare come si sentano i vecchi militanti grillini, gente che ha dato quindici anni di vita al Movimento, a essere guidati da un signore, Conte, che non è mai stato neanche iscritto e che tre anni fa era stato pescato per caso come possibile tecnico per un ministero secondario. Conte non ha mai fatto alcuna lotta grillina, è un corpo estraneo. E ora dovrebbe decidere a loro insaputa il loro destino, e per di più con Letta, l’odiato premier Pd del 2013 che i grillini insultavano ogni giorno? Almeno Zingaretti non era mai stato un loro bersaglio. Certo, i due avranno parlato del voto amministrativo di ottobre. Il Pd offre una sola candidatura sicura ai grillini: Fico sindaco di Napoli.

Conte e M5s appoggeranno Letta sul maggioritario?

Al M5s conviene di più il proporzionale, ma dall’alto del loro 17% non sono in grado di dettare condizioni al Pd.

Si dice che Conte non sciolga le riserve perché teme un’emorragia elettorale; tanto varrebbe allora dar vita al partito contiano. Secondo alcuni è definitivamente morto la sera dei 156 voti in senato; tu cosa dici?

Manca ancora mezzo anno al voto nei Comuni, quindi Conte non ha fretta. E un suo partito personale rischierebbe di finire nel nulla come quelli di Monti e Renzi.

Quali condizioni starà ponendo a Grillo, sul versante M5s?

Quella di essere incoronato capo unico dei grillini. Cosa impossibile, perché ci sono anche Grillo e Di Maio. I grillini per ora accettano Conte solo perché ha oltre il 50% di popolarità.

La “safety car” istituzionale del governo Draghi ha riallineato Pd e M5s? Oppure Letta teme una subordinazione del Pd come durante il Conte 2?

Pd e M5s sono condannati ad allearsi, perché da soli non hanno i numeri per fronteggiare il 45% del centrodestra. Penso che anche Letta speri di cuocere i grillini a fuoco lento, aspettando un loro ennesimo flop alle amministrative.

Il pensiero verde è l’ultima opzione scelta da Grillo per attestare i 5 Stelle sulla linea del Piave. C’è concorrenza da quelle parti: anche Sala ha mollato il Pd per diventare verde.

Agli italiani importa nulla del green. Vogliono solo ricominciare a vivere e lavorare dopo il virus. Che ora costringe tutti a evitare bus e metro, usando le auto e avvelenando le nostre città. Che Sala a Milano si auto-definisca verde è divertente. Ma neanche Conte sa cos’è l’ecologia.

Ma chi avrebbe più probabilità di aggregare un fronte verde? il Pd di Letta? Conte da solo al centro? M5s?

Tutto sommato, in mancanza di un forte partito verde, Grillo ha le credenziali più forti. Anche se con idee strampalate come il no Tav, i treni ad alta velocità che inquinano meno di auto, tir e aerei.

A Roma chi vince le comunali?

Penso il centrodestra, se trova un candidato decente. La Raggi verrà battuta al primo turno anche dal candidato Pd.

Chi darà più problemi a Draghi? Letta o la galassia M5s?

Nessuno dei due. Staranno tranquilli fino alle presidenziali di gennaio. L’unico a fare un po’ di sceneggiata continuerà a essere Salvini. Ma solo a parole, per non dare troppo spazio alla destra della Meloni.

Federico Ferraù  

Sunday, February 07, 2021

Caos M5s: scissione inevitabile

LA FINTA SVOLTA VERDE DI GRILLO E' SOLO UN GIOCO DI POTERE

intervista a Mauro Suttora

www.ilsussidiario.net, 7 febbraio 2021

Grillo presenta a Draghi un programma a trazione ambientalista in 10 punti, ma M5s è spaccato e la scissione appare inevitabile

L’adesione al nuovo governo richiede argomenti convincenti, e pare che le grida istrioniche di Grillo si sentissero fino in strada. Ieri, prima dell’incontro con Draghi, l’Elevato ha incontrato i parlamentari M5s alla Camera regalando loro (e a Conte) un show-monologo di tre quarti d’ora. Obiettivo, ringalluzzire i suoi e tenere insieme i pezzi del Movimento. 

Grillo ha deciso di portare in dote al presidente del Consiglio incaricato un decalogo di 10 punti programmatici a trazione nettamente ambientalista. Come dire: eravamo green anche prima del Recovery. In ogni caso M5s resta in difficoltà, spiazzato dal sì della Lega e da una fetta importante di parlamentari che restano contrari.

“Se non fosse intervenuto Grillo avrebbero prevalso i movimentisti di Di Battista” dice Mauro Suttora, giornalista e scrittore, osservatore attento del fenomeno-M5s fin dagli esordi. La scissione è nelle cose, e l’iniziativa di Grillo ha un solo obiettivo".

È una svolta verde?

A me sembra solo una svolta poltronista. I grillini andrebbero al governo anche col diavolo, pur di restare al potere. L’ambientalismo grillino è una barzelletta. Si oppongono ai termovalorizzatori anche se producono riscaldamento gratis: preferiscono che la spazzatura vada in discarica? Dicono no alla Tav, ma i treni ad alta velocità inquinano meno di aerei, tir e auto.

E il tavolino di Conte in piazza Colonna? Dopo due giorni di silenzio nei quali ha incontrato Draghi e la linea del M5s era incerta, il presidente del Consiglio si è intestato una “Alleanza per lo sviluppo sostenibile”. Che cosa significa?

Che la parola “sostenibile” suona bene. La usano sempre anche i peggiori inquinatori, nelle loro pubblicità. Conte non ha mai fatto battaglie ecologiste. Però tutto il Recovery Plan europeo spinge verso l’ecologia, l’Italia dovrà adeguarsi. Ci sono anche tante isterie. Per esempio, senza i contributi pubblici – cioè le nostre tasse – le auto elettriche sarebbero fuori mercato.

Che cosa è successo davvero in M5s dopo l’incarico a Draghi? Nell’arco di un giorno sono passati dal no al sì.

Sono impazziti di rabbia, non se l’aspettavano. Crimi e Taverna hanno detto subito no a Draghi, poi hanno dovuto fare dietrofront. Del resto il soprannome di Crimi fra i grillini è sempre stato “Vito lo smentito”. Come sempre, ha deciso tutto Grillo. A Draghi è bastata una telefonata per incantarlo. Di Maio, Conte e anche il rampollo Casaleggio non contano nulla di fronte a lui.

C’è uno scontro tra Conte e Di Maio per il controllo del partito?

No, entrambi hanno capito che il M5s è morto, alle prossime elezioni non arriverà al 10%. Perché scannarsi per un cadavere? Si riposizioneranno dove conviene meglio.

Potresti essere più preciso?

Ora il Pd fa credere a Conte che sarà ancora il prossimo candidato premier di un’alleanza Pd-Leu-M5s. Più concretamente, Di Maio mira a conservare un posto da ministro anche nel governo Draghi.

Cosa ci dice il fatto che Grillo sia tornato in campo in questo momento?

Che i grillini si stavano spaccando in due: i soliti movimentisti di Di Battista contro i governisti di Di Maio. Se non fosse intervenuto Grillo, avrebbero prevalso i primi.

Secondo un retroscena di Minzolini, Conte sperava che il tentativo di Draghi fallisse per tornare in gioco. Conte lo spera ancora?

Conte e il suo Casalino, come tutti i parvenu, sono obnubilati da delirio di onnipotenza. Tre anni di potere danno alla testa.

Forse Conte non ha più bisogno del partito di cui si è parlato per mesi. Sarà lui a prendersi la leadership dei 5 Stelle?

La leadership dei 5 Stelle non è più interessante. E fra un anno, quando si dovrà trovare un altro premier perché Draghi passerà al Quirinale, anche i sondaggi che ora gonfiano Conte si saranno afflosciati, come capita a tutti i fenomeni quando perdono il potere: Monti, Renzi, perfino Prodi e Berlusconi.

Intanto in M5s c’è sempre chi di Draghi non vuole sentir parlare. Il numero dei contrari viene variamente quantificato: che cosa puoi dirci?

Senza l’intervento di Grillo, la sua base votando su Rousseau avrebbe stracciato Draghi.

I dissenzienti sono guidati da Morra e Di Battista? O le cose stanno diversamente?

Di fronte agli ordini di Grillo sono tornati tutti a cuccia, anche i movimentisti Lezzi e Morra. Dibba è isolato.

Sarà scissione?

Sì, ma con i loro elettori che non li voteranno più.

Che prospettive ha l’alleanza Pd-M5s? Si ha l’impressione che sia più indispensabile al Pd che a M5s anche se il federatore è Conte.

Entrambi i partiti non hanno più linea politica. Sono finiti nell’ammucchiata. Dopo Renzi anche Salvini, aprendo a sorpresa a Draghi, li ha gettati nel panico. Forse per fare politica in Italia oggi bisogna chiamarsi Matteo.

Secondo te come intendono condizionare la partita del Colle?

Al Colle andrà Draghi. La partita fra un anno sarà per il posto da premier. Ma a quel punto voteremo tutti, finalmente.

Federico Ferraù

Friday, November 27, 2020

I soldi (Usa) alla Casaleggio spingono i grillini nel partito di Conte

Un’altra tegola si abbatte su M5s, rendendo ormai impresentabile l’ex partito degli onesti. Il resto lo stanno facendo la Calabria, Berlusconi e il Pd

intervista a Mauro Suttora

di Federico Ferraù

ilsussidiario.net, 27 novembre 2020 

Un’altra tegola si abbatte su M5s. “Casaleggio a libro paga della Philip Morris”: il Riformista svela che la società che controlla il Movimento 5 Stelle “ha incassato da Philip Morris Italia la maxi somma di 1.950.166 euro e 74 centesimi, al netto dell’Iva”. Il giornale diretto da Piero Sansonetti ha visionato bonifici e fatture, dimostrando che la multinazionale Usa ha ricevuto da M5s in cambio una cospicua riduzione delle accise sul tabacco che le ha garantito introiti enormi. Si tratti o no di illecito, il partito dell’onestà riceve un altro duro colpo, che potrebbe accelerare la crisi del governo Conte 2 e la formazione del partito contiano.

“È notevole che a 24 ore di distanza lo scoop sui due milioni di euro della multinazionale Usa delle sigarette alla ditta Casaleggio, che controlla il primo partito italiano, non sia stato ripreso da nessuno, tranne che dal Sussidiario e dall’AdnKronos” commenta Mauro Suttora, giornalista, collaboratore di Huffington Post, già corrispondente dagli Usa per varie testate.

Perché notevole?

Quando capita qualcosa a Renzi, dopo dieci minuti tutti i siti d’informazione sono pieni di notizie, reazioni, commenti. Sui grillini, invece, silenzio. Non c’è neanche la scusa di non fare pubblicità alla concorrenza, perché il Riformista è un piccolo quotidiano neanche distribuito in tutte le edicole, che non rappresenta certo una minaccia per i grandi giornali.

È per il rapporto con Philip Morris che Casaleggio si è sfilato per tempo dalla conduzione di M5s?

Non penso che Casaleggio junior si sia sfilato per questo conflitto d’interessi, anche perché lui non lo considera tale. Ha infatti definito “fantasiosa” la notizia: non perché ne contesti la verità, ma perché prosegue nella commedia di non ritenere la sua Casaleggio Associati il cuore pulsante dei grillini. E naturalmente, come tutti i potenti colti in castagna, ha annunciato querela. Intimidire non fa mai male.

Il Riformista ha analizzato il periodo di fatturazione. O c’è un’inchiesta aperta, e le fatture escono dal fascicolo del pm; o c’è una talpa in Casaleggio; o – più intrigante – per Philip Morris M5s è diventato scomodo. È una multinazionale americana, e negli Usa è cambiato il presidente.

Per la verità la notizia che la Casaleggio fosse a libro paga del colosso del tabacco è uscita in parte già un anno fa sul Fatto Quotidiano prima che Travaglio si appiattisse a sogliola su Conte e i grillini. Ma si parlava solo di qualche consulenza mensile da 50mila euro. Ora invece si scopre che questi versamenti proseguono da due anni, fino a raggiungere la cifra – enorme per una piccola società come la Casaleggio – di 2,3 milioni.

E sulla fonte?

Sulla fonte non so nulla. Potrebbe essere una talpa grillina, della corrente governista di Di Maio ormai in rotta con i movimentisti del rampollo Casaleggio e di Di Battista.

In un modo o nell’altro, l’onestà era già perduta. Restano gli oscuri legami esteri, prima con il Venezuela, poi con una multinazionale Usa. Cosa dobbiamo pensare?

Diceva Montanelli: “Ho incontrato tanti mascalzoni che non sono moralisti, ma nessun moralista che non sia anche un mascalzone”. I grillini fanno la morale a tutti gli altri partiti da ben 13 anni, il primo Vaffa-day è del 2007. Ma ci hanno messo poco ad adeguarsi agli “incassi” dei politici.

A chi pensi?

L’eurodeputato 5 Stelle Giarrusso, ex Iena tv, è stato beccato a incassare dalla stessa Philip Morris 14mila euro per le sue spese elettorali. Fino a poco tempo fa un grillino che avesse osato farsi propaganda personale sarebbe stato espulso sui due piedi. Ricordo che l’ex eurodeputato Tamburrano e la Taverna declinarono mie offerte di intervista perché, dicevano, “poi i nostri colleghi ci massacrano accusandoci di esibizionismo”.

Forse i soldi a Giarrusso e a Casaleggio fanno parte di un unico “pacchetto” della lobby del tabacco.

Può darsi. Ottimo investimento, peraltro: il governo grillino ha abbassato le tasse alla Philip Morris per decine di milioni. Povero Di Battista, che per anni ha tuonato contro lobbies e multinazionali del tabacco. Da notare che la Casaleggio prende soldi anche da Lottomatica, in barba alle crociate grilline contro i giochi d’azzardo e la ludopatia, e da un oligopolista come Onorato, che controlla sia Moby che Tirrenia. Avete provato a prendere un traghetto per la Sardegna in agosto? Prezzi modici?

Il Sussidiario ha dedicato diversi articoli alla crisi della sanità in Calabria, una casamatta dei 5 Stelle. È un fronte pericoloso solo per M5s o anche per Conte e il governo?

Il Sud è stato il granaio dei grillini, e sarà la loro tomba. Alle regionali due mesi fa in Campania e Puglia sono crollati dal 40 al 12 per cento. Ma già alle precedenti elezioni in Calabria, vinte dalla povera Jole Santelli insultata dal ras grillino calabro Morra, il M5s si era liquefatto. Il governo Conte si regge su 300 parlamentari grillini che perderebbero quasi tutti il seggio, se si votasse. 

Forse per questo Conte sta tessendo la trama di un suo partito, di cui si parla da tempo. Ha un futuro?

Certo. Il partito neodemocristiano di Conte è accreditato del 10% dai sondaggi. Il commissario Arcuri, attraverso la sua Invitalia, sta innaffiando con 280 milioni di finanziamenti pubblici il collegio elettorale pugliese del premier. E non è un caso che un ministro grillino come Spadafora sia un ex Udeur. Non per nulla l’insulto più sanguinoso rivolto da Di Battista ai governisti è: “State diventando come l’Udeur”.

Confermi quello che ci avevi detto, pronosticando l’avvicinamento a Conte dei parlamentari grillini più capaci?

Sì. Anche Crimi, che da dieci anni era il proconsole della Casaleggio in Lombardia, l’ha mollata per mettersi con Di Maio. E pensare che Casaleggio padre lo aveva salvato, nonostante fosse stato trombato alle regionali del 2010.

Il partito contiano sarebbe un contenitore centrista. Ha o avrebbe ancora, come si diceva qualche tempo fa, il placet di Oltretevere?

Certamente. Non dobbiamo mai dimenticare che Conte è uno dei prodotti meglio riusciti del convitto romano Villa Nazareth del potentissimo cardinale di sinistra Silvestrini, guidato dall’attuale segretario di Stato vaticano Parolin.

Il Corriere scrive che a qualcuno nel Pd non dispiacerebbe votare a maggio. Lo credi possibile?

Finché il Pd nei sondaggi resta inchiodato al 20% e Renzi al 3%, difficile che lo auspichino.

L’altra ipotesi sarebbe l’agognato rimpasto di governo. È uno scenario più realistico? Attenzione però: in un rimpasto si sa come si entra, ma non come si esce.

Infatti. In teoria, se si cambiasse solo qualche ministro, Conte verrebbe rafforzato: inutile far cadere un governo appena rinnovato. Ma ormai molti nel Pd dicono “rimpasto” per dire “via Conte”, considerato troppo logoro e anche invadente: pare faccia di tutto per accumulare potere nei gangli del sottopotere e parastato, piazzando fedelissimi e avocando competenze alla presidenza del Consiglio.

Federico Ferraù

Monday, November 16, 2020

Grillini: la base sta con Di Battista

Conte farà un partito con Di Maio


intervista a Mauro Suttora


ilsussidiario.net, 16 novembre 2020


Si sono conclusi gli Stati generali di M5s. La crisi resta e si acuisce: nel partito prevalgono i furbi alla Di Maio, la base sta con Di Battista


Come sono lontani i tempi di Casaleggio. Non quelli di Davide, ma del padre Gianroberto. Una visione avveniristica, la sua; seducente, furba, per molti versi pericolosa. È a lui che pensano probabilmente i pochi militanti rimasti, quando contemplano l’esito degli “Stati generali”, assemblea – virtuale, è d’obbligo – di un Movimento 5 Stelle che cerca di non ridursi a gioco di poltrone.


La due giorni del Movimento si è conclusa fissando tre risultati: guida collegiale, alleanze programmatiche ma non strutturali con gli altri partiti, vincolo del doppio mandato. Ma gli Stati generali restituiscono un partito in crisi profonda, tutto meno che trasparente, spaccato tra movimentisti e governisti, “arrivisti e banderuole”, dice Mauro Suttora, giornalista, osservatore clinico dei 5 Stelle fin dagli esordi. “Sopravvivono solo grazie al virus, come il governo Conte. Ma la base sta con Di Battista”.


Il risultato di questo congresso politico anomalo rafforza o indebolisce Conte, presidente del Consiglio indicato dai 5 Stelle?


Questa parodia di congresso lo indebolisce, perché i grillini sono spaccati. Ma ormai Conte è riuscito a separare il suo destino dal loro. Anzi, se nel M5s prevarranno Di Battista e Casaleggio jr, lui potrà diventare, con una sua lista, il rifugio di molti grillini “democristiani” come Di Maio o Spadafora.


Le tue osservazioni sui meccanismi di designazione dei 30 “delegati” nazionali?


Sono riusciti a inventare le elezioni con risultato segreto. Su un migliaio di candidati, hanno pubblicato solo i nomi dei primi 30, senza specificare quanti voti hanno avuto ciascuno di loro, e quanti i non eletti. Mi sembra un delirio, e fanno bene Casaleggio e Di Battista a pretendere di conoscere i risultati. Soprattutto in un partito che era nato in nome della trasparenza.


Sarà “guida collegiale”. O dobbiamo aspettarci che questa formula serva ad avallare la leadership di qualcuno?


Ormai nei grillini ci sono due poli: i governisti filo-Pd per convinzione (Fico) o convenienza (Di Maio) e i movimentisti: anche qui per convinzione (Di Battista) o convenienza (Casaleggio). Altri big come Paola Taverna cercano di barcamenarsi, ma il solco è quello. La maggioranza del nuovo direttivo con sette posti verrà decisa dal metodo elettorale che sceglieranno. Ma la base sta con Di Battista.


Di Maio esce rafforzato dagli Stati generali?


Direi di no. Nelle votazioni delle assemblee regionali e dei 30 “oratori” nazionali ha prevalso Di Battista. Soprattutto sul divieto di secondo mandato.


È arrivato da più voci un no ad alleanze strutturali. È realmente possibile per M5s oggi stare da soli?


È un finto problema. Grillini e Pd possono correre separati e coalizzarsi dopo il voto, come succederà alle comunali in primavera.


Come valuti la parabola recente di Davide Casaleggio, da dominus dietro le quinte fino alla sua non partecipazione?


In un movimento è difficile che la leadership si trasmetta ereditariamente, i grillini non sono la Corea del Nord. Bisogna vedere se il rampollo Casaleggio andrà d’accordo con Grillo, più che con Di Maio.


Tu hai detto più volte che la scissione è nelle cose. Cosa farà di Battista?


Di Battista cercherà di non farsi fregare da Di Maio e Spadafora che sono dei politici vecchio stile, tecnicamente perfetti, furbissimi. Probabilmente non ci riuscirà, perché è troppo egocentrico ed esibizionista per far carriera in politica. Lo vedo volteggiare a “Ballando con le stelle” in tv.


Che cos’è oggi M5s? Un fu movimento, un partito mancato, qualcosa di nuovo?


Il M5s non esiste più dalle europee del 2019, quando dimezzò i suoi voti al 17%. Alle regionali di due mesi fa è ulteriormente crollato al 7%, e al 3% in Veneto. Sopravvive solo grazie al virus, come il governo Conte. La pandemia ha mummificato entrambi, prolungandone l’agonia. Ormai è accanimento terapeutico.


Chi deciderà davvero? Di Maio? Grillo, apparentemente assente? O Conte?


Quando Grillo uscirà dalla sua depressione, vedremo cosa dirà. Ma lo capisco: vedere la sua creatura ridotta così, in mano ad arrivisti e banderuole che passano indifferentemente dalla destra di Salvini alla sinistra, è sconfortante. Lo hanno detto molti attivisti alle assemblee locali: “Rischiamo di cambiar nome in Movimento 5 Poltrone”. Ma sono stati gentili con i loro capi: non è un rischio, è una certezza.

Federico Ferraù 

Sunday, November 15, 2020

Casaleggio jr: chi di segreto ferisce, di segreto perisce

di Mauro Suttora

Huffington Post,15 novembre 2020


Davide Casaleggio attacca i vertici grillini che nascondono i voti ottenuti dai trenta oratori ammessi a parlare nei loro ‘stati generali’.

Si tratta dell’unica occasione da anni in cui i ‘registrati’ al Movimento 5 stelle hanno potuto esprimere una preferenza fra i loro capi, e le diverse tendenze che rappresentano: Di Maio, Di Battista, Taverna, Fico. Importantissima, quindi.

È naturale allora volerne conoscerne i risultati, come peraltro avviene da 2.400 anni in democrazia: dopo le elezioni i voti si contano e il risultato viene annunciato.

Ma i grillini no. Loro sono diversi. Si ritengono più democratici degli altri. Quindi hanno inventato le votazioni con risultato segreto. Unico caso al mondo, conclavi a parte.

I fautori della non trasparenza così si giustificano: questa consultazione è servita solo per decidere a chi concedere il diritto di parola, fra i mille che si sono candidati. Non ha un significato politico, non vuole creare divisioni, non deve influenzare le vere elezioni del direttivo, che si terranno dopo gli stati generali. Un po’ gli stessi motivi per cui i sondaggi vengono vietati negli ultimi 15 giorni prima delle elezioni.

Non si capisce tuttavia in che modo sapere che l’uno ha preso x voti e l’altro y pregiudicherebbe il risultato finale. Si sussurra infatti che Di Battista (il preferito di Casaleggio) abbia ricevuto molti più voti di Di Maio. Ma questo potrebbe spingere gli iscritti sia a salire sul carro del vincitore, sia al contrario a contrastarlo, mobilitando gli avversari. 

I politologi li chiamano effetti ‘bandwagon’ e ‘diga’. I democristiani hanno governato per mezzo secolo l’Italia non tanto grazie a meriti propri, quanto per la paura che incutevano gli avversari comunisti.

Ma non pretendiamo che i grillini apprezzino tali finezze metodologiche. Quel che è sicuro, è che Casaleggio junior è l’ultimo titolato a protestare contro questa censura. Perché l’ha sempre praticata.

Anche nel 2014, infatti, le primarie grilline per le elezioni europee nascosero le preferenze ottenute dai candidati. Furono rivelati solo i nomi dei vincitori, per deciderne il posto in lista. E chi protestò venne espulso.

Chi di segreto ferisce, insomma, di segreto perisce. E la società Casaleggio ha sempre gestito il M5s con metodo proprietario, sospettoso fino alla paranoia. Chi dissente è subito dissidente.

Alle primarie per il sindaco di Milano nel 2016, per esempio, fra le pochissime a essere effettuate con voto fisico e non online, i Casaleggio padre e figlio rifiutarono perfino di consegnare gli elenchi degli iscritti. Cosicché ricordo che per sapere chi aveva diritto a votare, al povero Vito Crimi (allora, diversamente da oggi, fedele ai Casaleggio e anzi loro proconsole in Lombardia) toccò installare vicino all’urna dei computer in cui i votanti dovevano digitare la propria password per dimostrare che potevano accedere al blog di Grillo.

Tuttora, incredibilmente, il principale partito di governo italiano tiene segreti gli elenchi degli aderenti perfino ai suoi eletti più importanti. Neanche a Di Maio o Taverna, quando organizzano un evento a Pomigliano o a Roma, è permesso invitare tramite mail gli iscritti locali. I loro nomi sono custoditi gelosamente da Davide Casaleggio.

Ecco la battaglia che divamperà fra i grillini nelle prossime settimane e mesi: quella per il possesso della mailing list nazionale, con 180mila registrati. Preziosissima, in un movimento organizzato esclusivamente online. Difficilmente la società Casaleggio vi rinuncerà: nel marketing questi indirizzari valgono milioni. 

Il grottesco voto segreto di oggi, quasi nordcoreano, è solo l’antipasto delle contraddizioni che lacereranno i grillini: promettevano di essere i più democratici e trasparenti, ma oggi somigliano a Scientology. 

Friday, October 02, 2020

I grillini non esistono più, al nord hanno preso il 3%

CAOS M5S/ “Grillo resta il leader, il Pd pensa a Fico, il mistero è Di Maio”

intervista a Mauro Suttora

www.ilsussidiario.net

2 ottobre 2020 

Movimento 5 Stelle sempre più spaccato dopo la batosta elettorale: è rivolta contro Casaleggio. A contendersi la leadership saranno Di Maio, Di Battista, Fico o Taverna

Mentre il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha incontrato a Roma Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, il Movimento 5 Stelle dopo la batosta elettorale appare sempre più disorientato e spaccato. Ne abbiamo parlato con Mauro Suttora, giornalista e scrittore, attento al fenomeno-M5s fin dalla sua nascita, che ci ha confermato come il M5s di fatto non esista più: “Alle ultime elezioni ha preso il 7% a livello nazionale, il 3% al Nord. Contando gli astenuti, significa che hanno preso l’1,5%, in pratica non esiste più, anche se resta questo cadavere ambulante che è il gruppo parlamentare, che in Parlamento vale comunque sempre il 32%”. E aggiunge: sono quattro i big che possono aspirare a prendere la leadership di quello che resta: Di Maio, Di Battista, Taverna e Fico. 

Facciamo il punto sul M5s. Il Movimento è spaccato; chi ha in mano il pallino in questo momento? Grillo? Casaleggio? Di Maio attraverso Crimi?

Grillo è sempre quello che conta di più.

In che senso?

Nessuno oserà mai mettersi contro di lui, neanche Di Battista.

In realtà Grillo sembra piuttosto fuori dalla scena politica. In che modo è la figura più importante?

Basta pensare che un anno fa ha benedetto l’alleanza con il Pd e che ha detto di andare avanti così anche l’anno prossimo quando si voterà nelle quattro più importanti città italiane, Torino, Milano, Roma e Napoli. Al massimo si possono presentare separati al primo turno e allearsi al secondo.

Casaleggio invece?

Lo vedo male. Ha sbagliato a mandare il messaggio a tutti gli iscritti, si fa per dire, sarebbe meglio dire i registrati a Rousseau. Una mail tremenda in cui accusa decine di parlamentari di non pagare i 300 euro al mese alla Casaleggio e di essere indietro con le restituzioni dello stipendio, che poi su 12mila euro netti ne versano 1.700 al mese. E anche su quello molti sono indietro. In sostanza ha contro tutti i parlamentari.

Di Maio e Crimi?

Non vanno molto d’accordo. Crimi non esiste più, è scaduto il suo tempo.

Però è sempre in tv.

Perché formalmente è ancora il capo, doveva restare fino agli Stati generali, è stato miracolato dal coronavirus.

Quindi tra i due non c’è alcun legame?

No. E poi Crimi è irrilevante. Il problema sono Di Maio, Fico, Taverna e Di Battista, i quattro big.

Che non vanno d’accordo, giusto?

Giusto, però ci sono aspetti trasversali. Di Battista è movimentista, per cui è contro l’alleanza con il Pd; anche la Taverna è movimentista amata dalla base. In teoria sarebbe contraria al Pd, però sta buona perché fedelissima di Grillo. In sostanza è alleata con i governisti di Di Maio.

Ecco, Di Maio: è solo soletto?

No, ha tutti i governisti e i parlamentari, non si sa quanti, non si sa neanche quanta base ha. Non è mai stata fatta una votazione in cui ci fosse il gradimento per Di Maio da quella volta che fu votato capo politico. E poi c’è tutta la classe intermedia che è importante.

Sarebbe?

Tutti i consiglieri e assessori comunali e regionali, che saranno almeno un migliaio. Se i parlamentari si stanno emancipando da Casaleggio, questa fascia intermedia ha protestato perché i parlamentari hanno fatto la riunione congiunta una settimana fa per prendere in mano il Movimento. Giustamente hanno imposto a Crimi di dire ai giornali che faranno una riunione anche loro. Essendo il M5s un movimento che non ha mai avuto un concetto democratico di dialogo e discussione interna, è difficile  riuscire a trovare un accordo; sono abituati da dieci anni a prendere ordini da Casaleggio padre e figlio.

Articolisti e retroscenisti scrivono di una intesa crescente tra Zingaretti e Di Maio. Ti risulta? Con quali prospettive? 

Fico, che comanda l’ala di sinistra, è felicissimo di questa intesa, il Pd lo porta in braccio per candidarlo a sindaco di Napoli.

Di Maio riprenderà il controllo politico di M5s?

Potrebbe anche darsi: in nome delle poltrone e degli stipendi. Se fossi un eletto grillino starei con lui per rimanere appiccicato allo stipendio. Ma la cosa più importante è che dopo le elezioni regionali il bluff si è svelato.

Cioè?

Non esistono più, hanno preso il 7% a livello nazionale, il 3% al Nord, contando gli astenuti hanno preso l’1,5%. In pratica non esistono più, resta questo cadavere ambulante che è il gruppo parlamentare, che vale sempre il 32% dei seggi.

Conte oggi come viene percepito dai grillini?

In privato lo insultano, lo chiamano un democristiano arrivista che non c’entra niente con il Movimento, però sono costretti a difenderlo in pubblico per difendere il governo e quindi per difendere loro stessi.

I 5 Stelle diranno sì al Mes così come hanno aperto a modifiche al reddito di cittadinanza?

Diranno di sì a tutto, già si sapeva, chiedevano solo di aspettare le regionali per non perdere altri voti.

Conte e Di Maio come possono dare rassicurazioni a Pompeo sul 5G e simpatizzare con la Cina? Come stanno le cose?

Intanto Di Maio e Conte devono aspettare chi vince in America alle presidenziali, poi troveranno un modo. Come galleggiano loro non glielo insegna nessuno, sono come la vecchia Democrazia Cristiana. Peccato che il Recovery Fund non arriverà fino a chissà quando e che nel frattempo l’economia vada a rotoli.

Paolo Vites

 

Friday, August 14, 2020

Rousseau, Tridico, Raggi: la caduta delle stelle

IL VOTO-FARSA PER LA POLITICA A TEMPO PIENO, LA SCENEGGIATA INPS SUI BONUS, L'AUTOCANDIDATURA DELLA RAGGI

intervista a Mauro Suttora

ilsussidiario.net, 14 agosto 2020

Dopo l’annuncio lampo di ieri l’altro, da ieri alle 12 fino a mezzogiorno di oggi gli iscritti alla piattaforma Rousseau voteranno per decidere sulla deroga al limite dei due mandati. La deroga consiste nel non conteggiare più, nel conteggio dei mandati, che per gli iscritti al Movimento resteranno al massimo due, l’incarico di consigliere comunale. Questo permetterebbe a Virginia Raggi di ricandidarsi a sindaco, visto che la sindaca, prima dell’attuale mandato alla guida di Roma, è stata consigliere comunale di opposizione durante la giunta Marino. Inoltre, si voterà sul via libera ad accordi sulle elezioni amministrative con gli altri partiti.

Intanto nel Movimento si sta avvicinando una pericolosa resa dei conti, perché sull’altare della sopravvivenza del Governo si sacrificano le poche battaglie identitarie rimaste. Secondo Mauro Suttora, giornalista, esperto del fenomeno M5s, il voto su Rousseau è finta democrazia, e ormai i grillini sono assuefatti al palazzo: “Il risultato di oggi sarà, come sempre, la ratifica della decisione presa dai capi. E ormai la base dei meetup è composta da amici degli eletti e carrieristi della politica”.

Perché prima si ricandida la Raggi e poi si fa il referendum per la deroga di cui la sindaca aveva bisogno? Non si potevano invertire gli eventi?
Questo fatto dimostra una volta in più la finta democrazia interna del Movimento, che dal 2012 cambia linea a colpi di votazioni online che non hanno nulla di democratico: lo prova il fatto che dal voto non è mai uscito nulla di diverso rispetto a ciò che era stato deciso dai capi.

Sono semplici ratifiche di scelte prese dall’alto?
Sì, ed è successo anche stavolta, col “daje” di Grillo in sostegno alla Raggi. E poi queste votazioni prêt-à-porter, che si annunciano da un giorno all’altro in pieno agosto, non hanno nulla della democrazia, che ha regole ma anche tempi. La democrazia diretta potrebbe essere una cosa seria, ma deve dare a chi vota alternative credibili o almeno di pari dignità, oltre che il tempo necessario a farsi un’idea.

Solo Buffagni si è opposto al cambio delle regole, scrivendo che “ogni volta che deroghi a una regola praticamente la cancelli”, e poi ha chiesto di rinviare il tema agli Stati generali del 4 ottobre. Può avere il sostegno di qualcuno nella base, o di Casaleggio?
Seguendo i vari gruppi Facebook 5 Stelle dove c’è ancora un po’ di dibattito, molto ridotto rispetto a un tempo, vedo che la maggioranza di loro è contraria al cambio delle regole. Anche perché molti sono a favore del limite di due mandati solo perché stanno aspettando di prendere il posto di chi è in carica. Poi resta il problema di chi può votare su Rousseau. Per iscriversi basta una copia della carta d’identità, non costa niente. E quello che non costa niente non vale niente.

Lei parla di una base dei 5 Stelle in ripiegamento. Esistono ancora i meetup di un tempo?
No, oggi sono composti solo da amici e parenti degli eletti o da coloro che, semplicemente, vogliono fare carriera politica. È diventato un partito come tutti gli altri, come ha rinfacciato loro la Meloni.

Anche se, a differenza di tutti gli altri, ormai ha perso qualsiasi riferimento identitario.
Dopo aver mollato la Lega, per il Pd i 5 Stelle hanno fatto qualsiasi cosa.

Riguardo al bonus 600 euro preso dai politici, non sarebbe meglio fare dei distinguo?
Sì, il presidente dell’Inps Tridico ha detto che hanno un elenco di 2mila politici locali, ma tra questi ce ne saranno solo un centinaio a cui la politica dà uno stipendio per campare. Gli altri sono consiglieri comunali che devono continuare a lavorare, e se sono partita iva hanno diritto al bonus.

La fuga di notizie potrebbe essere stata decisa dallo stesso Tridico, che è un ex candidato dei 5 Stelle per il Governo. Si pone un problema di indipendenza dell’Inps?
Certo. Una volta che è filtrato che ci sono 3 o 5 parlamentari che hanno preso il bonus, e dei due leghisti sono già uscite le foto, è inutile continuare la commedia…

Se invece la commedia si allunga, non sarà per rinforzare il sentimento antipolitico in vista del referendum sul taglio dei parlamentari?
È uno scenario che vedono in molti, anche perché per i grillini il referendum è l’ultima chance di riprendersi. E magari fare qualche punto in più alle elezioni nelle sette Regioni dove si vota il 20 settembre.

Tridico rischia di doversi dimettere, cosa che chiede anche Renzi sulla fuga di notizie?
Sì, anche perché non esiste che un ente pubblico metta così alla berlina la classe politica. Un tempo l’Irpef pubblicava il reddito delle persone, ma era risaputo. Il garante della privacy ha ragione a dire che gli eletti non hanno diritto alla riservatezza sul sussidio, ma questo doveva essere chiaro prima, non si può decidere adesso.

Qualcuno ha detto che la ricandidatura della Raggi è stata fatta per contrastare Conte, accusato di flirtare troppo col Pd.
Questa uscita della Raggi è sicuramente un colpo al Pd e una strizzata d’occhio al centrodestra. Se Pd e 5 Stelle vanno separati al voto su Roma, a meno che il centrodestra non prenda subito il 51% al primo turno, i 5 Stelle avranno le mani libere su chi sostenere al ballottaggio. A cui sicuramente la Raggi non arriverà.

Ci sono opinioni contrastanti sul consenso alla Raggi, in assenza di sondaggi disponibili. Lei la vede messa così male?
Dovrebbero fare un sondaggio, ma, contrariamente ai grillini che addirittura votano, i sondaggisti sanno che ad agosto è impossibile. Dubito che la Raggi arrivi al secondo turno, non credo supererà il 10-12%. E al ballottaggio potrebbe sostenere la destra: ha fatto il praticantato nello studio di Previti, e Di Battista è vicino a Paragone e ad altri fuori dal Movimento con posizioni sovraniste, vicine alla destra.

Vede la possibilità di una scissione dentro il Movimento?
La scissione è sicura, bisogna vedere quando. Sicuramente il 21 settembre sarà un punto di svolta.

E dopo ci saranno gli Stati generali, il 4 ottobre.
Bisogna capire se Davide Casaleggio andrà apertamente allo scontro con Grillo oppure no. Casaleggio vorrebbe che si rispettasse il vincolo dei due mandati.

L’identità dei 5 Stelle è definitivamente persa?
Il Pd e i giornali di sistema li spingono all’omologazione, parlano di 5 Stelle che “diventano grandi”. Ma in realtà i 5 Stelle stanno perdendo il motivo per cui esistono. Possono solo puntare sull’effetto trascinamento del referendum, che sicuramente vinceranno.

Ne è sicuro?
Se diamo alle persone la possibilità di tagliare i costi della politica, 8 su 10 votano sì.

Il vento dell’antipolitica continua a soffiare forte?
Certo, come insegna La Casta, il libro di Stella e Rizzo uscito ben tredici anni fa. Un esempio: negli anni 80, Palazzo Chigi occupava 2-3 palazzi a Roma. Oggi ne ha 10. Va detto poi che tutti i grillini sono assuefatti alla politica, vanno in giro con la scorta e l’auto blu. E il sindaco 5 Stelle di Campobasso, con uno stipendio da 4mila euro, ha preso il bonus. Fico che da presidente della Camera viaggia in autobus è un lontano ricordo.

Ha vinto il palazzo?
Sono durati meno della Lega del 1992, quella che entrò in Parlamento al grido di Roma ladrona.
Lucio Valentini