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Tuesday, January 16, 2024

L'Etna a pagamento? Allora mettiamo anche un ticket per guardare le Alpi. Consigli fantasmagorici per Santanchè









di Mauro Suttora

Come un vulcano, la ministra del Turismo erutta idee fantastiche. E allora qualcun'altra gliela diamo noi, ancora più spettacolare

Huffingtonpost.it, 16 gennaio 2024

Come un vulcano, la ministra del Turismo Daniela Santanché erutta idee fantastiche. Oggi, intervistata da Milano Finanza, ha detto che vuole far pagare di più i turisti che vengono in Italia: "Dobbiamo sfruttare al meglio il nostro patrimonio storico, artistico e culturale. Non può più essere gratis tutto per tutti. Bene ha fatto il ministro Sangiuliano con il Pantheon dove, dopo l’introduzione dell’ingresso a pagamento, i visitatori sono cresciuti. In Spagna si paga per entrare nelle chiese, in Francia o in Grecia si paga anche l’aria che si respira. È giusto allinearci al modus operandi dei nostri competitor e mettere a reddito le nostre bellezze".

Fin qui tutto abbastanza ragionevole, a parte l'ossigeno francese e greco per i quali non risultano ticket. Purtroppo però poi l'intervistatore ha voluto approfondire: "Un esempio?" E lei: "Abbiamo un vulcano vivo, l’Etna. Gli americani fanno pagare per vedere vulcani finti, e noi non riusciamo a mettere a reddito l’Etna".

Poiché le eruzioni dell'Etna, come quelle di Daniela, sono uno spettacolo della natura, ci chiediamo in che modo ricavare in concreto soldi dal vulcanone. Predisporremo caselli nelle strade che gli passano attorno, da Acireale a Bronte, da Troina a Nicolosi? Le viste più belle poi sono quelle aeree: imporremo un sovrapprezzo ai velivoli in arrivo e partenza dall'aeroporto di Catania? 

L'arrembante ministra illustra così il suo programma: "Fino ad oggi abbiamo subìto il turismo, il passo in avanti è quello di organizzarlo". Qualche mese fa aveva lanciato un indizio: il "glamping". Premessa briatoregna: "La ricchezza non dev'essere una bestemmia, non va criminalizzata. Perché in economia è l'alto che fa crescere il basso. Non è mai avvenuto il contrario". Ed ecco l'illuminazione: "La tendenza oggi è sui glamping".

Che poi sarebbe la fusione fra glamour e camping. Concetto nato una ventina d'anni fa in Gran Bretagna, significa "campeggi di lusso". Quindi sì, tende o casette in legno, roulottes e bungalow. Ma a 5 stelle, e con prezzi da Twiga. Per quelli da realizzare alle pendici dell'Etna, particolarmente consigliabili le "bubble room": stanze trasparenti progettate con materiali adatti a resistere alle alte temperature. Per chi volesse provare un brivido supplementare, vanno installate ai bordi dei crateri e lungo i percorsi della lava incandescente.

Ma non solo Etna. Per strizzare ulteriormente le tasche dei turisti, come se non bastassero i prezzi di alberghi e ristoranti (pardon: "fudenbeveregg", copyright Flavio) schizzati alle stelle dopo la pandemia, va reso a pagamento il percorso di tutte quelle strade, dette "panoramiche", che negli atlanti dei nostri genitori erano orlate di verde. Cosicché dalla val Ferret al Salento, dalla val d'Orcia alla costiera amalfitana, sarà un fiorire di numeri chiusi, app di prenotazione, giovanotti assunti per distribuire scontrini e controllare targhe.

Hanno già cominciato sulle Dolomiti, dove dalla prossima estate è annunciata la chiusura di alcune strade attorno a Cortina per i malcapitati che non si doteranno di pass giornalieri od orari con largo anticipo. I nuovi padroni delle nostre vacanze saranno i sensori online che scandiranno la durata dei minuti da dedicare alla contemplazione dei principali panorami. E come unica, estrema difesa contro questa strategia Santanché a noi piccoloborghesi frustrati non resterà che una sega fantozziana: quella con cui il misterioso vendicatore veneto sta facendo giustizia degli autovelox.

Sopra di noi, intanto, volteggeranno indisturbati e impuniti gli elicotteri dei vip: perché "è sempre l'alto che fa crescere il basso", come ci insegna Danielona. 

Thursday, August 03, 2023

Caro Briatore, ma pure lei considera diffamatorio essere indicati come clienti del Twiga?



In un’intervista al Corriere giustifica la querela mossa da Boccia al Foglio: “Se hanno scritto il falso, fa bene”. Ma, anche se è falso, non è infamante: almeno lui dovrebbe pensarlo e dirlo

di Mauro Suttora

Huffingtonpost.it, 3 agosto 2023

Inarrivabile Flavio Briatore. Oggi sul Corriere della Sera dice all'intervistatrice Candida Morvillo che Francesco Boccia, presidente dei senatori pd, ha fatto bene a querelare il quotidiano Il Foglio per averlo indicato come frequentatore del Twiga. Ma come: lo stesso proprietario dello stabilimento balneare di Marina di Pietrasanta (Lucca) considera diffamatorio essere accostati al suo locale?

Contestualizziamo. Daniela Santanchè, ministra del Turismo e senatrice di Fratelli d'Italia, indagata per bancarotta e falso in bilancio, subisce un dibattito parlamentare con la richiesta di dimissioni da parte delle opposizioni. Per difendersi contrattacca: "Quanti di quelli che ora mi accusano sono stati miei ospiti al Twiga?"


La perfida Santanchè non fa nomi, ma il superperfido Foglio scrive che a quel punto molti senatori si sono voltati verso l'abbronzatissimo Boccia. Il quale fa subito partire un comunicato stampa del gruppo per annunciare vie legali.

Vera o falsa, la frequentazione del Twiga non dovrebbe apparire disdicevole. Soprattutto per il suo proprietario, al quale Santanchè ha girato metà della propria quota di proprietà dopo la nomina a ministro (l'altra metà è andata al suo compagno Dimitri Kunz). E invece Briatore, che noi ammiriamo perché riesce a far pagare cento ai ricchi cose che costano dieci, favorendo così la redistribuzione del reddito tanto invocata a sinistra, sembra dar ragione a chi considera tutte le sue creazioni, dal Billionaire al Twiga (che significa 'giraffa' in swahili), sentine di dubbia fama.

L'eterno dibattito ricchi/poveri si arricchisce così di un ulteriore avvincente capitolo. Il furbo Menenio Agrippa 2.500 anni fa riuscì a convincere i plebei di essere indispensabili quanto i patrizi. Però i primi erano come le gambe del corpo umano, i secondi lo stomaco. Poi, da Spartaco a Marx, i poveri si sono incattiviti contro lo stomaco che si limita a magnare, mentre agli altri organi tocca lavorare.

Da un quarto di secolo invece abbiamo il filosofo Flavio che teorizza la trinità "làcciori, fescion e glemor" come nuovo orizzonte interclassista. A giudicare dalle frotte di giovani neoproletari (mille € al mese) che proprio in queste notti, come ogni agosto, buttano nel suo Billionaire di Porto Cervo i risparmi di un anno, ha ragione lui.

In mezzo restano i politici. Ricchi o poveri? Devono vergognarsi per una cena chez Briatore e Santanchè a Forte dei Marmi, o esibirla come hanno fatto gli spregiudicati Maria Elena Boschi e i suoi due scudieri renziani poche sere fa?

La risposta all'ineffabile Piero Fassino, che sventola in aula i suoi miseri 4.700 € mensili netti. Dimenticando gli altri 10mila di fringe benefit che fanno il benessere di un parlamentare. Ma, come direbbe il maitre-à-penser di Monte Carlo, Versilia, Costa Smeralda e Dubai, le inibizioni sono "cose da poveri". 

Quindi, caro Boccia, vai a spendere allegramente da Briatore i tuoi soldi, invece di sperperarli in avvocati. E porta pure tua moglie: è perennemente invitata anche lei sotto i suoi ombrelloni da mille € al giorno e nelle splendide serate "fudenbeveregg".


Monday, May 27, 2013

Roberta Lombardi e Vito Crimi

INTERVISTA PARALLELA AI CAPIGRUPPO DEL MOVIMENTO

COPPIA 5 STELLE

«Grillo dittatore? Neanche leggiamo i suoi post...»

Lavorano dalle 9 alle 21. Dormono (poco) con la Costituzione sul cuscino. Sono esausti ma felici: «Da noi c'è democrazia». E Beppe? Una sola critica: «È troppo buono»

di Mauro Suttora  

Oggi, 22 maggio 2013




Che orari avete? 
Roberta Lombardi: «Dalle 9 del mattino alle 9 di sera: sedute in aula e commissione, riunioni del gruppo 5 stelle e della “capigruppo”, preparazione lavori, studio documenti. Un massacro. Ma è bello».
Vito Crimi: «Alle 8.30 briefing del nostro ufficio di presidenza. Aula e commissioni da martedì al giovedì. Incontri con ambasciatori e organizzazioni, assemblee interne e congiunte fino alle 21». 
Lombardi, come fa con suo figlio?
«Lo vedo solo la mattina presto, perché quando torno a casa la sera già dorme. Ma mi consolo pensando che è per pochi mesi, o anni. E che sto facendo qualcosa per lui anche fuori casa».

Crimi, quanto paga l’hotel a Roma?
«Camera doppia, 60-80 euro».

Crimi, lei guadagnava 20 mila euro l’anno da impiegato al tribunale di Brescia. Ora li prende in un mese. 
«No. Pagati i collaboratori con i 4.180 euro lordi al mese, e detratte le spese con parte della diaria, restituiamo tutto tranne 5.000 lordi».

Lombardi, come concilia i suoi tempi?
«Fuori dal Parlamento era più facile. Dopo cena andavo a riunioni, o mi mettevo al computer. Bisogna essere capaci di delegare. E ruotare gli incarichi più pesanti, come facciamo noi».

Voi 5 stelle, però, praticate la «condivisione», così dovete riunirvi il doppio.
Lombardi: «Anche più del doppio. Un funzionario mi ha detto che non aveva mai visto una cosa simile: “Voi parlate tutti. Mentre dagli altri arrivano i dirigenti, danno gli ordini, e la riunione è finita”».
Crimi: «La condivisione è molto bella: permette di conoscersi, confrontarsi, stimarsi e fare comunità».

Una cosa anche piccola che siete riusciti a cambiare in questi primi tre mesi?
L. «La selezione dei collaboratori parlamentari, che si era stratificata negli ultimi vent’anni. Ora sono scelti in base al merito e ai curricula».
C. «E hanno tutti contratti regolari a tempo determinato, con ogni tutela».

Un vostro insuccesso, invece?
L. «Non riusciamo a comunicare bene i nostri risultati fuori di qui. Gli altri partiti hanno dovuto ripulire le liste e fare primarie, imitandoci. Ma l’opinione pubblica non sa che il merito è dei 5 stelle. Colpa nostra, ma anche dei media».
C. «Non siamo riusciti a far partire subito le commissioni».

Perché ce l’avete con tutti i giornalisti?
L. «Individualmente, siete delle brave persone. Ma dipendete da un sistema che troppo spesso distorce le notizie».
C. «Ce ne sono di onesti e simpatici».

Priorità nei prossimi mesi?
L. «Abolizione dei rimborsi elettorali, dell’Imu, impignorabilità della prima casa, eliminazione delle Province».
C. «Reddito di cittadinanza».

L’obiettivo più facile?
L. «I rimborsi ai partiti, da sostituire con finanziamenti volontari individuali e detraibili: Letta si è detto d’accordo».
C. «Sì, sulla riduzione dei costi della politica non potranno tirarsi indietro».

Anche sull’Imu è fatta, non la vuole neppure Berlusconi.
L. «Ma dobbiamo trovare la copertura, altrimenti sfasciamo il bilancio». 

E l’obiettivo più difficile?
L. «La legge sul conflitto d’interessi».
C. «Il reddito di cittadinanza».

Nuova legge elettorale: di preferenze non parla più nessuno. Sempre parlamentari “nominati” invece che eletti?
L. «Noi vogliamo reintrodurle. Non c’è bisogno di “pigiatasti” fedeli ai partiti».
C. «Non ne parlano più gli altri...»

Se otteneste un referendum sull’euro, cosa votereste?
L. «Dipende...»

Ecco, Lombardi, anche lei risponde già come una professionista della politica.
L. «Ma dipende dal contorno: se si va verso un’unione politica, l’euro va bene. Se invece rimaniamo così, senza speranza di cambiare, voterei contro».
C. «La questione è: che Europa vogliamo».

Una cosa che non vi va di Grillo?
L. «Dà confidenza a tutti, non ha filtri nell’accoglienza. Lo conosco da sei anni, si fida di cani e porci. È troppo buono».
C. «Non mi sono mai posto la domanda. Siamo qui per un obiettivo al di là delle nostre idee, una rivoluzione culturale». 

La cosa che vi piace di più di Grillo?
L. «Visione, entusiasmo per cambiare».

Pro e contro di Vito Crimi?
L.: «Di Vito mi piace tutto. Senza di lui non mi sarei candidata portavoce».

Pro e contro di Roberta Lombardi?
C. «Idem come sopra».

I vostri 163 parlamentari sono debuttanti totali. Non era meglio eleggerne almeno qualcuno con un po’ d’esperienza?
L. «I consiglieri regionali e comunali 5 stelle dovevano finire il loro mandato. È scorretto saltare da una carica all’altra».
C. «Qualunque deroga significa un fallimento, la coerenza è la nostra più importante virtù. L’esperienza ce la faremo».

Qualità e difetti maggiori dei vostri eletti?
L. «Non siamo assuefatti e rassegnati. Proprio perché nuovi, vogliamo cambiare. L’altra faccia della medaglia è che a volte siamo ipercritici su tutto. Dobbiamo trovare delle priorità».
C. «La miglior qualità è la semplicità con cui si affrontano problemi complessi. Il peggior difetto l’eccessiva severità nei confronti dei propri colleghi».

E le vostre virtù e difetti personali?
L. «Affronto i problemi, senza svicolare o rimandare. Però, nella velocità, a volte dimentico di “condividere”, di comunicare con gli altri».
C. «Qualità, chiedetela ai miei colleghi. Difetto: poca conoscenza dei complessi regolamenti parlamentari, che sto imparando a conoscere a poco a poco».

Ultimo libro letto?
L. «Mi addormento ogni sera con la Costituzione in mano».

Capirai, che noia.
L. «Divoravo i libri, ora non ho più tempo. Adoro Bulgakov, critico sociale spietato ma leggero e ironico».

E lei, Crimi?
«Ieri un libro di Camilleri, La rivoluzione della luna, che consiglio a tutti: molti parallelismi con questo momento storico... Durante i weekend mi ritaglio due orette per portare mio figlio al cinema».

Film preferito?
L. «La saga di Guerre Stellari».
C. «Ironman, e tutti quelli con Robert De Niro».

Personaggio storico ammirato?
C. «Adriano Olivetti».

Cosa votavate prima di Grillo?
L. «Scheda bianca».
C. «Rete, Rifondazione comunista, Verdi, Pds, Idv. Ho votato la persona anziché l’ideologia, per questo vorrei poter esprimere nuovamente una preferenza».
Rendiconterete le vostre spese on line?
L. «Certo, stiamo solo calcolando i contributi Inps».
C. «Abbiamo già pronti i rendiconti, alcuni l’hanno già pubblicato, ma stiamo aspettando di farlo tutti insieme in modo unitario. Non è facile, e abbiamo anche avuto parecchi impegni istituzionali».

Quando vi emanciperete da Grillo e Casaleggio?
L. «Già fatto. I post quotidiani di Grillo a volte ci dimentichiamo perfino di leggerli. E Casaleggio è un idealista sognatore».
C. «Emanciparsi vuol dire rendersi autonomi, ma noi lo siamo già. Perché dovremmo emanciparci?»

Perché espellete così tanti eletti?
L. «È vero il contrario: accogliamo tutti, c’è poca selezione all’ingresso. Poi, però, le persone si conoscono sul lungo periodo. Non abbiamo bisogno di capetti».
C. «Le espulsioni sono molte meno di quelle fatte dai partiti tradizionali, a centinaia. Quelle persone si sono tirate fuori dal movimento per loro scelta. Le espulsioni sono solo state la ratifica di una scelta autonoma effettuata da loro».

Qualche avversario politico simpatico?
L. «Giancarlo Giorgetti, capogruppo leghista: a volte mi fa ridere».
C. «Roberto Calderoli».

E spiacevoli conferme?
L. «Mah, un po’ tutti, da Brunetta in su. Li guardo, e continuano a sembrarmi personaggi staccati dalla realtà».

Ci sono ottime donne ministro nel governo Letta: Josefa Idem, Emma Bonino, Cécile Kyenge... Concorda?
L. «Vedremo. La Bonino era nostra candidata al Quirinale, ma sui beni pubblici come l’acqua siamo distanti: troppo liberista».
C. «Vedremo».

I vostri candidati presidenti erano tutti di sinistra: Rodotà, Gabanelli, Strada, Imposimato, Dario Fo... Perderete i voti dei delusi del centrodestra?
L. «Non siamo di sinistra, ma pragmatici e di buon senso. Non abbiamo ideologie e preconcetti».
C. «Non facciamo calcoli elettorali».

Grillo dice di voler arrivare al 50 e anche al 100 per cento dei voti. Velleitario?
L. «Lo dice perché auspica che i cittadini partecipino di più alla politica, controllando gli eletti. Solo così si impedisce che diventino casta».
C. «È una previsione, se gli altri continuano così».

Se cadesse il governo, appoggereste un nuovo premier di vostro gradimento? O alzereste lo stesso muro?
L. «Siamo sempre stati disponibili al cambiamento. Vero, però».
C. «Riproporremo un governo di alto profilo, al di sopra dei partiti».

Che fine ha fatto la piattaforma per far votare on line i vostri registrati?
L. «Non me lo dica. Siamo disperati. Pare che parta entro l’estate».
C. «C’è già, l’abbiamo utilizzata per le primarie: Parlamentarie, Regionalie, Quirinalie. A breve la useremo anche in modalità più evoluta».

Davvero vi dimetterete da capigruppo?
L. «Non vedo l’ora di tornare al mio beato anonimato. Evviva la rotazione trimestrale delle cariche».
C. «Certo, il 15 giugno come previsto».

Più simpatica Santanché o Gelmini?
L. «Mai incontrate, anche se sono deputate. La Gelmini una volta, di sfuggita».

Lei viene chiamata Roberta “Simpatia” Lombardi.
«Allora sono fortunata, visti certi altri soprannomi...»
Mauro Suttora

Wednesday, April 06, 2011

Santanchè 2: il finto master

ALTRO CHE «POSTUNIVERSITARIO»: PER IL CORSO FREQUENTATO DALLA SANTANCHÈ ALLA BOCCONI BASTAVA LA LICENZA MEDIA. E DURAVA 24 GIORNI DI LEZIONE, NON UN ANNO.
«NON PRENDIAMOCI IN GIRO», DICE IL DIRETTORE DEI MASTER BOCCONI PER 12 ANNI, «PUO' MILLANTARE QUEL CHE VUOLE, MA OFFENDE CHI IL MASTER L'HA CONSEGUITO DAVVERO, CON TANTI SACRIFICI»

di Mauro Suttora e Lorenzo Franculli

Oggi, 30 marzo 2011

Altro che master. Quello conseguito da Daniela Santanchè alla Bocconi nel 1993 non era neppure un corso post-universitario: era aperto anche ai non laureati. E non è durato un anno, come sostiene la sottosegretaria: i giorni di lezione in aula furono appena 24. Tre ogni mese, per otto mesi.

La settimana scorsa Oggi ha svelato una bugia che appare sul sito ufficiale del governo italiano: nella prima riga del proprio curriculum la Santanchè afferma di avere conseguito un master alla Sda (Scuola di direzione aziendale) Bocconi. La stessa università milanese ci aveva confermato che la sottosegretaria non l’ha mai ottenuto.

Niente diploma sul sito

C’era quindi poco da smentire. Anche perchè avevamo scritto che la signora aveva probabilmente «promosso» a master qualcuno dei tanti altri corsi della Bocconi da lei frequentato.

Ma la Santanchè, invece di rimediare togliendo dal sito governativo il riferimento al master inesistente, si è difesa attaccando: «Basta sapere un minimo di inglese, master vuol dire corso di specializzazione post laurea». Che equivale a confondere una Ferrari (il master Bocconi è considerato uno dei migliori d’Europa) con una utilitaria.

La sottosegretaria aveva anche promesso di pubblicare subito sul suo sito internet il proprio attestato di frequenza al corso. Stiamo ancora aspettando.

Mario Mazzoleni, 54 anni, ha diretto il Master in business administration (Mba) alla Bocconi per ben dodici anni, dal 1992 al 2004. Oggi insegna Management alle università di Brescia e Bologna. Ha dichiarato alla Zanzara, trasmissione di Giuseppe Cruciani su Radio24: «Non si può chiamare master un corso di poche decine di giorni come il progetto Gemini, quello frequentato dalla Santanchè. Un master è tutt’altra cosa. Ha bisogno di certificazioni. Su 500 domande di ammissione ne entravano 140, e di questi non tutti arrivavano fino in fondo».

Il professor Mazzoleni ribadisce a Oggi: «Trovo le affermazioni della Santanchè offensive verso tutti coloro che il master lo hanno davvero conseguito con tanti sacrifici. Un Mba è qualcosa di serio e molto difficile: otto ore al giorno per sedici mesi. E costa decine di migliaia di euro».

Come si può definire allora la qualifica ottenuta dalla Santanchè?

«Non prendiamoci in giro. Il progetto Gemini non era un master e nemmeno un corso di specializzazione; quest’ultimo infatti deve essere inserito ufficialmente nell’ambito del regolamento dell’università, ed è rivolto a persone come manager con criteri di selezione molto accurati. Il progetto Gemini invece era indirizzato a giovani imprenditori [l’allora trentenne Santanchè aveva fondato una sua società di pubbliche relazioni, ndr] che volevano imparare a gestire la propria azienda. Un’iniziativa seria, in cui si faceva formazione su contenuti aziendali. I partecipanti svolgevano progetti sul campo, normalmente nelle proprie aziende. Ma non c’erano esami da sostenere, e alla fine veniva rilasciato solo un attestato di partecipazione. Insomma, ottenere un master è tutt’altra questione. Non si possono confondere le due cose. Poi, uno può millantare quel che vuole. Tutti i miei “ex ragazzi” Mba sono infuriati. E poi la Santanchè si difende male. Bastava dire: “Scusate, mi sono sbagliata. Il mio non è un master ma un corso”. E tutto sarebbe finito lì».

Anche perché dal 1997 i master sono regolamentati dalla legge, e quindi non c’è più alcuna possibilità di equivoco.

Francesco Boccia, deputato Pd, insegna Economia aziendale all’università di Castellanza (Varese). Ha ottenuto il master Mba in Bocconi nel 1993-94, poi un PhD alla London School of Economics. «Per stile, non mi occupo degli affari degli altri», premette, «ma nella nostra posizione di uomini politici, e a maggior ragione per chi rappresenta il governo, serve trasparenza. L’Mba Bocconi è il master più antico in Italia, esiste da 40 anni con tutte le certificazioni internazionali e rientra nei ranking delle principali università del mondo. I master sono corsi di specializzazione post-graduate (post-laurea) che hanno un titolo specifico, riconosciuti da un sistema. Il mio master costava venti milioni di lire [quello della Santanchè sei milioni, ndr] per sedici mesi, con obbligo di superamento degli esami. Chi stava sotto la soglia di 2,9 su 5 veniva mandato via. La Santanchè non ha frequentato un master. Il suo era un serio corso di formazione, ma la Sda Bocconi ne organizza più di cento. Se poi lei pensa che un corso di perfezionamento sia un master, commette un errore di valutazione un po’ grossolano».

“Ha preferito apparire“

Pietro Mastranzo, ex deputato, consigliere comunale Pdl a Napoli, ha frequentato un corso di General management in sanità alla Bocconi, con esami selettivi. Lui però non ha scritto sul curriculum «master», bensì, correttamente, diploma. Ci dice: «In politica bisogna essere poco appariscenti. Bisogna fare, più che vantare un curriculum. La Santanchè forse ha preferito apparire… La Bocconi è un’università prestigiosa, ho ottenuto un diploma di cui vado fiero. Ma frequentare un suo corso non dà il permesso di dire che si ha un master».

Il solo mistero che rimane è perché l’ufficio stampa Bocconi, dopo l'esplosione del caso, abbia voluto «rettificare» le informazioni che esso stesso ci ha dato (senza peraltro rettificare nei contenuti neanche una virgola). Eppure i maggiori danneggiati sono proprio la Bocconi e il suo buon nome.

Lorenzo Franculli e Mauro Suttora

Tuesday, March 29, 2011

Santanché: non era un master Bocconi

(ANSA) - ROMA, 29 MARZO 2011
"Altro che master. Quello conseguito da Daniela Santanchè alla Bocconi nel 1993 non era neppure un corso post-universitario: era aperto anche ai non laureati. E non è durato un anno, come sostiene la sottosegretaria: i giorni di lezione in aula furono appena 24. Tre ogni mese, per otto mesi".

Il settimanale Oggi torna sulla vicenda che il settimanale definisce del "falso Master Sda Bocconi" che la Santanchè afferma di avere conseguito nel proprio curriculum sul sito internet ufficiale del governo italiano. L'università milanese ha già confermato che la sottosegretaria non l'ha mai ottenuto, afferma il settimanale anticipando il contenuto del suo nuovo articolo che riporta le dichiarazioni del Professor Mario Mazzoleni che per dodici anni (fino al 2004) ha diretto il programma dei master Bocconi:

"Trovo le affermazioni della Santanchè offensive verso tutti coloro che il master lo hanno davvero conseguito con tanti sacrifici", ha dichiarato a 'Oggi' il professore. "Non prendiamoci in giro. Un Mba è qualcosa di serio e molto difficile: otto ore al giorno per sedici mesi. E costa decine di migliaia di euro. Non si possono confondere le due cose. Poi, uno può millantare quel che vuole. Tutti i miei ex studenti Mba (Master Business Administration) sono infuriati. Il progetto Gemini frequentato dalla Santanchè era un'iniziativa seria, indirizzata a giovani imprenditori. Ma non era nemmeno un corso di specializzazione", conclude.

"Una settimana fa, conclude il settimanale, la sottosegretaria aveva promesso di mettere subito on line sul proprio sito l'attestato di frequenza al suo corso. Non l'ha fatto. E sul sito del governo appare ancora l'affermazione: 'Consegue un master alla Sda Bocconì". (ANSA).

Wednesday, March 23, 2011

Bocconiana di panna

Daniela Santanchè colta in castagna

La sottosegretaria, sul sito del governo, dice di avere un master dell'università Bocconi. Falso. Si dimetterà, come accade in Germania?

di Mauro Suttora

Oggi, 23 marzo 2011

All'ufficio stampa dell'università sono indulgenti: «Cosa vuole, c'è un sacco di gente che si spaccia per bocconiano. Ci siamo abituati». Questa volta, però, la bugia non è stata detta da una qualunque. E, soprattutto, non è stata scritta - nero su bianco - in un posto qualunque.

Non sarà reato di falso in atto pubblico, perché il sito Internet del governo italiano non ha questo status. Ma Daniela Santanchè l'ha egualmente combinata grossa. Nominata un anno fa sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega all’Attuazione (sotto il ministro Gianfranco Rotondi), l’estrosa signora così esordisce nel lunghissimo curriculum che ha fatto inserire sul sito del governo: «Laureata in Scienze politiche, consegue un master alla SDA Bocconi».

Ma alla Scuola di Direzione Aziendale del prestigioso ateneo milanese di lei negli archivi non c’è traccia: «Abbiamo verificato, e dalla nostra banca dati alumni [gli ex studenti, ndr] non risulta abbia frequentato un nostro master o mba. Non possiamo escludere, ma non abbiamo modo di verificare, che abbia frequentato un corso breve».

Sì, perché la SDA Bocconi organizza in continuazione seminari di aggiornamento per manager che durano uno o più giornate. E di queste decine di migliaia di persone non conserva traccia. Ma sono corsi che non possono essere certo confusi con un master.

IL RITORNO ALL’OVILE

La Santanchè si è laureata in Scienze politiche nel 1987 all’università di Torino con una tesi sull’«Evoluzione della figura del manager industriale nelle nuove tecniche imprenditoriali». Negli studi ha conservato il suo cognome di famiglia, Garnero.

A soli 21 anni ha sposato il chirurgo estetico Paolo Santanchè, che lascia nel ‘95 per il nuovo compagno Canio Mazzaro, imprenditore farmaceutico di Potenza. Poi è stato Mazzaro a lasciarla per Rita Rusic, ex di Vittorio Cecchi Gori.

Nel ‘99 la scoperta della politica: Ignazio La Russa la fa eleggere consigliere provinciale a Milano per An. Tre anni fa si candida premier per la Destra di Francesco Storace, in forte polemica con Silvio Berlusconi. Infine il ritorno all’ovile.

In coda ai curriculum di tutti i sottosegretari (e ministri) pubblicati su www.governo.it appare un «disclaimer»: «Biografia fornita dallo staff del sottosegretario». Un’educata presa di distanza. Come dire: se loro scrivono inesattezze, il governo non c’entra.

Pochi giorni fa l’astro nascente della politica tedesca, il ministro della Difesa Karl-Theodor zu Guttenberg, ha dovuto dimettersi perché si è scoperto che aveva copiato parti della tesi di dottorato.

Anche altri politici, di recente, hanno lasciato il posto per peccati che in Italia sono considerati veniali: la ministra della Cultura svedese Cecilia Chilo perché pagava la baby sitter in nero, mentre non pagava il canone; la francese Michèle Alliot-Marie perché era stata ospite in vacanza del presidente tunisino Ben Ali. Chissà se adesso la signora Santanchè mollerà la sua poltrona.

Mauro Suttora

Wednesday, October 27, 2010

Daniela Santanchè

LA ZARINA DI BERLUSCONI

di Mauro Suttora

Oggi, 20 ottobre 2010

Secondo i più appassionati fra i suoi sostenitori, Silvio Berlusconi è un misto di Gesù Cristo, Napoleone, Giulio Cesare e re Sole. Quindi, ora che il premier sembra essersi stufato dei vari Bondi, Cicchitto, La Russa, Verdini, Gasparri e Quagliariello che lo attorniano ma creano solo casini (o ci sono finiti dentro), Daniela Santanchè è messa benissimo. A detta di alcuni, sarà lei la nuova segretaria del Popolo delle libertà.

Gesù, infatti, amava i figliol prodighi. Affidò addirittura la Chiesa a Pietro, che lo rinnegò tre volte. E allora, che importa se nel 2008 la Santanché tradì Berlusconi con Storace, osando perfino candidarsi premier contro di lui? Silvio l’ha perdonata. Anzi, l’ha nominata sottosegretaria otto mesi fa, visto che non avendo raggiunto il quattro per cento è rimasta fuori dal Parlamento, come Bertinotti.

Napoleone amava i colpi di scena. Vinceva battaglie e guerre perché era imprevedibile. Proprio come Silvio. Che dopo la sorpresa del predellino, ce ne sta sicuramente apparecchiando altre. Santanchè compresa.

E poi Giulio Cesare. Al diavolo i cursus honorum: prima di lui, per comandare nell’antica Roma (diventando console) bisognava inerpicarsi in una noiosa carriera da politico di professione: tribuno, questore, edile, pretore, censore... Il divo Giulio fece piazza pulita di tutta questa burocrazia. E così anche Berlusconi, il quale ha magicamente creato dal nulla eurodeputate ventenni e ministri trentenni, senza costringerli a gavette da consiglieri circoscrizionali o provinciali prima di portarli a Strasburgo o al governo. Nulla osta, quindi, che la Santanché venga installata a capo del primo partito d’Italia: in fondo fa politica da undici anni, tempo abbastanza lungo per i fulminei parametri berlusconiani.

E Luigi XIV di Francia? Nella Versailles del ’700 l’importanza dei ministri si misurava con la loro vicinanza al re Sole durante i banchetti. Oggi, con l’«accessibilità» a Berlusconi ad Arcore o a palazzo Grazioli. E da qualche mese la Santanché, invidiatissima, è una delle poche cui Silvio risponde sempre quando lei telefona, o porge l’orecchio se gli sussurra nelle riunioni. Ormai è fidatissima: quasi quanto l’indispensabile Letta e gli scudieri della giustizia, il ministro Alfano e l’avvocato Ghedini.

Se Berlusconi non riuscirà a issare Daniela al comando unico del Pdl, quindi, sarà più che altro per non dispiacere alle altre pretendenti. Si mormora infatti di un triumvirato rosa shocking, con la Santanché affiancata dalle junior Mariastella Gelmini (ex Forza Italia) e Giorgia Meloni (ex An). E ambizioni ne hanno molte altre suscettibili favorite (politiche), dalla veterana Prestigiacomo alla Carfagna, fino alla più recente ma scalpitante Brambilla.

Intanto, l’inesauribile zarina continua a macinare affari, uomini e politica. Dopo la discoteca Billionaire di Porto Cervo con Flavio Briatore e Lele Mora, e lo stabilimento Twiga di Forte dei Marmi (200 euro al giorno, soci ancora Briatore più Paolo Brosio e Marcello Lippi), si è lanciata nella pubblicità. La sua Visibilia (14 milioni di fatturato, 12 di debiti) fino a tre settimane fa riusciva nel miracolo di essere contemporaneamente la concessionaria di due quotidiani concorrenti: Libero e Il Giornale. Adesso Belpietro si è sganciato, accusandola di avere privilegiato Feltri. E si capisce: con il secondo Daniela vorrebbe rilevare la proprietà del Giornale da Paolo Berlusconi, oppure fondare una nuova testata di cui ha già depositato il nome: Fuori dal coro. Intanto, lavora anche per i giornali gratuiti DNews e Metro, e per il nuovo settimanale Io Spio.

Ora poi è anche sentimentalmente legata ad Alessandro Sallusti, numero due di Feltri. E numero tre dei suoi compagni, dopo il chirurgo estetico Paolo Santanchè, sposato nell’82 a soli 21 anni, e l’industriale farmaceutico lucano Canio Mazzaro. Quel che pensa degli uomini che reputa poco decisi, come Fini e gli ex colleghi di An, Daniela lo ha detto chiaramente: «Hanno le palle di velluto». Poi si è corretta: «Ora è estate, ce le hanno di lino». Altre sue frasi passate alla storia: «Per fare carriera non l’ho mai data», e «Berlusconi è ossessionato da me. Tanto non gliela do...»

In politica, la Santanché ultimamente si è specializzata nell’anti-islamismo. Scelta intelligente, lavoro assicurato per i prossimi trent’anni. Richiestissima nei dibattiti tv come interlocutrice aggressiva di imam: baruffa, share e blob garantiti. Una volta è riuscita a dire in diretta: «Maometto era un pedofilo. L’ultima delle sue mogli aveva nove anni». Putiferio. Ora deve girare con la scorta.

Mauro Suttora

Wednesday, September 08, 2010

Politica & tacchi a spillo

LA SENATRICE CONTINI ACCUSA: TROPPE FANNO CARRIERA GRAZIE A TACCHI E MINIGONNE

Oggi, 1 settembre 2010

Porterà anche i tacchi a spillo, però possiamo testimoniare che quando le abbiamo telefonato, alle ore 15 di mercoledì 25 agosto, l’onorevole 28enne del Pdl Barbara Mannucci stava studiando a casa per la sua seconda laurea, in scienza dell’amministrazione.
«Studiare mi rilassa», confessa la secchiona. Allora, sono questi i vizi segreti delle berlusconiane taccospillate? Le ha staffilate un’altra Barbara, anche lei Pdl fino a un mese fa (quando è passata con Fini), la senatrice Contini: «Con Berlusconi le donne fanno carriera grazie a minigonne e tacchi a spillo».

Un’ovvietà, se lo dicesse qualcuno a sinistra: da anni il sito Dagospia ha soprannominato «Forza Gnocca» le appariscenti parlamentari del centrodestra. Ma che le stesse accuse ora le lanci una donna del Pdl, fa male. Risponde Daniela Santanchè, sempre splendida su tacco 12: «La Contini è invidiosa, gelosa, stupida».

La ministra Mara Carfagna, altra icona dello stiletto, preferisce il silenzio. Come l’altra principale indiziata degli strali della Contini, Laura Ravetto: bella e bellicosa, Berlusconi l’ha nominata sottosegretaria ai Rapporti col Parlamento sei mesi fa, assieme alla Santanché (quest’ultima a una non meglio precisata «Attuazione del programma»).

«Forse la Contini parla così perché non si è sentita abbastanza valorizzata», insinua Jole Santelli. Eppure Berlusconi l’aveva nominata governatrice di Nassiria in Iraq, e poi responsabile esteri di Forza Italia nel 2008: fu lei a scegliere i candidati nei collegi esteri. «Tutti maschi, però...», precisa la Mannucci.

Non sarà che il premier ha «valorizzato» un po’ troppe donne giovani e belle? «Per fortuna», dice a Oggi Melania Rizzoli, «ed è l’unico a farlo in Italia». Sì, ma alcune vengono paracadutate subito ai piani alti della politica, senza esperienza, saltando ogni cursus honorum. «Berlusconi è un ottimo conoscitore delle capacità di chi gli sta intorno», assicura l’onorevole Rizzoli.

Barbara Mannucci, sempre in testa alle classifiche di Miss Parlamento, dice che spesso ai tacchi a spillo deve rinunciare: «Troppa fatica, a me dopo un’ora fanno male i piedi. Invidio deputate come Paola Pelino che li portano tutto il giorno. Io invece, e anche la collega Fiorella Ceccacci Rubino, spesso arrivo alla Camera con le Hogan».
E perché a sinistra niente tacchi a spillo? «Perché si automortificano», dice la Mannucci, «Marianna Madia per esempio sarebbe così bella se solo si truccasse un po’...»

Mauro Suttora