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Thursday, April 16, 2009

Terremoto all'Aquila

dal nostro inviato Mauro Suttora

Oggi, 7 aprile 2009

A Onna, sette chilometri dal capoluogo abruzzese, la scena è straziante. Siamo nell' epicentro del terremoto, e la signora Doina Dimitrescu piange a dirotto: «Michele aveva sette anni, era il figlio di una mia amica, romena come me. Erano andati ad abitare in centro, dove le case sono vecchie e l'affitto costa meno». Il corpo di Michele, tutto bianco, lo portano via i vigili. Sedici ore dopo la scossa fatale, qui le vittime erano già trenta. Tra loro, un bimbo di otto mesi.

Gli abitanti non si danno pace: «Mancano all'appello almeno quaranta persone», dicono. Al dramma dei morti, si somma quello dei dispersi. Intere famiglie sono sepolte, non c' è alcun superstite che possa dare l'allarme e indicare ai soccorritori il posto dove scavare. È un dolore immenso, senza frontiere. Nell'ampia valle del fiume Aterno, che dall'Aquila porta a Popoli e a Pescara, vivono centinaia di immigrati. Fanno gli allevatori, le badanti, gli operai nella zona industriale. Gente che cercava una vita migliore. Gente che ha trovato l'inferno.

SAN GREGORIO, APOCALISSE

San Gregorio è l' altra faccia dell'apocalisse. Un a del le prime vittime strappata alle macerie era una giovane mamma, morta per salvare la figlia di due anni, facendole scudo col suo corpo. La piccola è viva, l'hanno portata in elicottero all' ospedale più vicino. I miracoli accadono.

Settimio Antonelli, 59 anni, giardiniere, si è salvato. Viveva da solo in una delle case popolari appena fuori dal centro storico. Le hanno costruite vent' anni fa, sono state sventrate dal sisma. Settimio abitava al piano terra di una palazzina a due piani. Il terremoto gli ha sbriciolato la parete del bag no e quella della camera. Mentre racconta il suo incubo, scosse di assestamento mandano boati terribili, ruggiti da gelare il sangue.

«Nelle ultime due settimane la terra ha tremato una ventina di volte. Quella del le 3.32 sembrava una delle tante scosse "normali". Quattro ore prima, c' era stato un sobbalzo piuttosto forte, ma solo gli anziani erano usciti per strada. Gli altri ormai ci avevano fatto l'abitudine. I bambini prendevano le esercitazioni antisismiche come un gioco. È per questo che molti vecchi si sono salvati, e tanti giovani sono rimasti sotto le rovine», spiega Antonelli.

«All'una mi ha svegliato l'ennesima scarica: avevo deciso di alzarmi, ma dopo cinque minuti ho ripreso sonno. Quando è arrivato il terremoto "vero", alle tre e mezza, è crollato subito il muro del bagno. La cosa che mi ha fatto più paura, però, non sono state le crepe, la polvere. È stato il boato, come cento tuoni tutti insieme. Trenta secondi che non scorderò mai più. Ho afferrato un paio di pantaloni e una camicia e sono uscito. Erano tutti fuori», dice. Tutti tranne metà paese, rimasto sotto le rovine. Antonelli ha passato in macchina quel che restava della notte: «Sono andato a dormire nella mia Panda», quasi si scusa.

UN TRAGICO DILEMMA

A 100 metri dalle case popolari inizia il paese vecchio. Con Settimio ci inoltriamo nello sfacelo che è San Gregorio. Una ruspa dei pompieri lavora su un cumulo di pietre. I soccorritori sono divo rati dal tragico dilemma di tutti i terremoti: scavare con la ruspa, rischiando di ferire i sepolti o tirar via le macerie a mano, perdendo tempo che potrebbe rivelarsi prezioso? «Sotto questa montagna di sassi c' è una coppia di quarant' anni. Speriamo bene», sospira Settimio.

Qui accanto, della chiesa di San Gregorio resta solo uno spunzone. E dopo la chiesa c' è una casa famiglia: la occupavano una quindicina di bambini. Tutti salvi, tranne una bimba francese, arrivata il giorno prima della tragedia con i genitori per le vacanze di Pasqua. Non è l' unica vittima straniera di questa catastrofe.
Continua Antonelli: «Il paese aveva 200 abitanti, ma con le case popolari sono arrivate almeno altre 2.000 persone».

Una buona metà, immigrati: romeni, slavi, senegalesi, nigeriani. Ora stanno tutti per strada, accampati nelle auto, che hanno cura di parcheggiare lontano da i muri e dai pali della luce. In giro, un paradosso che fatichiamo a decifrare. Ci sono case antiche, che sono rimaste intatte. E palazzine seminuove, ridotte in cenere.

«Colpa dei lavori di ristrutturazione», spiega Settimio. «I tetti sono stati rifatti in cemento: erano pesantissimi e gravavano su pareti vecchie di secoli. Le hanno sbriciolate». I tetti come coperchio di queste tombe a forma di palazzi. Fatta la conta dei morti, il terrore corre sul terreno, squarciato in più punti. È l' incubo che sta sulla coda di ogni terremoto: che si apra la terra e finisca per ingoiarti. Si ha paura perfino a camminare. Si vorrebbe solo star fermi.

Mauro Suttora