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Tuesday, January 22, 2013

Vezzali candidata di Monti

VERSO IL VOTO. LA SCELTA DI VALENTINA, CONTRARIAMENTE A QUELLA DI JOSEFA IDEM, SUSCITA POLEMICHE. ECCO PERCHÈ

Oggi, 16 gennaio 2013

di Mauro Suttora

Ma cosa gli fa, alle donne? Non Silvio Berlusconi, il seduttore. Mario Monti, il freddo professore: al quale è bastata una telefonata per convincere l’atleta più medagliata d’Italia, Valentina Vezzali, a candidarsi con lui. «Ho subito detto sì, con entusiasmo», dice la campionessa di scherma di Jesi (Ancona). «Poi ci siamo incontrati. È bastata una stretta di mano. Ho deciso di far parte della sua squadra perché Monti è una persona seria che crede nella famiglia, nei valori come l’etica e la morale. Credo che possa fare veramente qualcosa per risollevare le sorti dell’Italia».
Così adesso, dopo sei medaglie d’oro olimpiche, un argento, due bronzi e 11 coppe del mondo in 23 anni di carriera, Supervale è capolista per le sue Marche nella Lista civica di Monti.

La canoista ha superato le primarie

Non è l’unica sportiva di vaglia a scendere in campo. Josefa Idem, cinque medaglie di canoa in otto olimpiadi, si candida col suo Pd cui è iscritta da 12 anni, del quale è stata assessore nella propria città di Ravenna, e dopo essersi sottoposta al vaglio delle primarie. Forse per questa storia consolidata, la sua candidatura non suscita le polemiche che invece stanno colpendo la Vezzali.

«La vezzosa Vezzali si farà toccare da Monti?», la prende in giro Aldo Grasso sulla prima pagina del Corriere della Sera. Il riferimento è a quella serata a Porta a Porta nel 2008, quando Valentina disse la famosa frase a Berlusconi: «Da lei, presidente, mi farei toccare». Parole inquietanti, viste le predilezioni del premier. E che appiccicarono subito alla Vezzali l’etichetta di berlusconiana. «Ma era una semplice battuta», dice lei oggi, «travisata e strumentalizzata da chi non conosce la scherma. Lo invitai a incrociare le lame in studio. Lui disse che non mi avrebbe toccato neanche con un fiore. E io replicai: da lei mi farei toccare. Ma solo perché “toccare”, nel gergo schermistico, significa affondare una stoccata. Era una risposta sportiva e gentile. Quanto ci hanno ricamato...»
Insomma, lei non è di centrodestra?
«Guardi, a Quattro Castella, in provincia di Reggio Emilia, c’è una via intestata al mio bisnonno Oliviero Bernieri, che è stato un partigiano. Al funerale della mia bisnonna partecipò anche Sandro Pertini. Le origini della mia famiglia sono chiare. Come si può essere diffusa una voce del genere?»

Tra i fans, tuttavia, le accuse imperversano. Qualcuno la definisce «opportunista». Altri si spingono oltre. Lei risponde: «Ho letto attentamente i vostri commenti e sono dispiaciuta nel leggere che alcuni di voi non mi danno fiducia in ambito politico», scrive sul suo sito la fuoriclasse del fioretto mondiale.

«Mi dispiace», aggiunge, «che la mia scelta di “salire in politica” sia vista come l’approdo in un mondo fatto di poltrone e benefici economici. È questo profondo senso di sfiducia verso la politica che mi lascia l’amaro in bocca, più di ogni altro giudizio sulla mia persona. È anche per questo motivo che ho scelto di dire sì alla proposta avanzatami da Monti. Conoscete il mio carattere e la mia determinazione. Ecco, credetemi, saranno queste le due “armi” che utilizzerò per fare in modo che la politica torni a essere vista come servizio alla collettività».

La difende il compaesano Claudio Viola: «Sono enormemente amareggiato nel leggere insulti e minacce. Valentina, indipendentemente dallo schieramento politico, ha fatto benissimo a mettersi a disposizione. Noi italiani siamo solo un popolo di tifosi da stadio: “Con me o contro di me”. Non esiste comprensione».

Valentina è incinta al quinto mese, a maggio darà un fratellino a Pietro. Ma dopo, vuole tornare in pedana per partecipare alle sua sesta olimpiade a Rio de Janeiro nel 2016.

Di Francisca e Trillini alleate
Quando, dopo aver conquistato il bronzo a Londra lo scorso agosto, annunciò che avrebbe continuato a gareggiare, per molti fu una sorpresa. Anche per le sue compagne di squadra del fioretto, Elisa Di Francisca e Arianna Errigo, che avevano vinto oro e argento, permettendo all’Italia di conquistare una storica tripletta.

Adesso la Di Francisca ha annunciato che si farà allenare da Giovanna Trillini nel Palascherma di Jesi. Cioè dalla schermitrice jesina che fu spodestata dalla Vezzali come migliore d’Italia. Jesi, caso unico al mondo, vanta tre donne d’oro olimpiche di fioretto. Forse è anche per sfuggire alla morsa delle due rivali, la giovane e l’anziana, che Valentina prende la strada di Montecitorio.
Mauro Suttora 

Friday, August 17, 2012

Armi e pugni: forti negli sport forti

La maggioranza assoluta delle medaglie italiane alle Olimpiadi di Londra è arrivata da tiro e scherma. Perché siamo così forti negli sport con le armi?

di Mauro Suttora

Oggi, 9 agosto 2012    

"No, non vado a caccia", sorride Jessica Rossi, la ventenne che ha sbalordito l'Italia abbattendo 99 piattelli su cento e vincendo l'oro. La sua è una delle tredici medaglie conquistate con le armi in queste Olimpiadi: fucili, fioretti, archi, pistole, sciabole, carabine. La maggioranza assoluta dei nostri trofei.

Se poi aggiungiamo anche le tre medaglie vinte con il pugilato e il bronzo del judo, le uniche vittorie "nonviolente" si riducono a canoa, canottaggio, anelli e poco altro.
Cos'è successo? Siamo diventati improvvisamente un Paese "militarista" senza accorgercene, almeno nello sport?

La scherma, innanzitutto. Le sue sette medaglie non sono una novità. È da vent'anni che dominiamo il mondo: "Le antiche scuole europee sono tutte in crisi, tranne noi", constata orgoglioso il siciliano Giorgio Scarso, presidente di Federscherma. E, sull'onda di Valentina Vezzali e delle altre, dal 2005 a oggi i tesserati delle 350 società sono esplosi da 12 a 20 mila.

Jesi, paese di appena 40 mila abitanti sopra Ancona, è un fenomeno unico sul pianeta, con la sua valanga di ori da Seul '88 a oggi. Ma c'è anche Livorno con Aldo Montano e Andrea Baldini, Napoli con Occhiuzzi, Monza con Arianna Errigo...

Il tiro con l'arco dell'oro a squadre ha invece una storia recentissima. È disciplina olimpica da appena 40 anni (Monaco '72). La Fitarco fa parte del Coni solo dal '78, ma gli appassionati aumentano e oggi sono 20 mila.

Luciano Rossi, 59 anni, guida la Fitav (Federazione italiana tiro a volo, 24 mila tesserati). Non è parente di Jessica: umbro di Foligno, è deputato Pdl e, lui sì, amante della caccia. Grazie a Dio da tempo i piattelli hanno sostituito i piccioni come bersagli. Resta il problema degli impianti, che non sono tanti e necessitano di grandi spazi all'aperto.

La Uits, poi: Unione italiana tiro a segno. Giuseppe Garibaldi ne è stato il padre nel 1861. La sua storia si intreccia con quella dei poligoni militari e civili. Sono quelli, infatti, gli unici posti dov'è permesso sparare al chiuso in Italia. Che sia la carabina d'oro e d'argento del fiorentino Niccolò Campriani, o la pistola di Luca Tesconi, sono specialità che attraggono soprattutto militari e agenti di polizia.

È finito nei guai Ernfried Obrist, 69 anni, di Caldaro (Bolzano),  presidente dell'Unione tiro a segno dal 2004, perché due anni fa è stato fotografato con tiratori vestiti da SS: "Era una rievocazione storica", è stata la sua debole difesa.

Come a Pechino, anche a Londra il pugilato ci ha dato tre medaglie. La boxe professionista è in declino (9mila tesserati contro i 72 mila del tiro a segno) ma, dice il presidente della Federazione Franco Falcinelli, "si avvicinano alla gym boxe gli universitari, facendoci diventare uno sport d'élite". Il judo è popolarissimo fra i ragazzini, anche se quest'anno siamo passati dall'oro di Giulia Quintavalle al bronzo di Rosalba

I successi sportivi fanno pubblicità alla nostra industria armiera: vale mezzo miliardo di euro e dà lavoro a 11 mila occupati. È la maggiore esportatrice mondiale, con una quota del 90 per cento. Tutti i trenta finalisti olimpici del tiro a volo hanno usato fucili italiani, delle bresciane Perazzi e Beretta, e quasi tutti hanno sparato cartucce tricolore (Fiocchi di Lecco e altre). La Pardini di Camaiore (Lucca) ha invece vinto sei medaglie sulle dodici del tiro a segno.

Insomma, c'è anche un ritorno economico per questa nostra supremazia nelle armi. I maestri di scherma italiani sono i più richiesti al mondo, allenano nazionali dal Giappone al Messico. Un po' come gli allenatori di calcio, spargono il verbo tricolore nel pianeta. E noi, pacifisti nati, ci ritroviamo increduli ad eccellere in sport bellicosi. "Oltre che per merito di scherma, boxe e dei vari tiri, per demerito delle altre discipline", conclude Gianni Petrucci, presidente del Coni.
Mauro Suttora

Thursday, August 16, 2012

Fenomeno Elisa

DI FRANCISCA: LE VITTORIE E I SEGRETI DELLA NOSTRA DOPPIA MEDAGLIA D'ORO OLIMPICA

dal nostro inviato a Londra Mauro Suttora

Oggi, 6 agosto 2012

La scena più bella delle Olimpiadi italiane, finora, è quella delle fiorettiste che si abbracciano felici dopo l'oro a squadre. Altro che sorde rivalità fra Valentina Vezzali, Elisa Di Francisca e Arianna Errigo. Le nostre tre moschettiere hanno dimostrato ai loro colleghi del nuoto, intenti a polemizzare fra loro dopo aver perso tutto, che l'unione fa la forza e l'impegno silenzioso paga.

"Non voglio diventare famosa". Elisa Di Francisca, doppio oro (singolo e a squadre) dice le stesse parole di Daniele Molmenti, trionfatore nella canoa: "Non voglio diventare famoso". E perché? Con la fama arrivano i soldi. E Dio solo sa se la scherma, sport minore, ha bisogno di finanziamenti.

Ma Elisa, cavalla pazza, rilutta di fronte al successo. Si nasconde ai giornalisti, preferisce festeggiare i trionfi di Londra con papà Ermanno, mamma Ombretta, la sorella Martina e il fratello Michele (anche loro schermidori), tutti a Londra.

Dovevate vederla la sera delle vittorie, quando gli atleti medagliati vanno per le celebrazioni a Casa Italia del Coni, proprio accanto a Westminster. Tutte le telecamere e i fotografi addosso alla Vezzali, abituata alla ribalta. Lei se ne stava in disparte, e dopo le (poche) interviste correva su, al tavolo famigliare.

Non che sia timida. Anzi: "Solo da poco ho imparato a controllarmi, a non mandare a quel paese gli arbitri quando mi danno torto, a frenare la lingua per non dire cose spiacevoli".

E allora? Perché non diventare una perfetta macchina mediatica, come Valentina o Federica Pellegrini? "Non m'interessa entrare in quei meccanismi. Meglio non essere riconosciute per strada. Certo che mi fa piacere. Ma preferisco starmene tranquilla. A me piace lo sport. E in ottobre andrò per un mese ad assistere bambini in Africa con una ong. Voglio rendermi conto della vera realtà del mondo".

A 29 anni, Elisa si è sfidanzata. Non è una notizia: capita in media ogni due anni. "Sì, sono libera. Cerco l'amore grande. Ricco o povero, scemo o genio, non importa. Però non mi accontento". Fuma (anche fra le gare), beve ("il vino dei nostri castelli di Jesi"), fa l'amore ("tutte le posizioni del kamasutra, pure prima delle gare. Perché no, mica fa male").

Ma, aspiranti fidanzati, siete avvertiti: la Di Francisca, proprio come la Vezzali, ha un carattere piuttosto forte. Per metà è marchigiana, e questo basta a renderla tosta. In più, suo padre siciliano (arrivato bimbo ad Ancona) aveva una mamma greca. Fate voi.

Prima di morire il leggendario maestro Ezio Triccoli, che ha creato a Jesi quattro oro olimpionici (Stefano Cerioni, oggi c.t. della nazionale, a Seul 1988, Giovanna Trillini, la Vezzali e ora Elisa) le predisse il podio più alto. Lei aveva solo 13 anni. A 18, dopo la maturità magistrale (oggi su dice "psicopedagogica") mollò tutto a causa di un fidanzato geloso. Due anni dopo ricominciò.

La vita di Elisa è cominciata presto: a 18 anni già fuori di casa. Il contrario della bambocciona. Per mantenersi ha fatto la cameriera, visto che le stoccate non danno pane. Anche sua sorella e suo fratello lavorano nei locali di Jesi, che a lei piace bazzicare di sera.

Già, Jesi: è incredibile che un paese di 40mila abitanti domini la scherma mondiale da tanto tempo, inesauribile. Elisa e Valentina s'incontrano in palestra ogni giorno da vent'anni. E in gara nei week-end da dieci. "Non è vero che non ci amiamo. Semplicemente, non ci frequentiamo perché abbiamo otto anni di differenza: lei è una donna sposata con un figlio, mentre io faccio una vita diversa".

Arianna è la più giovane: 24 anni. E, venendo da Monza, ha infranto il monopolio di Jesi nel fioretto femminile. "Per fortuna ha battuto lei Valentina nella semifinale individuale", conclude Elisa, "prima di farsi battere da me in finale. Sennò ricominciava sta storia della rivalità fra noi jesine".

Dovrà tornare, la delegazione di cinesi a Jesi. Erano venuti per studiare scientificamente i motivi della sua supremazia nel fioretto mondiale. Non li hanno scoperti. Quindi non potranno copiarli. Fino a Rio 2016 possiamo restare tranquilli.
Mauro Suttora