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Monday, March 02, 2009

Obama taglia i charity gala

LA BENEFICENZA PRIVATA USA

di Mauro Suttora

Libero, sabato 28 febbraio 2009

Avete presente quei cenoni che si vedono spesso nei film americani, con i tavoli rotondi da dieci posti nei saloni degli alberghi, gli uomini in smoking, le signore in abito lungo e qualcuno che parla dal podio?
Sono i «charity gala», feste di beneficenza privata che negli Stati Uniti compensano il basso livello di welfare pubblico (e di tasse).

Si va lì per gli scopi più vari (raccolta fondi per malattie, bimbi poveri, politici, università, ospedali, chiese, musei) e si contribuisce sia pagando il posto a tavola (dai cento dollari in su), sia partecipando a un’asta.

Ora Obama dà una bella stangata a tutto questo mondo di filantropia: la charity sarà deducibile dalle tasse, ma con un limite massimo del 28%. Il che, per i ricchi (oltre i 370mila dollari annui) la cui aliquota di imposta sul reddito torna dal 35 al 39% per cento pre-Bush, e anche per i benestanti dai 200mila in su (che salgono dall’attuale 33 al 36), rappresenta un discreto disincentivo.

Nel disperato bisogno di fronteggiare la crisi, Obama rischia così di mandare all’aria il modello americano di redistribuzione sociale. Finora infatti gli statunitensi hanno pagato circa la metà delle tasse degli europei. Ma sanità, assistenza, istruzione, religione, arte e cultura vengono finanziate grazie ai contributi spontanei (e detraibili) dei privati. Niente intermediazione parassitaria di burocrati e politici.

Non c’è famiglia ricca che non abbia una sua fondazione. E attorno alle serate di raccolta fondi si organizza anche la vita sociale degli americani. Ogni sera in un solo quartiere come Manhattan vengono organizzate decine di «charity gala». Sono coinvolti centinaia di camerieri, migliaia di invitati, decine di migliaia di fornitori. Si arriva presto, verso le sei, per l’aperitivo. Poi c’è l’asta. Quindi, verso le otto, tutti a tavola.

Durante la cena c’è qualche discorso: parla il benefattore, il beneficiato, e spesso un vip dello spettacolo o della politica invitato per dar lustro all’evento. Infine, dopo le dieci, negli eventi più festaioli si aprono le danze. Ma già alle undici si comincia ad andare a nanna. Non prima di avere raccolto la «goody bag», un sacchetto con i regalini degli sponsor. Durante i miei anni a New York ho ricevuto di tutto: profumi Dior, mutande, cravatte Yves Saint Laurent, pacchi di pasta De Cecco (a un gala della Camera di commercio italoamericana)…

Quella delle charities è una vera e propria industria. I benefit sono infatti organizzati da schiere di professionisti: maghi del fund-raising, funzionari di fondazioni, consulenti di relazioni pubbliche, addetti stampa… Una ragazza italiana che faceva questo mestiere mi ha svelato che i grandi alberghi come il Waldorf-Astoria, il Pierre o il Plaza impongono che ai banchetti si consumi il loro vino, ovviamente a un prezzo triplo. E se per risparmiare si portano le proprie bottiglie, bisogna versare al potente sindacati dei camerieri una considerevole «cork fee» (tariffa di tappo…)

Per le signore dell’alta borghesia la filantropia è spesso l’attività principale della propria esistenza. A seconda dell’entità del contributo versato dai loro mariti miliardari, possono agguantare un posto nel consiglio d’amministrazione di un museo, di una fondazione, di un club, e sedere accanto a un Rockefeller, un Soros, un Kennedy. Spesso sono le aziende che, per obblighi d’immagine, devono comprare interi tavoli per questi gala. A New York, per esempio, la Rai e le multinazionali italiane finanziano il benefit annuale della Fondazione anticancro, quello del Columbus Day del 12 ottobre (festa degli italoamericani), e i gala della scuola italiana o della fondazione per salvare Venezia.

Nella loro allegra generosità, gli americani finanziano le cause più disparate. A nessuno negli Stati Uniti viene in mente di organizzare una festa senza un qualche scopo benefico. In mancanza dell’otto per mille, anche le chiese devono autofinanziarsi. In un tripudio di marketing, ho visto offrire posti di «serafino» a chi versa almeno diecimila dollari, cinquemila per un «cherubino», più abbordabili gli arcangeli e gli angeli semplici. Risultato: la Chiesa cattolica statunitense è la più ricca del pianeta, nonché la principale contribuente del Vaticano.

Insomma, in nome della sussidiarietà, le buone azioni in America sono tutte «tax deductible». Gli attori presenziano ai gala con tariffe fisse. Noi giornalisti accreditati all’Onu riuscimmo ad attrarre gratis Angelina Jolie alla cena del nostro club nel 2005 solo grazie al suo impegno cosmopolita. A Obama non conviene proprio rovinare questo meccanismo, che funziona.

Mauro Suttora

Wednesday, October 05, 2005

George Clooney

CLOONEY MALATO

Oggi, 2 ottobre 2005

New York (Stati Uniti), ottobre

George Clooney è malato. Una malattia grave, anche se non mortale. Lo ha rivelato lui stesso alla giornalista americana Diane Sawyer, durante una trasmissione della rete Abc girata nella sua villa sul lago di Como. «A tutti, prima o poi, capita nella vita quell'anno in cui si invecchia dieci anni», ha confessato l'attore statunitense, «e a me è toccato un male raro e debilitante, con il fluido spinale che mi esce da naso. E pensare che all’inizio credevo fosse una semplice sinusite...».

Si tratta di una patologia collegata addirittura con il morbo della mucca pazza, perchè colpisce la «dura mater», ovvero la membrana che protegge il midollo spinale. Ma ne è una versione benigna, curabile se individuata in tempo, seppur dolorosa e fastidiosissima: «Praticamente quando starnutivo mi uscivano dei pezzi di testa dal naso», scherza oggi George, anche se all'inizio la sorpresa e la paura sono state grandi. «Dopotutto ho recitato per cinque anni in ER, quindi sono abbastanza abituato a situazioni del genere. Come quel malato che cominciò con un’emicrania, e finì con un tumore al cervello», dice l'attore 44enne, riferendosi al serial Tv che lo ha reso famoso, ambientato in un pronto soccorso (Emergency Room, appunto).

I sintomi del male sono forti mal di testa e perdite di memoria. La star, che negli ultimi tempi ha perso ben quattordici chili, li sta sconfiggendo poco a poco: «Ma sono sicuro che alla fine ce la farò, miglioro ogni giorno. Ho dovuto sottopormi a una quarantina di piccoli interventi chirurgici, mi hanno suturato e infilato tamponi nel naso. Però, tutto sommato, per me che faccio l’attore è stata un'esperienza interessante. Non ricordarsi le cose a breve termine ti colpisce proprio nell’attività professionale, si perde la fiducia in se stessi... Per esercitarmi ora mi tocca contare i gradini quando faccio le scale, e metto bigliettini dappertutto per non dimenticarmi le cose che devo fare».

E i mal di testa? «Ce li ho ancora, ogni giorno. Ma sempre meno, e più leggeri. Cerco anche di stare il più lontano possibile dai farmaci. Mia zia Rosemary Clooney, attrice di successo nei musical, si rovinò la vita e la carriera perchè usava tanti di quegli antidolorifici che ne divenne dipendente. Grazie a Dio io non ho avuto danni permanenti. Ma ogni giorno e ogni notte devo affrontare una piccola sfida. A volte mi sento come se dovessi respirare con una cannuccia stando sdraiato nel fondo di una piscina. E il disturbo peggiora con il passare delle ore che sto in piedi, perchè il peso del cervello spinge il fluido verso il basso e lo fa fuoriuscire... Comunque passare attraverso queste cose ti fa capire che ogni giorno è un regalo. E che non bisogna arrivare alla fine con dei rimpianti: “Ah, se avessi fatto questo, o quest’altro...»

E le donne, i bambini? Il nuovo Cary Grant, uomo desideratissimo dalle femmine dell’intero pianeta, non rimpiangerà un giorno di non aver avuto una moglie e dei figli? «Non prevedo di sposarmi nel prossimo futuro. Lo sono stato in passato, ma ora il matrimonio non rientra proprio fra le mie priorità. Non sto cercando nessuno. E non ho alcun desiderio di diventare padre. Lo so che può sembrare strano, ma non ho mai voluto avere figli. Anche perchè sarebbe una cosa che mi assorbirebbe molto, non prenderei certo una responsabilità simile alla leggera». Lo scapolo 44enne è stato nominato di recente «l'ultraquarantenne più sexy del mondo», ma lui scherza pure su questo: «Anche se avessero specificato “ultraquarantenne col cognome che inizia per C” avrei perso, perchè c'è già Sean Connery...»

Speranze svanite, quindi, per Gianna Elvira Cantatore, la 32enne pugliese che ultimamente era stata accreditata come nuova fiamma di Clooney. I due si erano conosciuti a una festa privata in una villa di Cernobbio, e in seguito ci sono state cene al ‘Gatto Nero’, ristorante a picco sul lago dei Como. Ma era stata lei a fargli la corte, spedendogli un mazzo di margherite nella villa di Laglio, e non viceversa. E, alla fine, anche questa volta lo splendido George ha liquidato la vogliosa candidata con un simpatico sorriso.

Ciò che gli sta veramente a cuore, in queste settimane, è il successo dell’ultimo film che ha diretto, Good Night and Good Luck. E’ la storia di un coraggioso giornalista televisivo americano che negli anni Cinquanta si oppose alla caccia alle streghe del senatore Joe McCarthy. Ma è anche un omaggio a suo padre, reporter tv. Ogni riferimento all’attuale situazione politica statunitense è assolutamente voluto.

Clooney non fa mistero di essere di sinistra: «La mia frase preferita nel film è: “Dobbiamo primeggiare grazie alle nostre idee, non con le bombe...” Mi piace perchè non è una frase che attacca questo o quello, che definisce il bene o il male, ma si limita a constatare che il nostro Paese può fare un sacco di cose positive e sorprendenti, per noi e per i nostri alleati. Quanto a mio padre, il momento più bello del film è stato la prima volta che gliel’ho fatto vedere, proprio qui nella villa mentre era in vacanza in Italia con mia madre. Alla fine si è alzato, mi ha dato una pacca sulla spalla e mi ha detto: ‘Tutto vero, bravo’. Per me è stato il massimo».

Il settimanale Newsweek ha già definito Good Night and Good Luck «il miglior film americano dell’anno». E ha tracciato un ritratto trionfale di quello che è non solo un attore, regista, produttore e sceneggiatore di successo, ma anche un uomo simpaticissimo, intelligente, di classe e impegnato. E’ un impegno politico gaudente, però, quello di Clooney. Ancora l’altra sera l’attore è andato a letto alle otto del mattino a Manhattan, dopo aver fatto bisboccia con gli amici alla festa d’apertura del festival del cinema di New York.

Quand’è nella sua villa italiana in vacanza, invece, i suoi orari sono più mattinieri: sveglia alle sette e mezzo, un’ora e mezzo per leggere i giornali, poi palestra, un giro in moto attorno al lago, ed è già l’ora di pranzo: «Alle due suona la campana e tutti, come una piccola mandria, arriviamo per mangiare. Ho sempre dai quindici ai venticinque ospiti. Sono stato molto fortunato con la mia carriera. Molte cose mi sono capitate per caso, ma sicuramente la svolta sono state le puntate di successo di ER, in tv ogni giovedì sera. Senza quel serial non avrei potuto permettermi questa villa».

In cucina ci sono ben quattro frigoriferi. «Una villa del diciottesimo secolo con dentro una superstar del ventunesimo», la definisce l’intervistatrice, con ammirazione per entrambe. «Sono stati questi suoi soffitti affrescati a conquistarmi», confessa Clooney, «ma nella camera matrimoniale non ci dormo, è troppo grande. Ha un bagno privato che da solo è più grosso del mio vecchio appartamento...»

E' la prima volta che i telespettatori americani possono vedere gli splendori di villa Oleandra, la magione con quindici camere da letto che Clooney possiede in riva al lago: «L'ho comprata dalla famiglia dei miliardari Heinz, e mi sento un po’ in colpa perchè sono un cattolico di origine irlandese: per molto tempo non ho avuto una lira. Ma tutto sommato è positivo avere complessi di colpa sui soldi, si possono utilizzare responsabilmente».

Ora Clooney vuole realizzare un altro sogno: aprire un casinò a Las Vegas. Lo farà in società con Rande Berger, marito di Cindy Crawford (ex top model e moglie di Richard Gere) e con gli inseparabili Brad Pitt e Matt Damon: «Ma sarà un casinò di classe, dove si entrerà solo se si è vestiti bene, e ci saranno feste danzanti... Come la prima volta che andai a Las Vegas con mia zia, e fui colpito dall’eleganza del posto». Insomma, la star di Ocean Eleven e Twelve vuole copiare le imprese di Frank Sinatra e Dean Martin non solo sullo schermo, ma anche nella realtà. Un quarto dei guadagni verrà però versato in beneficenza, promette Clooney.

E Brad Pitt? Sposerà la sua Angelina Jolie a villa Oleandra, come si sussurra? Clooney smentisce. Ma se non lo facesse, che matrimonio segreto sarebbe?

Mauro Suttora

Thursday, September 26, 2002

Angelina Jolie, nuova beniamina Usa

ANGELINA JOLIE

dal corrispondente a New York Mauro Suttora

Oggi, 26 settembre 2002

La sua vita è un uragano. Ha rotto con il primo marito, il secondo lo ha lasciato dopo poche settimane di matrimonio, il padre lo odia a tal punto che lei è andata in tribunale ottenendo di non portare più il suo cognome. E anche suo figlio la scorsa settimana è finito in ospedale, per ragioni misteriose. 

Angelina Jolie a soli 27 anni sembra già votata a un destino di "bella e maledetta", che ha rovinato la vita a decine di star hollywoodiane prima di lei. È una donna stupenda, dai lineamenti quasi extraterrestri che le donano una bellezza aggressiva ed esotica. I suoi occhi hanno un colore indefinito, fra il verde e il blu. 

L'hanno giudicata più attraente di Sandra Bullock, Liz Hurley, Catherine Zeta-Jones: tutte concorrenti superate ai provini per conquistare la parte di Lara Croft, l'eroina dei videogiochi che nel film Tomb Raider quest'anno ha sbancato i botteghini di tutto il mondo. Ed è soltanto il primo di una serie: il secondo episodio viene girato proprio in queste settimane. Ma non in Cina - dov'è ambientato - perché il governo di Pechino ha rifiutato alla troupe il permesso di entrare.

Angelina è diventata in pochissimi anni una delle attrici più contese degli Stati Uniti. È figlia di Jon Voight, 63 anni, leggenda del cinema americano, l'Uomo da marciapiede che si rivelò al pubblico nel 1969 con Dustin Hoffman, e che dieci anni dopo recitò una delle scene più erotiche di tutti i tempi, impersonando il veterano del Vietnam paraplegico amante di Jane Fonda in Tornando a casa (premio Oscar per entrambi). E poi protagonista, fra gli altri, di Un tranquillo week-end di paura, A 30 secondi dalla fine, Mission: impossible (con Tom Cruise).

Nel '74 Voight s'innamora dell'attrice francese Marcheline Bertrand, e il 4 giugno '75 nasce a Los Angeles Angelina Jolie Voight (il secondo nome, "bella" in francese, ha mantenuto le promesse). Dopo soli due anni i genitori si separano e la mamma la porta con sé a New York. Ma il papà non si scorda di lei e la fa debuttare a soli sette anni con una particina in Cercando di uscire, film scritto, prodotto, recitato da lui e diretto da Hal Ashby, il regista di Tornando a casa

Nell'86 la bambina a soli 11 anni va già a scuola di recitazione nel celebre Actor's Studio di Lee Strasberg, anche se la sua aspirazione è diventare "direttrice di pompe funebri". Ma sboccia in lei la bellezza, e diventa modella. Appare in vari video musicali ("Anybody Seen My Babe" dei Rolling Stones, Lenny Kravitz, Meat Loaf, Lemonheads), e ri-debutta diciottenne in Cyborg 2.

Angelina non vuole passare per raccomandata, così elimina il cognome del padre sostituendolo con il secondo nome di battesimo. Un primo successo arriva con Hackers, nel '95. Sul set conosce John Lee Miller, attore inglese reduce da Transpotting, e lo sposa. Il matrimonio fa scalpore perché lei indossa un abito di pelle nera e una camicia bianca su cui ha scritto col proprio sangue il nome del marito. 
Angelina è infatti un'appassionata di coltelli, colleziona pugnali, e porta sul corpo una serie di cicatrici, frutto dei tagli che si è autoinflitta in gioventù. L'attrice ha anche la passione dei tatuaggi (ne esibisce ben nove), e ama le storie dell'orrore nonché tutto quanto è macabro.

Due film per la Tv le regalano la notorietà negli Stati Uniti: Gia del 1997 e George Wallace l'anno dopo, al fianco di Gary Sinise. In Europa Angelina Jolie viene notata in Gli scherzi del cuore, film del 1998 in cui recita con Sean Connery e Gena Rowlands. Ma l'esplosione arriva nel 1999, quando vince l'Oscar come miglior attrice non protagonista per il ruolo della psicopatica Lisa in Ragazze interrotte, con Winona Ryder, e poi interpreta la  poliziotta accanto a Denzel Washington ne Il collezionista di ossa.

In 60 seconds recita al fianco di Nicolas Cage. Infine, nel 2001, Lara Croft: Tomb Raider, traslazione del famoso videogioco sul grande schermo: fra gli attori c'è anche papà Jon Voight, nei panni di Lord Croft, il padre dell'eroina virtuale.

Fisico stratosferico, labbra pronunciate, gambe perfette, caratterino impossibile: Angelina e Lara sembrano quasi la stessa persona, con la differenza che il personaggio del film è appassionato di archeologia, mentre Angelina sembra meno seria: ama gli eccessi, le dichiarazioni a effetto, i simboli di morte e le scienze occulte. Nel '99 recita in Pushing Tin con John Cusack e Billy Bob Thornton, e quest'ultimo prende il posto del marito nel suo cuore, nonostante (o forse proprio per questo) abbia vent'anni più di lei e ben quattro matrimoni falliti alle spalle.

I due si sposano, comprano una villa da otto miliardi a Beverly Hills, vanno in Cambogia, trovano un orfanello e lo adottano. Thornton ha avuto una parte secondaria in Proposta Indecente (con Demi Moore e Robert Redford, 1993), e quest'anno ha raggiunto il successo pure lui recitando (accanto alla premio Oscar Halle Berry) in The Monster's Ball e poi ne L'uomo che non c'era dei fratelli Coen. 

Ma nel giro di pochi mesi anche con Billy Bob è già tutto finito: Angelina ha trascorso l'estate 2002 lavorando in giro per il mondo col figlio di 13 mesi appresso senza mai tornare a Los Angeles, lui si è trasferito al Sunset Marquis Hotel e si è prontamente consolato prima con l'attrice 23enne Danielle Dotzenrod, poi con la cantante country Deana Carter. Qualche giorno fa Angelina ha mandato una ditta di traslochi a ritirare tutte le sue cose dalla magione.

Ma la mossa che ha impressionato di più l'America, della quale nonostante tutte le sregolatezze rimane una beniamina, è stata la puntata che ha compiuto al tribunale di Santa Monica per liberarsi definitivamente del cognome del padre, dopo due anni di continui litigi: "Non voglio più avere nulla a che fare con lui, non mi fa bene averlo attorno", ha spiegato. Voight si è vendicato andando in televisione a denunciare: "Mia figlia ha seri problemi mentali, ha bisogno d'aiuto".

Insomma, Angelina è  uno di quei personaggi turbolenti coi quali da sempre si scrive la storia di Hollywood. Insofferente nei confronti dell'autorità, è capace di improvvisi slanci generosi: come qua
Mauro Suttora