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Wednesday, February 11, 2009

Lucca: la disfida del kebab

La città di Puccini vieta i ristoranti etnici dentro al centro storico: nel mirino quattro paninerie turche. Razzismo culinario?

Lucca, 4 febbraio 2009

dall'inviato Mauro Suttora

«Non sono ammessi nuovi esercizi di etnie diverse». Maledette quelle due paroline, etnie diverse, altrimenti del nuovo regolamento per i ristoranti di Lucca non si sarebbe accorto nessuno. Se avesse scritto «fast food», non sarebbero piovute accuse di razzismo da tutto il mondo sul povero Mauro Favilla, 75 anni, eterno sindaco prima dc (nel 1972!) e oggi pdl. Perché arrivando in questa perla della Toscana pensavamo di trovarla devastata da pizzerie al taglio, pub rumorosi o ristoranti cinesi come certe zone turistiche di Roma e Firenze. Invece l’oggetto del contendere sono solo quattro piccole rivendite di kebab turco.

«Prima ha aperto quella di via Elisa», ci dice Hayri Gok, 30 anni, di Varto (Turchia), «poi sono arrivato io nel 2007. E dopo hanno aperto quelle di San Paolino e corso Garibaldi».
Un successone: attirati dal prezzo (tre euro per un pasto completo di carne e verdura), studenti, giovani turisti e immigrati affollano i locali. E per Lucca si profila l’incubo Pisa, dove i kebab ora sono sedici.

Invidia, protezionismo? «Beh, i kebab non rappresentano certo una minaccia per noi», assicura magnanimo Giuliano Pacini, 67 anni, proprietario del ristorante più antico di Lucca (aperto dal 1782), la Buca di Sant’Antonio. «Quel regolamento c’era già, ed servito per impedire a McDonald’s di installarsi in centro. Lo hanno messo in periferia. Ma i take-away non sono in concorrenza con i ristoranti della cucina tipica. Il Comune vuole solo far mantenere un certo stile, un decoro… Lucca era famosa come la città del “garbo”».

E oggi ai lucchesi non «garba» l’invasione del turismo «basso», quello del «mordi e fuggi», dei grupponi scaricati dalle corriere che arrivano al mattino, parcheggiano fuori dalle mura, percorrono via San Paolino e visitano in poche ore le stupende piazze e chiese del centro.

Poi ci sono gli immigrati. Quando arriviamo nella kebabberia di San Paolino, proprio di fronte alla chiesa, la troviamo piena di albanesi che vengono sfamati da pakistani che lavorano per una catena tedesca di cibo turco. Infatti i kebab (porchetta di bovino) sono penetrati in Europa grazie alla folta colonia dei turchi di Germania. E da lì stanno invadendo l’Italia.

Anche Gok viveva in Germania fino a cinque anni fa. Ha aperto il suo Mesopotamia proprio in centro, nel “chiasso” (vicolo) Barletti, all’angolo con via Fillungo (la via Condotti o Montenapoleone di Lucca). Scandalo! E per di più lo tiene aperto dal mattino fino a mezzanotte sette giorni su sette grazie al cognato e alla moglie. Lavorano come bestie, e così riescono a tenere i prezzi bassi. Lì vicino con tre euro si compra solo una fettina di pizza al taglio sottile come la carta.

«Mi hanno dato una multa di 370 euro per il cartello pubblicitario che ho messo sul marciapiede», si lamenta Gok. Perché non chiedi il permesso di occupazione del suolo pubblico? «L’ho chiesto, non me lo danno».
Lo sai che il nuovo regolamento impone a tutti i ristoranti anche «almeno un piatto tipico lucchese»?
«E quali sono?»
Farro, ceci…
«Ah, bene, i ceci già li metto nel falafel».
E poi il comma E dell’articolo 7 richiede che i camerieri sappiano l’inglese…
«Perfetto: io oltre all’inglese e all’italiano parlo anche turco e tedesco».

«Bisogna stare molto attenti quando si prendono certe iniziative di tutela della “tradizione”: io sento puzza di razzismo», commenta con Oggi Graziano Cioni, l’assessore-sceriffo di Firenze famoso perché vietò i lavavetri ai semafori. Cioni è di sinistra, il sindaco di Lucca di destra: la polemica è facile. «Ma dov’era la sinistra quando il regolamento è stato approvato prima in commissione e poi in consiglio comunale?», chiede il sindaco Favilla. «Allora non ci accusarono di razzismo, e non hanno neppure votato contro: si sono astenuti».

Gli elettori di centrodestra difendono il nuovo regolamento: «Ci voleva, i fast food non possono moltiplicarsi indiscriminatamente. Di fronte a quei kebab la sera c’è disordine, sporcano per terra, lasciano cartacce, disturbano con schiamazzi», dice la signora Simonetta V., dipendente comunale.
«Il sindaco è vecchio, vorrebbe che mangiassimo tutti farro», ribatte Alessandro Fantozzi, 22 anni, lucchese che studia Scienze politiche a Pisa. Aggiunge il suo amico Alessandro Solinas, 23, studente a Bologna: «Dove si può pranzare con tre euro a Lucca?»

La statua seduta di Giacomo Puccini, il lucchese più famoso, osserva muta sotto la sua casa natale. Lucca ne ha appena festeggiato il 150° della nascita, e per attirare turisti d’estate organizza anche concerti rock in piazza Napoleone (Leonard Cohen lo scorso luglio). Però qui il turismo resta d’élite, i miliardari inglesi hanno comprato le ville della Lucchesia.

«Anche a Pistoia hanno proibito i ristoranti “di culture diverse da quella locale”», insiste il sindaco. Ma solo in una piccola zona, quella della piazza della Sala. Invece lo stupendo centro storico di Lucca è enorme, due chilometri: come quello di Milano. Troppo, per andare a farsi un kebab fuori dalle mura.

Mauro Suttora