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Thursday, March 27, 2008

intervista a Michela Quattrociocche

Michela Quattrociocche, la diva del momento, si racconta in un diario

SCUSA MA TI CHIAMO BRANCIAMORE

«Ho conosciuto Matteo, il mio principe azzurro, lo stesso giorno in cui ho avuto la parte nel film di Moccia», dice Michela. «E in nove mesi si sono avverati tutti i miei sogni»

di Mauro Suttora

Roma, 26 marzo 2008

'Scusa ma ti chiamo amore' di Federico Moccia, in cui è protagonista con Raoul Bova, è il film italiano più visto del 2008. Ha incassato 14 milioni di euro: il doppio di Silvio Muccino, il triplo di Nanni Moretti. Solo Carlo Verdone sta andando meglio. Ma la reginetta degli incassi, la debuttante Michela Quattrociocche, resta con i piedi per terra: «Sto studiando recitazione. A settembre mi iscrivo all’università, Scienze della comunicazione», dice mentre posa per le foto.

Ha scritto un libro: 'Più dei sogni miei' (Mondadori). È il racconto degli ultimi nove mesi della sua vita. Dal 21 giugno 2007, quando, appena finito lo scritto di maturità, le squilla il cellulare: la parte è sua. È una data magica, perché la sera Michela conosce per caso l’amore della sua vita: Matteo Branciamore. Coincidenza delle coincidenze, anche Teo fa l’attore, ne 'I Cesaroni'.

Il libro di Michela è la cronaca della loro storia, finora tenuta abbastanza nascosta. E lei confessa addirittura: «Se non avessi conosciuto l’amore attraverso di lui, forse non sarei stata in grado di interpretarlo nel film». All’inizio lui la conquista con questa frase: «Ho letto la biografia di Kakà. Mi piace perché è di sani principi, con la moglie si sono scelti davvero». E lei scrive: «Sono incredula. È strano sentir parlare un ragazzo così... ascoltare da lui cose che penso io. Le penso e non le dico, sennò mi rimproverano di essere all’antica... Ebbene sì. Credo nell’amore, nel matrimonio e sono fedele. Allora? A me non interessa “fare esperienze prima di fidanzarmi”, come si dice. Non mi frega di girare di ragazzo in ragazzo».

Insomma, altro che «mocciosa» (così sono soprannominate le giovani della generazione Moccia): Michela è una puritana. Teo le piace perché non le fa la corte: «Non fa il provolone, non fa il piacione e non mi fa i complimenti». E neppure la tocca: «È meraviglioso», annota, «dev’essere speciale uno per farmi stare zitta, in macchina, di notte, senza saltarmi addosso... Li riconosco quelli che ammucchiano le parole per riempire il tempo, prima di partire all’attacco. Odio chi ti rimorchia senza provare a conoscerti».

Nuovo appuntamento, arrivano le cinque del mattino. «Qualsiasi cosa diversa da un bacio ora sarebbe fuori luogo», ammette Miky. Lui si limita a sussurrarle all’orecchio una frase romantica: «È stato surreale, ma bello».
«La riconosco, è la frase che Hugh Grant dice a Julia Roberts in Notting Hill. Svengo. Resto in piedi per orgoglio. Mi rimanda a casa senza toccarmi. Per la prima volta qualcuno mi rispetta. Stiamo cuocendo a fuoco lento ed è stupendo». Risultato: da un mese Miky e Teo sono andati a vivere assieme. «Sono felicisssima, anche se ora litighiamo un po’ di più», dice lei.
Ecco uno degli ultimi capitoli del libro, in cui Michela annuncia a mamma e papà che andrà a convivere col fidanzato.

M.S.

IL CANTO DELLE SIRENE

Se il film non va, fa niente. Ammetto che è tostissima allontanarsene, è come una droga: una volta provato non puoi più farne a meno. Se pensi a quale mestiere vorresti fare dopo avere girato un film, ti fa schifo tutto, è tutto privo di magia. Sei rintontito, svuotato. Non so a cosa paragonarlo (...). L’idea che il cinema diventi il tuo lavoro è talmente ammaliante che cancella tutto il resto. È il canto delle sirene, e d’istinto ti ci butteresti a capofitto (...). Sto aspettando che torni a pranzo mamma per dirle che andrò a convivere con Teo. Adesso sì che sono tesa. E non solo perché non ho idea di quale sarà la sua reazione. Dal momento che lo dico, lo dico sul serio. Non torno indietro. Significa rinunciare a essere viziata e rimboccarmi le maniche. È un passo da gigante (...). È più difficile di quanto pensassi. Lei sa tutto di me. Anzi lei sa più cose di me di quante ne sappia io. Se ho un dubbio nascosto in qualche angolo del cuore, me lo tira fuori in un secondo.

Di questo ho paura. Affrontarla è come affrontare me stessa, e temo di scoprire che non sono per niente sicura di quello che sto facendo. Spostiamo il centrotavola, apparecchiamo, nonna ha preparato i tortellini.
«Mami, ti ricordi l’attico meraviglioso che dovevano prendere Alessia e Luca?». Con lei è inutile girarci troppo intorno, tanto ti ferma al secondo giro.
«Sì». «Ci andiamo a vivere io e Teo». Sulla frase ci metto pure una faccia di supplica che mi esce spontanea. Supplica di non arrabbiarsi, di non dirmi quello che pensa in fondo in fondo.
«Così impari a fare qualcosa per casa, almeno», dice seria. Poi scoppia in una risata fragorosa (...) e mi viene ad abbracciare.

al ristorante con papà

Adesso tocca dirlo a papà. Sostiene che lui, come il padre di Niki, non giudicherebbe Alex dall’età, ma lo vorrebbe prima conoscere e, se scoprisse che i suoi sentimenti sono veri, lo accetterebbe (...). Voglio proprio vedere se accetta i sentimenti di me e Teo. Gli ho dato un appuntamento al ristorante. Arriva, col suo pizzetto grigio e il maglione a V viola, il sorrisetto storto di chi si aspetta l’ennesimo tiro mancino. Ho passato il primo test. Sono pronta.
«Papy, è vero che reagirai bene?». «Non mi freghi più». «Giuro che devo dirti una cosa vera». «Ti vedo strana, infatti. O è vera o sei diventata una bravissima attrice». «Vado a convivere con Teo».

Gli va di traverso l’acqua. Fissa la tovaglia, poi comincia a disegnare nel vuoto piccoli cerchi con il bicchiere. Non so capire se è un buon segno. «E dove?». Intanto non gli sono usciti gli occhi di fuori, ed è già una cosa. Le domande sono un’arma a doppio taglio. A seconda delle mie risposte deciderà se è d’accordo o meno. «In quell’attico che doveva prendere Alessia (...)». «E quando?». «Entriamo il 14 febbraio, San Valentino, pensa che coincidenza». «Sono contento per te. Ti vedo presa». «Innamorata papà, non presa. Innamorata». «Va bene, va bene. È giusto. Io credo nell’amore». «Ah sì? E credi pure nel matrimonio?». Mi pento subito. Gliel’ho detto con rancore. Ogni tanto mi escono rigurgiti della loro separazione. Non posso farci niente. «Il fatto che il mio non abbia funzionato non significa non crederci più». «Allora sei d’accordo?». «Basta che ogni tanto mi inviti e non sparisci».
È fatta.

© 2008 Arnoldo Mondadori Editore

Thursday, February 13, 2003

intervista a Sandra Bullock e Hugh Grant

Grant racconta i litigi con la Bullock sul set del loro film culto

Sandra, io sono nevrotico: i pantaloni li lascio portare a te

"È anche la produttrice di "Due settimane per innamorarsi" e quindi era il mio capo, oltre che la mia partner", spiega il divo "La mattina io ero sempre di cattivo umore e lei presa da mille problemi" "Hugh mi ha insegnato un sacco di nuovi... insulti", rivela l' attrice

New York (Stati Uniti), febbraio 2003

Vogliono conquistare il titolo di coppia più romantica del cinema, e minacciano di riuscirci. Sandra Bullock e Hugh Grant sono riusciti a incassare già 100 milioni di dollari in soli due mesi in America col loro ultimo film 'Due settimane per innamorarsi', e stanno spopolando in Italia dove sono arrivati nel giorno di San Valentino. È un agguerrito testa a testa con l' 'Amore a cinque stelle' di Jennifer Lopez e Ralph Fiennes, altra grande commedia rosa che in Italia vedremo da aprile. Sandra Bullock recita la parte di una combattiva avvocata delle cause perse, militante ecologista che all' inizio del film non esita a sdraiarsi in strada contro una speculazione edilizia, per poi alla fine sdraiarsi nel letto dello speculatore. Non si capirà bene se è stata lei a conquistare, convincere e redimere lui, o viceversa. Quel che è certo è che quando due attori sono belli, affascinanti e simpatici come la Bullock e Grant, il lieto fine è doveroso. Anche se al povero Hugh toccano personaggi ripugnanti come quello del film: un figlio di papà falso, immaturo e incapace.

Peccato che poi, nella vita, questi due campioni del romanticismo non riescano a trovare l' anima gemella. E ormai, sia per Sandra che per Hugh, l' età avanza: oltre i quaranta lui (42), appena sotto lei (38). Li incontriamo entrambi al Park Lane Hotel di Manhattan per intervistarli. Chiariamo subito, intanto: sul set vi siete amati come sostengono gli esperti di gossip ? Vi siete odiati ? O siete restati indifferenti l' uno all' altra ?

"Era da tanto tempo che volevamo recitare assieme; finalmente siamo riusciti a realizzare questo desiderio...", attacca diplomaticissima Sandra. In questo film è lei che porta i pantaloni. Non solo perché il suo personaggio è più maturo del vacuo seduttore interpretato da Hugh, ma anche perché nella realtà la Bullock è pure produttrice. E in questo film non si è limitata a recitare, ma ha fatto anche il "padrone": la Warner Brothers ha subappaltato alla sua società la produzione esecutiva. "È stata un' esperienza utile e interessante, ma non la ripeterò mai più", confessa lei, "perché è da schizofrenici pensare alla propria parte, decidere se una scena va ripetuta o no, discutere col regista sui costi di questo e quello... Non voglio più sostenere il peso di queste responsabilità". Forse a causa del nervosismo per il superlavoro, pare che sul set Sandra non fosse tranquilla, e che anche nei rapporti con Hugh a volte la tensione salisse. O perlomeno, questo è ciò di cui hanno spettegolato durante i mesi delle riprese i giornali di New York.

Lei, ovviamente, nega tutto: "Hugh è la persona più charming che esista. Però è vero che entrambi siamo perfezionisti. Io pensavo di essere la più esigente del mondo sul set, e invece ho scoperto che lui è ancora più preciso di me. Se è convinto di non aver recitato bene una scena, vuole ripeterla finché non è soddisfatto. "A questo aggiungete che anche il regista è un perfezionista, e che a New York, a differenza di Los Angeles dove gli spazi sono più ampi, si gira per strada, e quindi qualsiasi passante può assistere ai retroscena... Insomma, basta una parolaccia ad alta voce per dare l' impressione che si stia litigando. La verità è che sia io che Hugh amiamo il linguaggio colorito. Anzi, lui mi ha insegnato dei nuovi insulti...".

La versione di Hugh Grant sui rapporti con Sandra è surreale: "Sì, volevo farmela da tempo, qualche anno fa eravamo finiti nello stesso albergo in due camere vicine e ho cercato di conquistarla sussurrandole oscenità rivoltanti. Da allora non ha più voluto vedermi... Scherzi a parte, il problema è che, mentre il film procedeva, lei aveva sempre più energia nel suo ruolo di produttrice, io sempre meno. La verità è che sono un nevrotico totale, e con la pressione dei soldi e del tempo divento paranoico. La parte peggiore della giornata è al mattino. Riesco a essere orribile e quando mi arrabbio il tono dei miei strilli sale fino a livelli da gallina di pollaio. Al pomeriggio va molto meglio".

Non è un segreto che il finale del film abbia dovuto essere girato di nuovo, dopo che le riprese erano finite. "Sì", conferma la Bullock, "ma non è avvenuto perché la Warner, come ha scritto qualcuno, era scontenta. Al contrario, erano talmente soddisfatti da concederci aumenti di budget nel caso ci fosse stata qualsiasi cosa da fare per migliorare ulteriormente il film. Così abbiamo preferito rifare la scena finale in un ambiente più intimo". Sandra e Hugh vanno sull' intimo varie volte nel film. A un certo punto, lei si ubriaca sul suo yacht e lo bacia con foga. "Mi è sembrato il bacio più lungo che abbia mai dato a chiunque, anche nella vita vera", scherza lei, una delle zitelle più ambite degli Stati Uniti. E lui: "Sandra è davvero attraente, ma con alcune donne, per quanto mi piacciano, non riesco a flirtare. Sono quelle troppo intelligenti. Mi trovo più a mio agio con quelle meno brillanti".

Hugh Grant, dopo la disavventura del 1995 con la prostituta di colore Divine Brown (venne arrestato per atti osceni in auto a Los Angeles) e la separazione da Liz Hurley, è uno degli scapoli d' oro più attivi di Hollywood. Da anni svolazza di party in party, ogni sera alle prese con nuove splendide ma sconosciute modelle e starlette. Pochi giorni fa si è favoleggiato di un' ulteriore impresa nel campo del sesso non convenzionale, quando l' ascensore su cui erano saliti lui e una bella ragazza in un albergo di Los Angeles è rimasto a lungo bloccato fra un piano e l' altro. Ma tutto ciò che riusciamo a strappargli, come commento serio sulla sua instancabile e volubile attività di rubacuori, è un laconico: "Ammetto di non essere molto paziente in questo periodo con le donne". E subito dopo si rifugia nella battuta: "Riconosco che il figlio di cui Sandra è attualmente incinta è mio". Un riferimento ironico alla vicenda della sua ex, Liz Hurley, che è dovuta ricorrere in tribunale per far riconoscere il figlio Damian al playboy Steve Bing.

Anche Sandra Bullock da anni non va oltre le avventure più o meno fugaci. Ora sta con l' attore Ryan Gosling, 22, coprotagonista nel suo penultimo film. Non ha problemi ad affrontare seriamente l' argomento amore: "Le mie relazioni non sono mai state facili, e ammetto che è avvenuto per colpa mia. Il problema sono io. Ho bisogno di qualcuno che mi faccia sentire piccola quando gli sto vicino. Qualcuno a cui non debba chiedere nulla quando ho bisogno d' aiuto, perché l' aiuto me l' ha già dato lui spontaneamente". La seconda fidanzata d' America (il primo posto lo detiene sempre Julia Roberts) ha scandalizzato tutti confessando pochi giorni fa di avere fatto una volta l' amore in taxi ("Però è successo prima di diventare famosa"). Nel film ci mette due settimane per innamorarsi di Hugh Grant. Quante gliene occorreranno per trovare l' amore della sua vita ?