Thursday, June 30, 2016

Enciclopedia della Brexit

COSA ACCADRA' DOPO IL REFERENDUM CHE HA DECISO L'USCITA DEL REGNO UNITO DALL'UNIONE EUROPEA?

di Mauro Suttora

Oggi, 30 giugno 2016



E adesso, che cosa succederà? Il Regno Unito era nell'Unione europea dal 1973. Non aveva aderito all'euro e non aveva abolito le frontiere, ma stava in Europa. Ecco che cosa cambierà, dall'A alla Z.

ALBANIA. È il primo Paese in lista d'attesa per entrare nella Ue, con Serbia e poi Turchia. Ora sarà più dura, visto che proprio l'adesione 10 anni fa di Romania e Bulgaria, altri Paesi balcanici, è stata una delle cause scatenanti del Brexit (insofferenza verso gli immigrati comunitari).
BANCHE. "No all'Europa delle banche", è lo slogan dei NoEuro. Dimenticano che la Ue si occupa di tante altre cose, dalla protezione dei consumatori a quella dell'ambiente. E che se qualche banca è stata salvata dal fallimento, tanto meglio per i piccoli azionisti e risparmiatori, visti i disastri delle banche Etruria, Vicenza o Marche.
CAMERON. Come un politico può suicidarsi indicendo un referendum. Alcuni augurano lo stesso a Renzi in ottobre. Ma il premier britannico non è stato l'unico a illudersi che il Brexit perdesse: bookmakers e Borse di tutto il mondo ne erano convinti fino all'apertura delle urne.
DANIMARCA. Civilissimo Paese scandinavo modello di accoglienza per i profughi fino a un anno fa. Ma ora, dopo la moltiplicazione degli arrivi, ha chiuso le frontiere. Sequestra i soldi ai migranti, per mantenerli. Sono diventati troppi. Non illudiamoci quindi grandi aiuti per smaltire le migliaia di arrivi in Sicilia di questi giorni.
EURO. La Gran Bretagna non l'aveva voluto. E conservava anche dogane e frontiere, in barba alla libera circolazione del trattato di Schengen. Ma agli orgogliosi sudditi di Sua Maestà non è bastato. E ora molti europei incolpano la valuta comune per la crisi economica.
FINLANDIA. Ha già raccolto le firme per un referendum. Non per andarsene dalla Ue: soltanto dall'euro. Ma l'effetto sarebbe egualmente devastante. Se i Paesi ricchi del nord lasciassero l'Eurozona, rimarrebbero solo i Paesi mediterranei carichi di debiti. Che verrebbero travolti da inflazione e svalutazione, come negli anni 70.
GRILLO. I suoi 5 stelle sono indecisi: alcuni vogliono mollare l'Europa, come l'Inghilterra, altri solo l'euro. Per tenerli buoni, il suo blog un giorno dice una cosa, il giorno dopo un'altra. Ora che hanno conquistato Roma e Torino vorrebbero accreditarsi come politici responsabili. Ma la base è scatenata.


HOTEL. "La Ue non è un albergo, o dentro o fuori". Il presidente della Commissione Juncker forse pensava di intimorire gli inglesi facendo il duro. Ma ha ottenuto l'effetto contrario.
JUNCKER. Vedi Hotel. Un anno fa è riuscito a domare il greco Tsipras e a cacciare il suo compare Varoufakis. Chissà se ora riuscirà a galleggiare (la sua maggiore virtù) nelle turbolenze del Brexit, o ne sarà travolto come Cameron.
KO. Dopo un colpo così forte, si sperava in un'autocritica da parte dei burocrati di Bruxelles. Niente da fare: mantengono i loro superstipendi e privilegi, con sprechi di miliardi. Anzi, alcuni sono felici che quei criticoni di inglesi se ne vadano.
ISIS. Nessuno lo dice, perché è meglio non disturbare il can che dorme. Ma la paura dei terroristi islamici è il maggior propellente degli xenofobi (vedi) in Inghilterra come nel resto d'Europa. E non importa che quasi tutti gli islamisti siano autoctoni.
LE PEN. Marine non vede l'ora che arrivino le presidenziali 2017 in Francia. Sfiderà il presidente socialista Hollande e l'ex presidente di destra Sarkozy, sperando che l'onda nazionalista attraversi la Manica. Intanto, preme per un qualsiasi referendum (contro l'euro o la Ue).
MERKEL. La cancelliera tedesca diventa sempre più padrona dell'Europa senza Londra, uno dei suoi principali contrappesi. Con gli altri (Italia, Francia, Spagna se esprimerà un leader) si sta consultando, per non apparire padrona.
NO. Qualsiasi voto, in tempo di crisi economica e di rivolta contro le elites, premia chi è contro. Se n'è accorto Cameron, cosicché ora gli altri leader europei si guarderanno bene dall'organizzare altri referendum. Tempi duri per la democrazia diretta.
OLANDA. È la prossima candidata all'uscita dall'Europa, nonostante sia uno dei sei Paesi che la fondarono 65 anni fa (Ceca). I nazionalisti del biondo (anche se di madre indonesiana) Geerd Wilders hanno il 17%, e sono in ascesa. L'Olanda è il maggior contributore netto al bilancio Ue dopo la Germania (vedere la tabella a pag.xx).
POLONIA. Ha ricevuto molti contributi dalla Ue dopo la sua entrata nel 2004, ha raddoppiato il Pil, ma gli stipendi sono bassi e l'emigrazione ancora alta. Soprattutto verso la Gran Bretagna, con fastidio inglese. E fastidio polacco verso i profughi che Bruxelles le chiede di accogliere.
QUORUM. Molti i votanti al referendum Brexit: 72%. Ma minimo lo scarto dei sì: 51,9%. Con vittoria dei no in Scozia, Irlanda del Nord, a Londra e fra i giovani. Perciò c'è chi chiede un'altra improbabile consultazione, oppure l'indipendenza per la Scozia. 
RENZI. Ha approfittato del disastro inglese per chiedere alla Germania (pardon: alla Ue) di abbandonare l'austerità. Tradotto: potersi indebitare di più, nonostante il nostro immenso debito pubblico, anche per assicurarsi benemerenze presso gli elettori.
SALVINI. È il capofila degli antieuropeisti italiani. Ma le roccaforti leghiste sono Lombardia e Veneto, legate all'export europeo e quindi refrattarie a una secessione verso nord (verso Roma, magari sì). Infatti Milano ha punito la Lega all'ultimo voto il 5 giugno: solo 11%, contro il 20 di Forza Italia.
TENSIONI. Che fine faranno i duemila funzionari britannici che lavorano per la Ue  a Bruxelles e Strasburgo, ma che diventeranno extracomunitari? In teoria potrebbero essere perfino licenziati, oppure tornare in Gran Bretagna per essere riciclati.
URGENZA. Londra e Ue hanno due anni di tempo per trattare prima della separazione. Ma i capi europei vogliono accelerare, per spaventare e dissuadere altri Stati che intendessero secedere.
VANTAGGI. "Risparmieremo 350 milioni di euro alla settimana uscendo dalla Ue", avevano promesso i nazionalisti inglesi. Falso, sono 80. Ora vari elettori dicono di non aver capito bene. Sui presunti vantaggi del Brexit c'è stata anche propaganda fasulla.
WELFARE. Troppo generoso quello britannico: regala sussidi a tutti i giovani disoccupati che arrivano da qualsiasi angolo d'Europa. È anche per questo che gli inglesi anziani hanno votato a larga maggioranza per Brexit.
XENOFOBI. Gli eurodeputati del partito xenofobo inglese di Nigel Farage (alleato di Grillo) dovranno trovarsi un lavoro. Perderanno infatti il seggio a Strasburgo per aver raggiunto il loro obiettivo: l'"indipendenza".
YOUNG. I giovani inglesi, quasi tutti pro-Europa, dovranno subire la decisione contraria dei loro genitori e nonni per i prossimi decenni. Si apre un conflitto generazionale con i vecchi ex figli dei fiori, ribelli capelloni e fan di Beatles e Stones (Mick Jagger era per il Brexit).
ZAVORRA. Tutti in Europa sono convinti di essere zavorrati da qualcuno: i britannici dai burocrati continentali, i settentrionali dai Pigs meridionali (Portogallo, Italia, Grecia, Spagna), i meridionali dai tedeschi che beneficiano dell'euro forte.
Mauro Suttora

Wednesday, June 29, 2016

Medaglia al partigiano assassino di Schio (Vicenza)

MA SI PUÒ PREMIARE IL PARTIGIANO ASSASSINO?

di Mauro Suttora

Oggi, 29 giugno 2016



Siete pronti per la prossima battaglia di Schio? Domenica 10 luglio, come ogni anno, pagheremo gli straordinari a decine di celerini e carabinieri. Si piazzeranno fra neofascisti e militanti dei centri sociali, per evitare che si scontrino nel centro di questa altrimenti tranquilla cittadina di 40mila abitanti, la terza più grande in provincia di Vicenza.

Tutti a ricordare la strage del 6 luglio 1945, quando nella notte un commando di partigiani della brigata Garibaldi (comunisti) penetrò nel carcere e ammazzò 54 dei 99 detenuti.
Il motivo? Erano fascisti, oppure parenti di fascisti. Quattordici donne, la più giovane aveva 16 anni. Alcune erano figlie di criminali di guerra, arrestate e tenute in ostaggio solo per spingere i padri a costituirsi. Alcuni erano innocenti.
«Il sangue a rivoli fluisce dalle scale fin sulla strada, fra l’orrore dei primi che accorrono», racconta lo storico Silvio Bertoldi.

La Seconda guerra mondiale era finita da due mesi, ma le vendette private e pubbliche proseguivano in quella prima estate di pace. Un capitolo imbarazzante della nostra storia, sottaciuto fino ai libri di Gianpaolo Pansa che una dozzina di anni fa fecero luce sul “sangue dei vinti”.

Pagato questo tributo alla verità, ristabilito l’equilibrio storico su vicende che per mezzo secolo erano state raccontate dal punto di vista dei vincitori, si pensava che il tempo delle recriminazioni fosse scaduto. Anche per motivi fisiologici: dopo 70 anni, perfino i più giovani protagonisti di quella guerra sono quasi tutti scomparsi.

«La verità solo dopo la mia morte»

E invece no. Perché per il 70esimo anniversario della Repubblica (2 giugno 1946) il ministero della Difesa ha deciso di onorare con una medaglia tutti i partigiani viventi che finora non ne hanno mai ricevute. In provincia di Vicenza sono 84. E fra questi c’è anche il 93enne Valentino Bortoloso, nome di battaglia “Teppa”.

A maggio Bortoloso riceve la medaglia nel salone della prefettura di Vicenza. Ma qualcuno ricorda il suo nome, e scoppia il caso. Teppa, infatti, fu condannato a morte da un tribunale militare alleato per la strage di Schio. Pena commutata in ergastolo, e poi amnistiata nel 1955.

Bortoloso oggi non vuol parlare di quelle vicende: «Ho scritto tutto in un documento che potrà essere aperto solo dopo la mia morte». Il sindaco di Schio è imbarazzato. Nel 2005 proprio qui venne siglato un “patto della concordia” per riconciliare i superstiti e i familiari delle vittime dopo 60 anni. Ma la ferita è stata riaperta dall’onoreficenza per Bortoloso.

Prima della strage a Schio ci furono altri episodi trucidi. Un partigiano, Giacomo Bagotto, fu torturato dalle Brigate nere fasciste, che gli cavarono gli occhi e lo sotterrarono ancora vivo. Poi la strage di Pedescala (Valdastico), un paese vicino: il 30 aprile 1945 i partigiani attaccarono un convoglio tedesco diretto al Brennero. Vennero uccisi sei soldati. Per rappresaglia i nazisti ammazzarono 83 civili.

Gli americani volevano liberare tutti i fascisti?

La guerra finì, ma la voglia di vendetta rimaneva. A inizio luglio a Schio si sparse la voce che gli americani volessero liberare dei fascisti detenuti nel carcere. Quindi i partigiani pensarono di farsi giustizia da sé. Poi si giustificarono dicendo che un fascista incarcerato aveva una pistola, e che avrebbe iniziato lui il conflitto a fuoco che portò alla carneficina.

Tutti orrori risvegliati 71 anni dopo, e rinfocolati da estremisti di destra e di sinistra che si apprestano a confrontarsi di nuovo in piazza il 10 luglio.
Mauro Suttora

Friday, June 24, 2016

Gli inglesi dicono no all'Europa

di Mauro Suttora

Oggi, 24 giugno 2016

Il martirio di Jo Cox non è servito a tenere il Regno Unito dentro all’Europa. La povera deputata laborista ammazzata per strada dal pazzo nazionalista Thomas Mair non ha fatto cambiar segno al referendum Brexit (British exit) di giovedì 23 giugno. Hanno prevalso gli antieuropeisti.

«La verità è che la maggioranza dei britannici non è mai stata pro Europa, fin dall’adesione all’allora Cee nel 1972», avverte Fareed Zakaria, commentatore della Cnn. La Gran Bretagna ha sempre considerato l’Europa come una semplice area di libero scambio, senza tariffe e dazi doganali. Guai a parlare di unione politica.

Per tutti gli anni 80 Margaret Thatcher fece guerra a Jacques Delors, presidente francese della Commissione di Bruxelles, e a Bettino Craxi. Oltre a rifiutare gli accordi di Maastricht che hanno poi portato all’euro, la Lady di Ferro conservatrice detestava i socialisti Delors e Craxi. Quindi nazionalismo inglese contro federalismo, ma anche liberismo thatcheriano contro statalismo.

Il Regno Unito era già l’unico dei 28 Paesi Ue (con l’Irlanda) a non avere abolito passaporti e confini. Rimasto fuori dall’area Schengen, si era guardato bene anche dall’aderire all’euro (assieme ad altri dieci Paesi). «Quindi l’uscita dall’Unione è un trauma solo fino a un certo punto, ai fini pratici», dice Zakaria, «perché i britannici sono sempre rimasti fuori a metà».

E per gli italiani, quali saranno le conseguenze di un’Europa senza Londra? 
I nostri risparmi se ne sono già accorti: le Borse e i fondi azionari (anche pensionistici) sono calati del 10% in pochi giorni fino all’omicidio Cox. L’euro forse si rafforzerà sulla sterlina, ma sicuramente s’indebolirà nei confronti del dollaro e del resto del mondo.

L’Italia non ha un grande interscambio con il Regno Unito: i 31 miliardi di import/export sono un quarto di quelli con la Germania, la metà degli scambi Italia/Francia, e valgono quanto quelli con la Russia.
La bilancia commerciale però è a nostro favore: 21 miliardi di esportazioni (cibo, moda, macchinari, mezzi di trasporto) contro 10 di import. Quindi, se si dovesse scatenare un’improbabile guerra commerciale, ci rimetterebbero le nostre aziende. Soprattutto le lombarde, che da sole coprono un quarto dell’export.

In Italia risiedono 26mila britannici: niente, rispetto al mezzo milione di pensionati inglesi che svernano in Spagna. Ma siamo amatissimi da quattro milioni di turisti che arrivano ogni anno, e che ci portano 2,6 miliardi. L’attrazione è reciproca: fra turisti italiani ed emigrati, il Regno Unito supera la Germania come nostra meta, ed è pari alla confinante Francia.

I nostri emigrati in Gran Bretagna non subiranno contraccolpi dal Brexit. Anche i più accesi xenofobi dell’Ukip (l’United Kingdom Independence Party di Nigel Farage) non ce l’hanno infatti con gli italiani, che da generazioni lavorano duramente e sono rispettati dagli inglesi. Gli antieuropeisti temono di più gli immigrati slavi e balcanici che approfittano dei sussidi in quanto cittadini Ue, e soprattutto l’ondata di africani e arabi degli ultimi mesi, con le strazianti scene a Calais.

I pericoli per l’Italia dall’addio del Regno Unito sono quindi indiretti, e politici. L’esempio del Brexit potrebbe essere seguito da altri Paesi con forti partiti neonazionalisti: Olanda, Grecia, Finlandia. Anche gli antieuropeisti tedeschi di Alternative für Deutschland, già oltre il 10%, si galvanizzeranno, così come i lepenisti francesi e i leghisti e grillini italiani. L’Unione Europea si dimostra debole e friabile: gli speculatori internazionali potrebbero scommettere contro l’euro come nel 2011.

Così lo spread degli interessi sul nostro immenso debito (2.230 miliardi) potrebbe tornare ad allargarsi rispetto a quelli pagati dai tedeschi. L’Italia rimane infatti l’anello debole d’Europa con Spagna, Portogallo e Grecia.

Infine, ci sono anche quelli che reputano vantaggioso un addio di Londra: «Senza gli inglesi che da 40 anni trascinano i piedi», ragionano i federalisti più ottimisti, «il traguardo degli Stati Uniti d’Europa potrebbe rivelarsi più vicino: unione politica, finalmente, e non solo finanziaria ed economica».
Pochi ma buoni, insomma. Magra consolazione

Mauro Suttora

Wednesday, June 22, 2016

Berlusconi vecchio? Adenauer mollò a 87 anni

di Mauro Suttora

Oggi, 15 giugno 2016




«Sono morto così tante volte», mormorò Calvero alla fine di Luci della ribalta di Charlie Chaplin. Altrettante sono le volte che Silvio Berlusconi è stato dato per finito: politicamente, economicamente, giudiziariamente e anche fisicamente. L’ultima tre anni fa, quando arrivò la condanna che lo fece decadere da senatore. La penultima nel 2011, quando perse per la terza volta la premiership.

E poi tumori alla prostata, avvisi di garanzia a Napoli, duomi in testa, sconfitte al voto per sei centesimi di percentuale (nel 2006), sentenze di pretori che oscuravano tutte le sue tv, ulivi, tradimenti di delfini (Casini, Fini, Alfano), distruzioni di protettori (Craxi)…

Fra tre mesi diventa ottuagenario. De Gaulle alla sua età lasciò l’Eliseo, Fanfani Palazzo Chigi. Ma Silvio pensa a Churchill premier oltre gli 80 anni, e soprattutto ad Adenauer cancelliere fino a 87. Sogna di vincere le prossime elezioni contro il 41enne Renzi e il grillino Di Maio, che ha mezzo secolo meno di lui.

In questi giorni guarda fuori dalla finestra, al sesto piano dell’ospedale San Raffaele. Vede la torre con i ripetitori della sua Mediaset, che nonostante stia in un posto chiamato col poco poetico nome di Cologno Monzese da 35 anni fa sognare metà dei telespettatori italiani.

Sotto scorre via Olgettina, e lasciamo stare. Dietro c’è la sua Milano 2, città di 10mila abitanti inaugurata nel 1972. Grazie alla contemporanea nascita del contiguo ospedale dell'amico don Verzè, Berlusconi riuscì a far deviare le rotte degli aerei in decollo da Linate: cosi' decollo' anche la sua fortuna. Più in là c’è il primo villaggio Edilnord di Brugherio, di cui proprio venti giorni fa è andato a festeggiare le 50 candeline.

Insomma, gira tutto qui attorno il mondo di Silvio. Che per la prima volta si affida pubblicamente a Dio, mentre i dirigenti del suo partito devono affidarsi ancora a lui. Ha voglia zio Fedele Confalonieri ad avvertirli: «Forza Italia impari a fare a meno di Berlusconi». Loro senza di lui non sanno che pesci pigliare: anche perché hanno appena pigliato un disastroso 4% a Roma e Torino. Si consolano con la Milano di Stefano Parisi e Maria Stella Gelmini al 20% (il doppio della Lega), Trieste, e Cosenza conquistata col 60%.

Gli unici politici che hanno potuto vedere il Capo in ospedale sono Gianni Letta e Niccolò Ghedini. Ma il primo in qualità di amico personale, il secondo come avvocato. Gli altri si devono accontentare di telefonate. Anche perché la figlia primogenita Marina ha preso in mano la situazione ed è inflessibile. Ha fatto bloccare Denis Verdini e Carlo Rossella che si erano presentati non annunciati al San Raffaele.

Nella suite con nove camere e tre bagni che don Verzè, prima del fallimento e scomparsa nel 2011, fece allestire apposta per lui, Berlusconi riceve solo parenti e amici stretti. È arrivata la figlia Eleonora, che gli sta regalando il suo nono nipotino (il padre è di nuovo il modello Guy Binns), e gli ha portato gli auguri dell’ex moglie Veronica Lario.

Molto presente anche il figlio più giovane, il 27enne Luigi. Al quale due anni fa Silvio aveva passato la storica segretaria Marinella Brambilla, ora 54enne, dopo che questa era entrata in urto con la senatrice Maria Rosaria Rossi. Ora pare che quest’ultima sia finita in disgrazia, accusata da Marina Berlusconi di non essersi accorta che il padre stava male e di averlo spremuto troppo per la campagna elettorale a Roma. Si sussurra anche di uno scontro con la fidanzata Francesca Pascale, che però è sempre presente.

Pare che in questi giorni dentro a Forza Italia stia prevalendo il “clan del Nord”. Aumentano le quotazioni del presidente della regione Liguria Giovanni Toti al toto-successione. Ma non scendono quelle di Mara Carfagna al Sud, visto il buon risultato del candidato forzista Lettieri a Napoli, che ha battuto quella del Pd per il ballottaggio, seppur senza speranza, con il sindaco Luigi De Magistris.

Il Milan ai cinesi, la tv a pagamento al francese Bollorè: Berlusconi si sta alleggerendo dei settori in perdita. In politica invece, dopo le vittorie del 1994, 2001 e 2008, Silvio sta ancora cercando rivincite e coltivando passioni. Quindi, se il cuore sarà d’accordo, la pensione aspetterà.
Mauro Suttora

Wednesday, June 01, 2016

Daria Bignardi contro il sexy

Oggi, 1 giugno 2016

Se andasse in onda su Rai3, Lilli Gruber dovrebbe fare a meno degli enormi orecchini verdi Vhernier che sfoggia a 8 e mezzo, su La Sette. Perché quelli «vistosi» sono stati messi al bando da Daria Bignardi.

La neodirettrice della terza rete pubblica ha convocato costumiste e truccatrici, dettando loro le regole sul modo corretto di apparire sullo schermo. Niente più abiti fascianti, basta tubini, rigorosamente banditi quelli di colore nero: troppo sexy per la Rai. Bandito il tacco 12 (e anche qui Lilli si troverebbe in difficoltà).

L’ordine della Bignardi è perentorio: «Trucco leggero». Nessuna licenza, neanche se la richiede la conduttrice. Il dress code è severo: camicette di «colori tenui», scollature minime (si può soltanto far prendere aria al collo), gonna o pantalone e tacco basso. Insomma, tutte come Daria.

Anche Gianni Scipione Rossi, direttore di Rai Parlamento, si concentra sull’abbigliamento: ha vietato ai conduttori il marrone, le giacche a quadri e le cravatte fantasia.
La Bignardi, forse per dare l’esempio quanto a sobrietà, si è tagliata i capelli. Poi ha annunciato novità per la sua rete, ex Tele Kabul comunista. Ogni giorno alle 20, in contemporanea col al Tg1, ci sarà una «striscia d’informazione». Potrebbe condurla Bianca Berlinguer, se perdesse la direzione del Tg3.

Scelta subito contestata da Michele Anzaldi, commissario pd della Vigilanza Rai: «Sarebbe autolesionista fare concorrenza al Tg1, corazzata dell’informazione Rai, il notiziario che tiene meglio rispetto al calo generale di telespettatori tv».

Nel mirino anche Un posto al sole, la soap più longeva d’Italia: in onda da vent’anni, ha raggiunto 4.500 puntate e alle 20:35 la vedono in 2,7 milioni (10% di share), nonostante la concorrenza di Striscia la notizia e Affari tuoi.

Roberto Saviano, a chi lo accusa di descrivere con Gomorra solo il male di Napoli, ha detto: «Chi vuole racconti positivi sulla realtà napoletana guardi Un posto al sole».
Non era una critica, solo una constatazione. La Bignardi ha precisato: «Un posto al sole è un must di Rai3, e di certo la sua missione non è raccontare il male. Si può sempre migliorare, magari per aggiornare le telecamere, la fotografia, e anche la scrittura».

Ma il vero scoglio per l’ex conduttrice delle Invasioni barbariche è Ballarò: scaduto il contratto di Massimo Giannini, potrebbe approdarvi la giornalista renziana del Corriere della Sera Maria Teresa Meli. «Sicuramente verrà accorciato, basta con i talk show interminabili», anticipa la Bignardi.

Mauro Suttora