Wednesday, August 27, 2014

Gaza: vero e falso

di Mauro Suttora

Oggi, 20 agosto 2014

Le propagande contrapposte di Israele e Palestina usano argomenti a effetto. Verifichiamone alcuni.

1) «Lo statuto di Hamas vuole la distruzione di Israele». Vero. Ma al voto del 2006 questa parte venne tolta. I suoi capi hanno detto che riconoscerebbero Israele a determinate condizioni (ritorno dei profughi, capitale palestinese a Gerusalemme Est). In ogni caso, anche Al Fatah voleva distruggere Israele. Il che non impedì al suo leader, Yasser Arafat, di firmare gli accordi di Oslo (1993) che prevedono due popoli in due Stati.
  
2) «Missili e tunnel palestinesi minacciano Israele». Falso. I razzi sono poco più di scaldabagni sgangherati che hanno provocato in tutto tre morti. Vengono neutralizzati dallo scudo aereo israeliano. E anche le uscite dei tunnel sono facilmente scopribili dall’avanzatissima tecnologia di Tel Aviv.

3) «Genocidio: Israele ha ucciso 500 bambini». Falso. I «bambini» sono minorenni, quindi anche bellicosi 17enni caduti con le armi in pugno o morti perché non sgomberati da zone che gli israeliani avvertivano con anticipo di voler bombardare.

4) «Gaza è bloccata da Israele». Falso. Gaza confina anche con l’Egitto, Stato «fratello arabo», il quale potrebbe permettere il transito.

5) «I palestinesi capiscono e rispettano solo il linguaggio della forza». Falso. Israele si è accordata con tutti i suoi vicini: Egitto, Giordania e, di fatto, perfino con la Siria degli Assad. 
Quanto ai palestinesi, Abu Mazen e la Cisgiordania rispettano gli accordi di Oslo e vorrebbero reciprocità da Israele.

6) «Il muro e le colonie ebraiche impediscono la pace». Falso. Il muro ha eliminato gli attacchi suicidi. E le colonie potrebbero sopravvivere se nascesse un clima di fiducia reciproca.
Mauro Suttora

Glenn Close in W la Gente!

La sigla finale di Techetechetè su Rai1 ogni sera ci mostra l'attrice di Attrazione fatale mentre cantava ventenne nel coro del musical americano

di Mauro Suttora

Oggi, 20 agosto 2014
Ogni sera su Rai1, dopo le nove,  la sigla finale di Techetechetè mostra il coro gioioso dei ragazzi di Viva la gente! Era un musical americano approdato nel 1968 in Italia, che lanciava un contagioso messaggio di fratellanza. E fra i giovani statunitensi in tournée per il mondo, c’era Glenn Close. Facile riconoscerla: è la prima a destra in prima fila.
L’attrice diventata famosa negli anni 80 con Il Grande Freddo e Attrazione Fatale era entrata nel cast di Up With People! (titolo originale del musical) già nel 1964, 17enne, e vi rimase per cinque anni. Fu anche ricevuta da Paolo VI quando il Papa onorò il cast di passaggio a Roma con un'udienza nel 1969.

Quel che pochi sanno, però, è che Glenn Close, impegnata politicamente a sinistra, nel 2012 ha rinnegato quell'esperienza: «Era una setta, il braccio musicale di un movimento di destra che si chiamava “Riarmo morale”. La mia famiglia vi aderì quando avevo sette anni, e ci rimasi fino a quando andai all'università. Era un culto, tutti dovevano pensare allo stesso modo. Devastante. Però quell’esperienza mi è servita per riuscire a osservarmi dal di fuori, e questo per un'attrice è fondamentale».

Concorrenza a «Hair»
Viva la gente! faceva concorrenza ad altri musical dell'epoca come Calcutta, Godspell e Hair, ispirati dalla moda hippy. Che però, in base al motto «Pace & Amore», era anche piena di musica rock, droga e controcultura antimilitarista. Erano infatti gli anni delle proteste contro la guerra in Vietnam, che fece 50mila morti fra i giovani americani di leva obbligati a combattere.

Niente di tutto questo nel movimento Up With People, rigorosamente apolitico e anzi ossequioso verso le autorità. Un movimento peraltro attivo ancor oggi, con sede a Denver in Colorado, che continua a organizzare tournée del fortunato musical. Gli interpreti sono giovani provenienti da tutto il mondo, e in questo mezzo secolo si sono avvicendati in migliaia per cantare l’inno che fu della giovane soprano Glenn Close.
Mauro Suttora

Friday, August 01, 2014

Giancarlo Perna vs Sallusti

1 agosto 2014
Giancarlo Perna se ne va dal Giornale in polemica con Alessandro Sallusti

La firma storica del quotidiano non ha accettato che una sua intervista all’ex ministro Antonio Martino non sia stata pubblicata. E sottolinea: “Questione di stile. Neanche Montanelli mi censurò mai”

È stata un’intervista all’ex ministro e fondatore di Forza Italia Antonio Martino la goccia che ha fatto traboccare il vaso fra Giancarlo Perna, firma storica del Giornale, e il direttore Alessandro Sallusti. Così, dopo più di 30 anni uno dei giornalisti più corrosivi d’Italia lascia il quotidiano della famiglia Berlusconi e passa a Libero

UNA QUESTIONE DI STILE – Perna non ha accettato che la sua intervista a Martino non sia stata pubblicata dopo essere stata concordata, ma soprattutto non ha apprezzato il silenzio di Sallusti: “Questione di stile. Neanche Montanelli mi censurò mai. L’unica volta che lo fece, per un mio ritratto di Andrea Manzella, se ne pentì al punto che mi riscrisse un suo articolo su Menichella, per mostrarmi come secondo lui andavano trattati i grand commis: in punta di penna, altrimenti – mi disse – l’Italia non avrebbe neanche uno scheletro cui appoggiarsi”.

CURRICULUM DOC – Perna, 74 anni, che è stato anche inviato nei settimanali Europeo e Panorama, ha scritto una biografia al vetriolo di Eugenio Scalfari: Una vita per il potere (ed. Leonardo, 1990).