Tuesday, December 30, 2014

L'amante di Hollande su Rai1

Sorprese: l'amante del presidente francese recita in Il ritorno di Ulisse

HOLLANDE: IN TV LA SUA JULIE È ELENA DI TROIA

Vedremo la Gayet su Rai1 nell'ultima puntata. Intanto prosegue il duello con la sua ex Valérie

Oggi, 15 dicembre 2014

di Mauro Suttora

Volete vedere in tv l’amante del presidente francese François Hollande? Guardate la quarta e ultima puntata di Il ritorno di Ulisse, su Rai 1 domenica 21 dicembre. L’attrice Julie Gayet interpreta Elena di Troia, moglie di Menelao. Un ruolo secondario, ma stranamente passato sotto silenzio: è già apparsa nella seconda puntata, e non se n’è accorto nessuno.

Sono ancora insieme, lei è spesso all’Eliseo

La fantasiosa fiction italofrancese sul re di Itaca ha poco a che fare con la storia raccontata nell’Odissea: qui Menelao, diventato nemico di Ulisse, lo affronta nel duello finale, nonostante entrambi abbiano combattuto assieme dieci anni contro i troiani per recuperare Elena rapita da Paride.

Alessio Boni interpreta Ulisse, ma né lui né Caterina Murino (che fa sua moglie Penelope) incrociarono la Gayet sul set in Portogallo durante le riprese nella primavera 2012. Allora Julie non aveva ancora iniziato la relazione clandestina con Hollande: era solo una delle tante attrici francesi ingaggiate dalla coproduzione.

La storia Gayet-Hollande è venuta alla luce nel gennaio 2014 con la pubblicazione di foto del presidente che andava in scooter a passare la notte a casa di lei. Subito c’è stata la rottura di Hollande con la sua convivente all’Eliseo, Valérie Trierweiler, la quale si è vendicata pubblicando un libro velenoso contro di lui (nostra storia di copertina la settimana scorsa).

Sembrava che dalla vita del presidente fosse uscita anche la Gayet, invece tre settimane fa ecco un altro colpo di scena con foto rubate: i due mangiano tranquilli in un giardino dell’Eliseo. E pare che Julie dorma spesso con lui nel palazzo presidenziale.
Mauro Suttora



Wednesday, December 17, 2014

Salvini non sfonda al Sud


Il guru del meridione risponde a Salvini

«La Lega Nord cerca voti sotto Roma? È come se il Ku Klux Klan volesse vincere fra i neri». Pino Aprile spiega perché il piano nordista non va. E sulla Germania dice...

di Mauro Suttora

Oggi, 19 dicembre 2014

Ogni anno, ormai, arriva un nuovo libro di Pino Aprile, già vicedirettore di Oggi e direttore di Gente : Terroni 'ndernescional . Dopo il grande successo di Terroni (2010, edizioni Piemme) il profeta del Meridione aveva proseguito con Giù al Sud, Mai più terroni e Il sud puzza. Totale: una mezza milionata di copie vendute.

Perché «'ndernescional», ora?
«Perché ho scoperto che lo stesso triste destino riservato al nostro Sud con l'unità d'Italia è stato riservato anche all'ex Germania Est con l'unità tedesca di 25 anni fa. Invece del riscatto economico magnificato dalla propaganda, i tedeschi dell'Est ora stanno, nella media, peggio di prima».

Pure lei contro Angela Merkel?
«La Germania e il Nord Europa riserveranno a noi Paesi europei del Mediterraneo lo stesso trattamento».

Attento Aprile, anche la Lega Nord ora è antieuropeista.
«Matteo Salvini non ha inventato nulla. Il piano della Lega, non più Nord perché vorrebbe sfondare anche al Sud, era chiaro già un quarto di secolo fa, con il regionalismo del professor Gianfranco Miglio».

E perché allora non funzionò?
«Perché la nascita di Forza Italia nel 1994 impedì il progetto di due partiti secessionisti, la Lega al Nord e un partito al Sud appoggiato dalla mafia».

Invece oggi?
«La speranza di Salvini è vana: la Lega non può raccattare molti voti al Sud. Sarebbe come se il Ku Klux Klan pretendesse di rappresentare i neri d'America».

Quindi, cosa succederà?
«Dobbiamo difendere il Mediterraneo, uno dei luoghi più comodi per la nostra specie, dalle mire del Nord Europa».
Mauro Suttora

Wednesday, December 10, 2014

Vergogne di stampa

Segreti dell'informazione: in un libro 200 anni di rapporti con i politici

CHE SVIOLINATE A TUTTI I POTENTI!
Foscolo e gli austriaci. Longanesi che schiaffeggia Toscanini. Montanelli sull'attenti dal duce. Comunisti nelle riviste fasciste. E anche oggi, troppe riverenze

di Mauro Suttora

Oggi, 3 dicembre 2014

Marzo 1815. Napoleone scappa dall’isola d’Elba e punta su Parigi. Titoli di prima pagina sul giornale Moniteur: «Il mostro è fuggito dall’esilio» (9 marzo); «Il tiranno è a Lione (13 marzo); «L’usurpatore è a 60 ore di marcia dalla capitale» (18 marzo); «Bonaparte avanza a tappe forzate» (19 marzo); «Napoleone arriverà domani» (20 marzo); «L’Imperatore è a Fontainebleau» (21 marzo); «Sua maestà l’Imperatore è arrivato alle Tuileries. Niente può superare la gioia universale» (22 marzo).
E niente può superare la vergogna di certi giornali che voltano gabbana e si offrono al potente di turno. Pier Luigi Vercesi li castiga nel libro Ne ammazza più la penna (Sellerio), tracciando una storia dei giornalisti che hanno fatto la storia d’Italia negli ultimi due secoli.

Con qualche sorpresa: per esempio Ugo Foscolo che, spinto dal bisogno, aveva accettato l’offerta di dirigere un giornale filoaustriaco. Fortunatamente il conte Federico Confalonieri lo dissuase. Oppure Leo Longanesi, brillante giornalista ma anche fascista al punto di schiaffeggiare Arturo Toscanini perché non eseguì Giovinezza, inno del regime.

Quanto al principe dei giornalisti italiani, Indro Montanelli, pure lui con qualche peccatuccio di gioventù. Per esempio, quando si mise sull’attenti davanti al Duce a palazzo Venezia con i colleghi di un nuovo giornale. Per non parlare dei tanti comunisti (Alicata, Pintor, Guttuso, Trombadori) che scrissero sul giornale razzista Primato.  

E oggi, Vercesi?
«Il rapporto tra giornalismo e potere è cambiato. Le direzioni dei giornali non sono più un trampolino per la politica.  Berlusconi, Renzi e Grillo arrivano direttamente al pubblico più sprovveduto con tv e Rete. Ma Grillo è già in declino». 

Sicuro?
«Mi ricorda il senatore McCarthy nell’America degli Anni 50, quello della caccia alle streghe. Aveva trovato il modo di “manipolare” l’informazione, ma non durò. I giornalisti lo seppellirono».
Meglio i giornali di tv e Rete?
«Se si pensa di essere informati perché si seguono i social network si commette una terribile ingenuità. La Rete, da apparente luogo democratico per eccellenza, si sta trasformando in uno  strumento pubblicitario e di marketing, anche politico, che, attraverso la semplificazione e gli slogan, può anche far credere che gli asini volano. Così l’Italia rischia di trasformarsi in un immenso bar sport. Con conseguenze che non sappiamo. Ma che possiamo immaginare».
Mauro Suttora


Una notte con una coguara

IL FENOMENO DELLE MILF ("MOTHER I'D LIKE TO FUCK") SI ALLARGA ANCHE IN ITALIA

di Mauro Suttora

Oggi, 3 dicembre 2014

Le due cougar ballano al Gattopardo di Milano, chiesa sconsacrata in zona Sempione. Sono le undici di un sabato sera di novembre. Quarantenni, si muovono con grazia felpata in mezzo alla pista, circondate da una folla prevalente di trentenni.

Non è difficile stabilire il contatto con tre occhiate. Mi avvicino sorridendo: «Posso offrirvi qualcosa?» 
«Grazie volentieri, abbiamo proprio sete».
 
Più cordiali di così. Fendiamo la folla, andiamo al banco, ordiniamo. I convenevoli. Una ha lunghi capelli corvini lisci, giacchetta nera, jeans attillati. L’altra, bionda, è come lei impiegata in un ente pubblico.

Venite spesso? 
«È la terza volta quest’anno, bella musica anche revival, vogliamo divertirci».
 
Cosa sottintende quel “divertirci” lo sanno tutti, ma nessuno lo dice. Torniamo in pista, mi svelo come giornalista. Claudia la mora è divertita e gentile, accetta di raccontare.

«Guarda, i locali sono pieni di donne quarantenni e anche cinquantenni. Soprattutto aperitivi, ma le happy hour si prolungano fino alle dieci, e poi oltre quando si aprono le danze. In tutti i sensi. Per flirtare abbiamo una scelta infinita. E non ci sono più barriere d’età. L’altro giorno mio figlio, secondo anno d’università, mi ha riferito una frase di un suo compagno: “Figa tua madre”. Finita lì, ovviamente, perché le milf, le madri da portare a letto, esistono solo nelle fantasie dei ragazzotti. O in quelle di qualche tardona svitata. Però è vero che a livello di abbordaggio i ventenni sono sempre più attratti dalle quarantenni, perfino da quelle vicine ai 50».

E poi? 
«E poi niente, nel senso che chi ha voglia di divertirsi si diverte». Dove? «Qualche bacetto può scappare anche qui, dietro a una colonna. Oppure in auto. Ma quasi sempre ci si soddisfa parlando. Adoriamo essere corteggiate. Sono rare le mie amiche che si spingono oltre».

Sposate? 
«No, quasi tutte separate o in via di. Ma non hanno voglia di cose serie, pesanti. Sai qual è il vero problema?»

Che s’innamorano i ragazzi.
«Esatto. Questi ti chiedono la mail, il telefono, ti invitano fuori, si fanno dei castelli in aria. Incredibile. E tu hai voglia a dirgli “Potrei essere tua madre”. Il più simpatico mi ha risposto: “Appunto, eccitante”».

E noi uomini over 40 e 50, tutti ammosciati? 
«Ma no, ci siete, ci siete. Fastidiosissimi [ride]… Nel senso che dite di essere divorziati, e invece poi si scopre che avete tanto di famiglia. Non che sia un problema: per quelle che vogliono solo distrarsi, anzi, meglio così. Però pesantiiii… Non solo l’alito, è che quando cominciate a parlare dite cose noiose. Prevedibili. Sembrate gli acchiappatori di una volta. La fantasia ce l’hanno solo i giovani. La leggerezza».

Per esempio? 
«Una mia amica ha ballato con un ragazzo fino alle quattro del mattino, poi questo l’ha portata a Malpensa e davanti a tabelloni delle partenze le ha detto: “Scegli tu”. Le ha comprato il biglietto e sono partiti per un weekend al mare. Così, senza un ricambio di vestiti. Neanche lo spazzolino».
 
Come nei film. 
«Beh, il furbacchione l’ha portata al terminal due, quello dei voli low-cost. Però poi a Ibiza le ha comprato tutto il guardaroba».
Mauro Suttora

11 portaborse per un grillino

OGNI EURODEPUTATO PUO' SPENDERE FINO A 21 MILA EURO MENSILI PER I PORTABORSE. COSI' IL 5 STELLE IGNAZIO CORRAO LI DA' AGLI ATTIVISTI SICILIANI. MA ANCHE SALVINI, CESA E LA MUSSOLINI...

di Mauro Suttora

Oggi, 3 dicembre 2014 

Undici portaborse. Tanti ne ha assunti, da solo, l’eurodeputato 5 stelle Ignazio Corrao. Li paga in tutto 21 mila euro al mese, cifra massima consentita dall’Europarlamento. Tre a Bruxelles e otto nella sua Sicilia. Ma il movimento di Beppe Grillo non prometteva di ridurre gli sprechi della politica?

I 16 colleghi grillini di Corrao rimangono nella media, tre-quattro collaboratori a testa. E quello del generoso Ignazio non è il record dell’affollamento: il suo corregionale berlusconiano Salvatore Cicu ha imbarcato ben tredici portaborse. Il piddino casertano Nicola Caputo, dieci. Ma della differenza con Pd e Pdl il Movimento 5 stelle aveva fatto una bandiera. Che ora non sventola più orgogliosa come prima.

L’assunzione dei portaborse, infatti, ha scatenato una bufera. Che rispetto al terremoto degli espulsi in Italia è minima, ma spiega la disaffezione di attivisti e votanti per Grillo: mezzo milione di voti persi su 650mila in Emilia al voto regionale del 23 novembre.

Agli eurodeputati 5 stelle la società Casaleggio & Associati aveva imposto 24 sconosciuti: più per controllarli che per assisterli, sembrava. Fra questi, vari riciclati: Cecilia Arvedi, ex assistente dell’Udc calabrese Gino Trematerra, Monia Benini, già segretaria provinciale dei Comunisti italiani a Ferrara, il portaborse di un’ex eurodeputata forzista e quello dell’ex europarlamentare dipietrista Pino Arlacchi.

Gli eurodeputati grillini si sono ribellati e in ottobre li hanno licenziati tutti, compreso il potente capo della comunicazione Claudio Messora. Ora però hanno dovuto riassumerne 17, accollandoseli singolarmente. Messora, per esempio, risulta a carico dell’eurodeputato bergamasco Marco Zanni.

Riciclati e fidanzate

La Arvedi è stata aiutata da Daniela Aiuto, abruzzese (è il caso di dirlo), la Benini è stata «salvata» dalla tarantina Rosa D’Amato.  Quanto all’eurodeputato veronese Marco Zullo, ha assunto autonomamente Alessandro Corazza, capogruppo Idv in regione Friuli fino al 2013. Anche la ex fidanzata di un pezzo grosso dei 5 stelle è stata recuperata.

Gli attivisti del movimento sono imbestialiti. Anche perché gli stipendi dei deputati (5.200 euro netti mensili) e assistenti a Bruxelles sono il doppio di quelli di Roma. In Italia gli eletti grillini, in Parlamento e nelle regioni, si autoriducono i compensi a 2.700-3.200 al mese (rimborsi esclusi). E i portaborse stanno sui 1.200.

Certo, nessuno dei collaboratori di Corrao è suo parente. L’eurodeputato Lorenzo Cesa (Udc) ha invece assunto la figlia del collega di partito Rocco Buttiglione. Alessandra Mussolini ha imbarcato il fidanzato 19enne della propria primogenita. 
Sulle orme del segretario leghista Matteo Salvini che dieci anni fa beneficiò il fratello di Umberto Bossi, mentre Francesco Speroni regalò uno stipendio al primogenito Riccardo (da non confondere con Renzo, il «trota»). 

Però i grillini promettevano di ripulire la politica. Invece si sono ridotti a distribuire «redditi di cittadinanza» a propri attivisti disoccupati. In fondo, fa parte del loro programma.
Mauro Suttora

Grillo ne espelle due e ne nomina 5

di Mauro Suttora

Oggi, 3 dicembre 2014

Con Beppe Grillo non ci si annoia mai. Una mattina si sveglia e decide che avere espulso un terzo dei suoi senatori in un anno e mezzo non gli basta. Decreta che altri due deputati non avrebbero rispettato le regole del suo movimento sui soldi da restituire, e ricomincia con le purghe. Quelli pubblicano su Facebook le ricevute dei versamenti di metà del loro stipendio. Niente da fare.

La sarda Paola Pinna ha osato donare qualche migliaio di euro alla Caritas di Olbia dopo l'alluvione di un anno fa, invece di buttare i soldi in un fantomatico conto ministeriale per le piccole e medie imprese che non ha ancora erogato un centesimo. «Conflitto di interessi, voto di scambio!», tuonano sui siti del Movimento 5 stelle (M5s) gli "influencer", fedelissimi della società Casaleggio & Associati incaricatidi spargere il verbo. Come se la Caritas fosse la mafia, che ricambierà il favore ricevuto dalla “furba” Pinna.

L'altro reprobo è Massimo Artini, un toscano che appena un mese fa ha mancato per soli dodici voti (44 a 32) l'elezione a nuovo capogruppo dei deputati 5 stelle. Un pezzo grosso, quindi, con un largo seguito. Proprio come Luis Orellana, il senatore che prima della cacciata a marzo era il candidato presidente del Senato del movimento, e poi aveva perso di un soffio con Nicola Morra la guida del gruppo. Insomma, appena rischia di emergere un non fedelissimo a Grillo e a Gianroberto Casaleggio, loro inventano qualche scusa per farlo fuori.

I processi sono una farsa. Anzi, non ci sono proprio. Tre millenni dopo Salomone, i grillini non hanno ancora imparato che prima di giudicare bisogna almeno sentire entrambe le campane. Il diritto alla difesa è sconosciuto in Grillolandia. L'ex comico rovescia sul malcapitato di turno una valanga di accuse, e subito dopo chiede agli iscritti di votare immediatamente sì o no all’epurazione sul sito privato della Casaleggio & Associati. Senza preavviso. 

Nessun controllo esterno sulla regolarità del voto. Nessuna distinzione individuale fra gli imputati, da condannare in blocco come infoibati legati fra loro col fil di ferro. Nessun verdetto dell'assemblea dei parlamentari, come richiesto dal regolamento. Si vota solo fino alle 19, e peggio per chi lavora o non sta sempre appiccicato al telefonino. Giustizia-lampo. Il modello è l'ordalia Gesù/Barabba. Ma loro lo chiamano «giudizio della Rete». Inappellabile.

Stessa commedia il giorno dopo. Grillo decide di nominarsi cinque vice. Viola lo statuto del movimento, scritto da lui nel 2009, che all'articolo 4 vieta i dirigenti di partito: «Nessun organismo intermedio fra votanti ed eletti». L'unico non campano è il romano Alessandro Di Battista, ex collaboratore della società Casaleggio. Tutti deputati, nessun senatore.

Quota rosa per Carla Ruocco, bella e borghesissima signora di Posillipo con erre moscia. Gradimento della sua pagina Facebook (termometro della simpatia online): 36mila «mi piace», contro i 185mila della popolana ma popolare Paola Taverna. Gli altri: Luigi Di Maio, Roberto Fico (presidente della commissione Vigilanza di quella Rai che il programma 5 stelle voleva invece privatizzare) e Carlo Sibilia, avellinese complottista convinto che il club Bilderberg governi segretamente il mondo, ma dubbioso riguardo allo sbarco sulla Luna.

Commenta la senatrice marchigiana Serenella Fucksia, soprannominata «Sharon Stone a 5 stelle»: «Il direttorio fantasma diventa ufficiale, da movimento a partito. Passiamo dai successi alla ridicolata degli scontrini, alle espulsioni assurde, ai cambiamenti continui di verso. Le regole? Un po' cambiate, un po' ignorate. Dopo il risultato deludente alle europee e alle regionali il metodo appare fragile, lontano dalla democrazia diretta e di certo non modello esemplare di vera democrazia».

In rete questa volta gli attivisti si scatenano contro i dirigenti nominati dall'alto, non votati, da ratificare in blocco. I server privati della Casaleggio annunciano un sospetto 90% di sì. Ma davanti alla villa di Grillo a Marina di Bibbona (Livorno) i militanti protestano. Fra loro, perfino la compagna del neosindaco 5 stelle di Livorno. Con Grillo non ci si annoia mai. Però i suoi adepti non si divertono più.
Mauro Suttora