Wednesday, September 28, 2011

Cosa pensano i tedeschi dell'Italia

I TEDESCHI SI SONO STUFATI DI PAGARE.
NASCERANNO UN EURO1 NORDICO E UN EURO2 MEDITERRANEO?

Oggi, 21 settembre 2011

di Mauro Suttora

Il 93 per cento dei tedeschi rifiuta gli Eurobond, cioè i titoli di stato europei che metterebbero in sicurezza le finanze pubbliche degli Stati Pigs (Portogallo, Italia, Grecia, Spagna, in inglese «maiali») che rischiano la bancarotta. L’Europa si spacca: da una parte il Nord, con i bilanci in ordine, dall’altra i deficit cronici e astronomici del Mediterraneo.

Ma davvero la Germania della cancelliera Angela Merkel non è più disposta ad aiutare l’Italia, il cui debito di 1.900 miliardi supera da solo quello di Grecia, Portogallo e Spagna messe assieme?

In un periodo in cui economisti ed «esperti» sembrano non essere più capaci di imbroccare una previsione, abbiamo chiesto un parere a quattro persone «qualunque», ma qualificate: tedesche che da decenni vivono in Italia, e un’italiana che si è stabilita in Germania. Per sapere a che punto è un rapporto di amore/odio che da più di mille anni (da Carlomagno a Schumacher, passando per Barbarossa, Federico II, Beethoven e Hitler) ci lega nel bene e nel male.

Babette Riefenstahl, 44 anni, architetto (da Berlino a Milano):

«I tedeschi sono disposti ad aiutare finanziariamente l’Italia, però ora hanno l’impressione che siano soldi buttati in un pozzo senza fondo. Non vedono miglioramenti: solo tanta disorganizzazione e dispersione di risorse. Non voglio fare l’elogio dell’efficienza tedesca, a volte quadrata fino all’ottusità. Va bene anche una gestione fantasiosa, all’italiana. Ma i risultati devono esserci. Anche perché l’Italia ha risorse enormi ed è una nazione fondatrice dell’Unione europea.

«I tedeschi hanno una vera e propria passione per l’Italia, per questo il dispiacere di vedervi ridotti così è grandissimo. Io vivo qui da 25 anni, sento di appartenere all’Italia. Ma proprio per questo soffro ancora di più. Ci si arrabbia con quelli a cui si vuole bene, non con gli estranei. E mi stupisce la mancanza di proteste da parte degli italiani. Forse perché il frigo è ancora pieno, quindi si tira avanti rassegnati.

«Fra i più grandi sprechi vedo la burocrazia della pubblica amministrazione. In Germania tante cose possono essere gestite via internet, mentre in Italia per chiedere un semplice documento bisogna ancora andare di persona negli uffici a fare code e perdere tempo. Tutto questo ha un costo anche economico».

Antje Stehn, 48 anni, pittrice (da Amburgo a Milano):

«La Germania ha già prestato parecchi soldi alla Grecia, che però resta nei guai. E questo aumenta il nervosismo a Berlino: nel dibattito al Parlamento sui nuovi aiuti i deputati si sono quasi picchiati. Ora anche l’Italia sta andando fuori controllo, e i tedeschi vedono un governo italiano debole, senza credibilità. Berlusconi non viene preso sul serio. Ci vuole un governo unico europeo, per non essere governati da banchieri che non agiscono nell’interesse comune.

«Tedeschi formiche e italiani cicale? Attenzione ai luoghi comuni: tre anni fa è stata proprio la Germania a sforare il 3 per cento del deficit, limite che pareva sacro. E poi tutti dietro. Adesso la nostra economia si è ripresa, anche perché investiamo molto nelle energie alternative, addirittura nel solare.

«Vivo in Italia da trent’anni, in questo periodo ho visto allargarsi il divario fra ricchi e poveri. Ora subite l’attacco degli speculatori, che colpiscono sempre chi è debole. Ma è l’Italia a essere diventata vulnerabile».

Adriane Selle Barbera, 37 anni, ex modella (da Amburgo a Biella):

«Chiedono sempre ai tedeschi di aiutare tutti, ci siamo un po’ stufati. La Germania ha i suoi problemi, non può dare sempre soldi agli altri. Anche perché alla Grecia ha già dato, e non è servito a granché. Comunque i tedeschi si lamentano e brontolano, però alla fine aprono il portafogli. E il loro rappresentante nella Banca europea ha dovuto dimettersi.

«Gli italiani hanno ricominciato a emigrare verso la Germania. Fino a trent’anni fa erano operai o gelatai, ora sono giovani laureati senza lavoro in Italia che fuggono dagli affitti assurdi di Roma o Milano. Non so se l’euro sia stato un affare per l’Italia. Prima del 2001 la vita qui costava meno, lo ricordo bene perché arrivai a Milano come modella e per laurearmi allo Iulm. Ora invece molti prezzi sono più alti. Ho una bimba di un anno, il suo latte in polvere in Germania costa la metà. E così per medicine omeopatiche, prodotti naturali, collirio, vitamine... Come fanno a chiedere mille euro a notte in certi alberghi sardi?

«L’attrazione fra tedeschi e italiani è proverbiale: siamo così diversi che ci completiamo, abbiamo bisogno gli uni degli altri. Io non potrei più vivere in Germania, quando torno ad Amburgo non riesco neppure a parcheggiare che qualcuno mi critica perché ho superato una certa striscia, sono disordinata... I tedeschi chic abbandonano la birra per il vino, mentre i giovani italiani fanno il contrario. Ma poi, di quale Germania e Italia stiamo parlando? Amburgo e Monaco di Baviera sono differenti quanto Milano e Napoli».

Marianna Del Prà, 49 anni, professoressa alla scuola Montessori di Friburgo (Germania):

«Ormai qui in Germania si leggono e si sentono frasi tipo “Stati vergogna” o “Club Med”, in riferimento a Italia, Grecia, Spagna e Portogallo. Non c’è più rispetto per i politici di questi Paesi. Perfino lo Zeit, giornale liberale progressista e politicamente corretto, si domanda: “Perché dobbiamo mantenerli? Perché rischiare di polverizzare i nostri risparmi?”

«Quelli che invocano tagli drastici negli aiuti ai Paesi mediterranei, però, non vogliono meno Europa. Anzi, propongono un’autorità comune per far rispettare le leggi e far pagare le tasse dappertutto. Come negli Stati Uniti. Dicono: «Lasciamo che la Grecia dichiari bancarotta», ma non mi sembra che vogliano separare l’euro in due: da una parte un euro forte, nordico, dall’altra un euro mediterraneo che si possa svalutare.

«Alcuni stereotipi, come quello dei tedeschi formiche risparmiatrici e degli italiani o greci cicale pigre, resistono. Ma altri non reggono: per esempio quello dei tedeschi ordinati e puntuali. Friburgo, la città dove vivo da 17 anni, non e´ più pulita di Udine, da dove provengo. E anche qui i treni sono spesso in ritardo.

«Si dice: gli italiani stimano i tedeschi ma non li amano, i tedeschi amano gli italiani ma non li stimano. Io però mi farei governare volentieri dalla Merkel, se vivessi in Italia. Qui la sanità pubblica funziona benissimo: fino a qualche anno fa era tutto gratis, perfino il dentista. Ora hanno messo i ticket, ci si sente tutti un po’ più in pericolo, c’è chi ha perso il lavoro. Ma si sta meglio che in Italia. A parte il clima, che è uno dei motivi per cui i tedeschi continuano ad amare l’Italia».

Mauro Suttora

Tuesday, September 20, 2011

Mussolini e Maria José

LE POLEMICHE DOPO LA RIVELAZIONE DEL FLIRT

di Roberto Alessi e Mauro Suttora

Oggi, 13 settembre 2011

La lettera pubblicata da Oggi due settimane fa in cui Romano Mussolini scrive che tra suo padre Benito e la principessa Maria Josè di Savoia (poi regina) ci fu «una relazione sentimentale intima» ha fatto il giro del mondo.

Prima di realizzare il servizio avevamo contattato le parti più interessate ai due personaggi coinvolti: Emanuele Filiberto di Savoia, nipote di Maria Josè e ultimo discendente dell’ex regina, e Maria Scicolone, moglie separata di Romano.

Il principe, molto legato alla nonna, ci ha detto: «Non ho mai sentito una cosa del genere». La Scicolone, sorella di Sophia Loren, in una prima telefonata ha escluso che Romano, scomparso nel 2006, potesse aver scritto quelle parole. Vista la lettera, però, non solo ne ha confermato l’autenticità, ma ha rivelato che di quella relazione lei aveva spesso parlato con la vedova di Benito Mussolini, Rachele, con la quale aveva vissuto per anni.

Nonostante la conferma dello scoop, sono iniziate le proteste. Ecco associazioni monarchiche («Nulla di più falso»), nostalgici del ventennio («Indegno, Mussolini è stato il più grande statista d’Italia»), e anche la principessa Maria Gabriella di Savoia, figlia di Maria Josè. La quale ha definito la lettera di Romano «vecchia poltiglia». Paolo Granzotto su Il Giornale ha aggiunto: «È solo una vecchia patacca servita come ghiottoneria storica».

Peccato che nello scorso numero di Oggi Vittorio Emanuele, altro figlio di Maria Josè, ci abbia onestamente dichiarato: «Non posso escludere il presunto flirt, ma gli unici che potevano sapere la verità non sono più vivi. Quindi non la sapremo mai».

Romano Mussolini scrisse la lettera nel 1971 al direttore del settimanale Gente Antonio Terzi (poi vicedirettore del Corriere della Sera) dopo che l’autista del duce Ercole Boratto rivelò che tra il dittatore e la principessa c’era stata una liaison.

«Caro Terzi», si legge nella missiva di Romano, «posso in perfetta buona fede confermarLe… spesso in casa nostra si è parlato dei rapporti sia politici sia sentimentali tra Maria José e mio padre, e Le posso dire con sincerità che mia madre a tale proposito è stata sempre (anche se con logico riserbo) assai esplicita: tra mio padre e l’allora Principessa di Piemonte c’è stato un breve periodo di relazione sentimentale intima, poi credo sicuramente interrotta per volontà di mio padre».

«Ho trovato solo ora la lettera nell’archivio di mio padre scomparso nel 2001», ci dice Giovanni Terzi, figlio di Antonio, «e l’ho consegnata a Oggi». Probabilmente Terzi e Mussolini non hanno divulgato la lettera per rispetto verso Maria Josè, morta anche lei nel 2001.

E gli storici, cosa pensano dello scoop di Oggi? «Certo, è difficile pensare, col senno di poi, che ci potesse essere un coinvolgimento così diretto fra qualcuno dei Savoia e Benito Mussolini», ci dice Pasquale Chessa, autore tv (Raistoria) e di molti libri sul fascismo (il più recente: L’ultima lettera di Benito).
«Ma Maria Josè, anticonformista e spregiudicata, non era una Savoia tipica. Difficile capire cosa sia davvero successo. Rimane il dato storico della lettera di Romano Mussolini: tramanda una vulgata famigliare che bene si incrocia con la testimonianza di Clara Petacci, la quale delle parole di Benito si è rivelata essere lo specchio fedele [«La principessa di Piemonte si offrì a me, ma io la rifiutai»]. Naturalmente non si può escludere che si tratti di una vanteria di Mussolini. Oppure che ci abbia provato e sia stato lui rifiutato. Certo sarebbe bello se i Savoia aprissero per davvero i loro archivi consentendo agli studiosi di uscire dal pettegolezzo per entrare nella storia».

«Che i Savoia aprano gli archivi»

Su questo tasto preme anche Christopher Duggan, docente di Storia italiana all’università inglese di Reading e autore di La forza del destino: «La prova definitiva della relazione con Mussolini non ci può essere perché la famiglia reale si è portata via gli archivi. Non sappiamo neppure dove siano, forse a Losanna. Probabilmente molto materiale compromettente sul periodo fascista è stato distrutto».

Roberto Alessi e Mauro Suttora

Friday, September 09, 2011

11 settembre, no tower

PERCHÉ LA RICOSTRUZIONE DI GROUND ZERO RITARDA?

di Mauro Suttora per il settimanale Oggi

New York, settembre 2011

Hanno fatto prima ad andare sulla Luna che a ricostruire le Twin Towers, gli americani. Passarono otto anni, da quando il presidente John Kennedy lo promise, fino all'allunaggio del 1969. Ci saranno voluti invece dodici anni quando, nel 2013, verrà inaugurata la Freedom Tower, alta più di mezzo chilometro (1.776 piedi, come l'anno di nascita degli Stati Uniti).

Ma non sarà il grattacielo più alto del mondo, superato da quelli a Dubai e La Mecca (primato islamico, per lo sconforto dei conservatori). E non si chiamerà più Torre della Libertà, bensì burocraticamente One World Trade Center, per non diventare bersaglio di altri fanatici.

«Ricostruiremo le torri in tre anni!», avevano proclamato le autorità il 12 settembre 2001. Poi, la triste realtà: nessuno voleva riaprire uffici in quel posto maledetto. E, senza contratti d' affitto, nessuno negli Usa costruisce: impera il dio dollaro. In extremis si sono offerti enti pubblici, i cinesi, l'editore Conde Nast. E i lavori sono partiti.

Thursday, September 08, 2011

Mussolini e Maria José amanti?

Nel suo diario la Petacci scrive che Benito le disse: «La Principessa è venuta in spiaggia, era quasi nuda. ma ho respinto le sue avances»

di Mauro Suttora

Oggi, 7 settembre 2011

«Maria José si sdraiava qui vicino a
me, le [nostre] gambe quasi si
toccavano ed era seminuda. Io
ero così come sto con te... Bastiano [il guardiano
della spiaggia di Castelporziano] mi disse:
“C’è Maria di Savoia che chiede se può venire giù da lei”.
“Ma sì venga pure”.
Stavo seminudo, mi affrettai a coprirmi e
m’infilai quei calzoni lì, di spugna. Lei arriva,
mi dice: “Disturbo forse?”
“Ma no altezza, fate pure...”
Con un gesto fa cadere il vestito e... Era quasi
nuda, un paio di mutandine cortissime e
due piccoli strati sul seno. Rimasi meravigliato.
Naturalmente non lo davo a vedere,
pensai: “Mah, è un po’ nuda”.
Mi tolsi anch’io i pantaloni. [...] Ci siamo
sdraiati sulla sabbia, era l’11 agosto e c’era un
sole tremendo. Lei disse: “Facciamo il bagno,
io so nuotare sapete, sono una nuotatrice dei
mari del nord”. Andammo. Nuotava bene.
Ogni tanto urtava le mie gambe, non so se
lo facesse apposta. Certo io non facevo nulla
per andarle contro. Siamo tornati, e lei si
sdraiò qui vicino amecon gran disinvoltura.
Ogni tanto mi dava lunghe guardate».

È Benito Mussolini a parlare. Racconta questo
incredibile episodio all’amante Claretta
Petacci, che lo trascrive nel proprio diario
dell’11 novembre 1937.Due anni fa i diari di
Claretta (autentici) sono stati desecretati
dall’Archivio di Stato e pubblicati nel libro Mussolini segreto (Rizzoli, 2010).

Mussolini con Claretta afferma di avere ricevuto avances sessuali da parte di Maria José nell’estate ’36, ma di averle resistito. Vista la gelosia della Petacci, non potrebbe dirle altrimenti anche se non fosse vero.

Continua Mussolini: «In me non si mosse
nulla, non ho avuto il minimo impulso fisico.
Eppure qualsiasi donna fosse venuta qui
e si fosse messa in quelle condizioni di nudità,
l’avrei presa. Non è brutta, ha un bel corpo
fatto bene, sottile. È bruttina di viso, e
certe fette: che piedi, vedessi. Poi quei capelli
biondi crespi, un po’ antipatici. Comunque,
fosse stata anche più brutta di lei, che
non è brutta, io l’avrei presa. Lei no. Come
sarà? È legnosa, non attrae. [...] Stava in tale
modo che a volte si vedeva anche il pelo.
«L’indomani era ancora qui nuda, più succinta.
Aveva un fazzoletto verde in testa e gli
occhiali neri, il seno quasi libero. Entrò, si
sdraiò subito lunga...

«Si metteva in tutte le posizioni, così a ventre
sotto, il c... per aria e si muoveva, mi sfiorava
le gambe e mi guardava. Si fosse mosso
nulla in me, ero meravigliato. Avrà pensato:
“Mussolini è impotente, oppure un fesso”.
Era talmente succinta che nessun uomo che
meriti di chiamarsi così sarebbe stato fermo.
Invece nulla: io ero il capo del governo, e lei
la principessa. [...] Si muoveva e si metteva in
certe posizioni mezza nuda che veramente,
sai, ci voleva tutto il mio sangue freddo. No,
non l’avrei mai toccata. È repellente, assolutamente
non fa nessuna impressione».