Monday, September 05, 2005

New Orleans/3

NEW ORLEANS

settimanale Visto, 5 settembre 2005

Warren Reckser, 60 anni, non vuole andarsene. La sua casa è allagata, cinque barche sono già passate per portarlo via. Ma lui, testardo portiere d’albergo, non intende abbandonare i suoi quattro cani: «Ho abbastanza cibo e acqua, datemi solo un po’ di pile nuove per la tv portatile. Questa è casa mia, ci rimarrò fino a quando potrò pulirla. Devo portar fuori i tappeti, sono bagnati...»

New Orleans, la settimana dopo l’uragano Katrina. Fa un caldo insopportabile, per la temperatura di 35 gradi ma soprattutto per l’umidità. I poveri, tutti di colore, che abitano il centro della città inondato, si difendevano con le pale che giravano sotto il soffitto, più che con i condizionatori. Ma ora l’elettricità non c’è più, non tornerà per settimane. Nelle zone asciutte le famiglie per stare al fresco si rifugiano nelle loro auto parcheggiate, accendono il motore e si godono l’aria condizionata. I primi giorni non si trovava la benzina, ora il problema è risolto. Ma al signor Dreckser non importa essere privo di auto, di elettricità e di fresco. Lui vuole solo starsene nella propria casa, e da quando i cellulari hanno ripreso a funzionare è tranquillo: ha parlato con sua moglie, lei sta bene, lui pure.

Così l’America dei vinti, i poveri della Louisiana e del Mississippi, comincia a vincere la sua guerra contro Katrina. Nonostante le migliaia di morti, la gente riprende a sorridere, si ritrova, si riabbraccia. Molti, 400mila su mezzo milione solo da New Orleans, hanno dovuto andarsene, rifugiarsi in Texas e anche più lontano. Ma vengono accolti in comunità, e i soccorsi che per giorni non arrivarono ora non mancano. Anche dall’estero: il Paese più ricco e potente del mondo ha dovuto chiedere aiuto all’Europa, e perfino dal Terzo mondo sta arrivando qualcosa. L’odiato Fidel Castro ha offerto 1.100 medici cubani: «Potrebbero arrivare in un’ora, con un aereo dall’Avana», ha detto. Ma gli Stati Uniti, che boicottano Cuba con l’embargo, non hanno neppure risposto.

Il 61enne Joe Shaheen non può più stare nella sua casa senza tetto del famoso quartiere francese, ma neppure lui vuole lasciare il suo cane, Dixie Lee: «Sull’elicottero non lo accettano, e io non posso abbandonarlo qui a morire di fame». I vigili del fuoco passano di casa in casa a controllare che non ci sia più nessuno. A volte trovano qualche sopravvissuto, a volte purtroppo qualche cadavere: «Dobbiamo spicciarci, perchè con questo caldo i corpi imputridiscono in fretta. Bisogna seppellirli subito», avverte Joe Pollard, ufficiale della polizia di New Orleans.

I poliziotti della capitale del jazz nei primi giorni si erano lasciati prendere dalla disperazione. Duecento di loro, sentendosi impotenti senza auto, e senza barche ed elicotteri per salvare i superstiti, avevano dato le dimissioni. Intanto per le strade bande di sciacalli saccheggiavano negozi e supermercati, rubando anche i fucili che negli Stati Uniti sono in libera vendita. Ora l’ordine sembra essere stato ripristinato, ma Cornelius Victor, 52 anni, tiene a precisare: «Si’, c’è stato qualche ladro, qualche violentatore e anche qualche assassino, ma dieci mele marce non possono rovinare la reputazione di mille cittadini onesti». Il signor Victor è stato appena salvato assieme ad altri 24 rifugiati in una scuola da un mezzo anfibio della Guardia nazionale (l’esercito che ciascuno dei cinquanta stati che compongono gli Usa ha in dotazione, con compiti di protezione civile e mantenimento dell’ordine pubblico al proprio interno, e di vero e proprio combattimento all’estero).

Più di un terzo dei 22mila volontari della Guardia nazionale della Louisiana si trova attualmente in Iraq. Ma la tragedia di New Orleans sta facendo chiedere a molti il rimpatrio dei soldati da Bagdad. «La spedizione in Iraq ci costa un miliardo di dollari alla settimana», ricorda il senatore Ted Kennedy, «soldi che il presidente George Bush dovrebbe spendere invece per la ricostruzione». «Abbiamo abbastanza risorse per entrambe le cose», ha risposto Bush. Dopo il ripristino degli argini, le pompe idrovore potranno entrare in funzione e la città si ripopolerà.

Mauro Suttora

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