Tuesday, February 13, 2001

La censura si abbatte sui radicali

PANNELLA: "CIAMPI, ORA TI UCCIDO"

di Mauro Suttora

Il Foglio, 13 febbraio 2001

I dati sono impressionanti. Perfino un antipatizzante radicale di antica data, il consigliere d’amministrazione Rai Alberto Contri, lo ammette: «Li confronteremo con quelli dell’Osservatorio di Pavia, e se verranno confermati prenderemo provvedimenti». 

Negli ultimi cinque mesi, dal primo settembre al 20 gennaio, i radicali sono scomparsi dalla tv. Se si eccettua il due per cento di «Porta a Porta» (40 minuti su un totale di 26 ore di interviste politiche), in tutti gli altri programmi Rai e Mediaset (da Santoro a Costanzo, da Biagi a Primo piano) la percentuale è zero. E l’ospitata di Emma Bonino per Mucca pazza a «Raggio verde», a fine gennaio non cambia di molto le cose.

Il problema è che i radicali vengono censurati da trent’anni. E da trent’anni, invece di subire o protestare urbanamente, Marco Pannella reagisce con veemenza, utilizzando aggettivi pantagruelici e toni tremendissimi. L’ultima volta l’altro ieri: «Ciampi, ora ti uccido», ha sintetizzato in prima pagina Vittorio Feltri sul suo «Libero». 

Ragionamento paradossale ma logico, quello pannelliano: se davvero in Italia c’è un regime che impedisce ai cittadini di «conoscere per deliberare», distorcendo l’informazione che è il pane della democrazia, allora scatta il diritto (e forse perfino il dovere) alla ribellione. «Da gandhiano so bene che uno sparo non salverà il mondo», ammette il leader radicale, precisando però che la sua scelta nonviolenta è a questo punto solo di opportunità, non di principio.

Ragionamenti fragorosi, forse inutili, in questo Paese narcotizzato dai soldi e solo lievemente infastidito dalla rinuncia alla bistecca con l’osso. Ma sufficienti a far scattare la trappola dentro la quale, da un terzo di secolo, Pannella  viene abitualmente inghiottito ogni volta che si permette di denunciare la censura. 

Anche ieri l’imbecille il quale, occupandosi del dito invece che del problema, ha trasformato la vittima in esibizionista da dileggiare, è stata la «Repubblica» del suo nemico eterno Eugenio Scalfari (ex radicale con il veleno degli ex), tramite un corsivo in cui è stato compilato l’elenco dei «penultimatum» e delle invettive pannelliane, dai primi scioperi della fame (1968 per la Cecoslovacchia, 1969 per il divorzio, 1972 per l’obiezione di coscienza) a oggi.

Anche l’ultimo dei 17 digiuni del leader radicale (autunno ‘97) fu causato dal medesimo problema di oggi: lo zero quasi assoluto riservato dai media alle iniziative radicali. E anche allora «si aprì il dibattito»: ma sugli eccessi del «mouse that roars» (il «topolino che ruggisce», come l’Economist ha soprannominato l’indomito Marco), e non su quelli del silenzio tv. 

In questi quattro anni, poi, sono successe due cose: il settantenne Pannella si è beccato due ischemie, quattro by-pass e un’infezione iatrogena che hanno quasi «risolto» il problema; la sua fedelissima Emma Bonino ha preso l’8 per cento alle europee (con punte del 20 per cento in Lombardia e Veneto), dimostrando che i radicali possono essere popolari, e quindi pericolosi.

Così, l’Ulivo ha subito vietato gli spot grazie ai quali la lista Bonino era diventata il terzo partito al Nord. E la saracinesca dell’indifferenza si è richiusa sui pannelliani. L’ultimo episodio sabato scorso: nelle stesse ore in cui Pannella vergava la sua invettiva-appello a Ciampi, la Bonino teneva una conferenza stampa su una certa pillola che permette di abortire senza il trauma dell’intervento chirurgico, assieme a una professoressa francese invitata apposta in Italia in quanto massima esperta mondiale del problema. Che è sicuramente controverso, sia perché l’Italia è uno dei soli tre Paesi europei in cui i cattolici impediscono l’uso della suddetta pillola, sia perché in questi giorni il dibattito sulla «libertà della scienza» è rovente.

Ebbene: neanche una riga, neanche dieci secondi di tg. Stesso esito per un interessantissimo convegno radicale all’università di Roma giovedì scorso, zeppo di dati sui «costi del proibizionismo». Niente. E che il capolista radicale alle prossime elezioni si chiami Luca Coscioni, un malato di sclerosi curabile con le cellule staminali ma condannato a morte (lui sì, sul serio) dal no verde-vaticano alla clonazione terapeutica, finora lo ha scritto solo il Foglio.

Pazienza. Tanto, l’Italia democratica un’opposizione ce l’ha già: Fausto Bertinotti. Lui sì che può parlare in tv, come dimostrano i dati radicali: «Perché piace alla regina: sa stare a tavola, parla di tutto, fa manicure e pedicure...», sibila Pannella. Anche geloso, oltreché cialtrone?
Mauro Suttora

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