Monday, November 01, 1993

Marie Louise Rescia Pellegrin: Les Travaillants

I DISOCCUPATI? IN REALTA' SONO BABY SITTER

Risultano senza lavoro 12 europei su cento. Problema insolubile? No, rispondono a Parigi. Perché l'importante è il loro ruolo sociale

di Mauro Suttora

Europeo, 1 novembre 1993
























Disoccupazione: è il nuovo mostro da combattere nei Paesi industrializzati dell’Ocse, dove i senza lavoro sono ormai 35 milioni. In novembre a Washington si terrà addirittura un vertice mondiale su questo problema. Gli Stati Uniti, però, stanno molto meglio dell’Europa: i disoccupati sono al 7%, contro il 12% della Cee. La Francia, in particolare, soffre la peggior crisi di mancanza di lavoro dagli anni ’30.

Ma è proprio in Francia che si stanno sviluppando le idee più interessanti e innovative per affrontare il fenomeno. A Parigi Marie-Louise Pellegrin, docente di Antropologia e presidente del seminario di Psicologia sociale all’università della Sorbona, ha pubblicato un libro che fa discutere: ‘Des inactifs aux travaillants’. Letteralmente: ‘Dagli inattivi ai lavoranti’. È un gioco di parole: il neologismo ‘lavorante’ prende il posto del classico ‘travailleur-lavoratore’.

“In tutt’Europa ormai”, spiega la professoressa Pellegrin, “la maggioranza degli abitanti, fra giovani, pensionati, donne e disoccupati, è catalogata come ‘inattiva’. È questa oggi la categoria predominante, e non più quella del ‘maschio adulto produttivo’. Eppure ancora adesso tutta la nostra società ruota attorno alla figura del ‘lavoratore’. Così chi perde il lavoro perde status, oltre che lo stipendio, e un problema che dovrebbe essere solo economico diventa anche politico e sociale”.

“Gli ‘inattivi’ svolgono in realtà ruoli preziosissimi anche se non retribuiti”, sostiene la Pellegrin, “dalle casalinghe ai parenti che fanno da baby sitter, dai volontari ai lavoratori ’sommersi’. Definiamoli ‘lavoranti’, riconosciamo la loro importanza. Altrimenti il problema ‘disoccupazione’ rimarrà insolubile. Oggi non siamo attrezzati culturalmente per affrontarlo, proprio come nel '700, quando erano considerati ‘produttivi’ soltanto gli agricoltori, e ci volle Adam Smith per definire ‘lavoratori’ anche quelli delle fabbriche”.

Insomma, il nostro modo di pensare non si è ancora adeguato alla nuova realtà. E questa ‘rivoluzione culturale’ iniziata a Parigi oltre agli economisti coinvolge antropologi, linguisti e psicanalisti.