Saturday, August 29, 1987

Irangate: dall'Italia armi a Iran e Iraq

Rivelazioni: cosi' il nostro paese spediva migliaia di tonnellate di esplosivo a Teheran

Fino al 1985 , la società Tirrena industriale ha smistato enormi carichi di polvere da sparo per conto dei grandi produttori . Porto d' imbarco : Talamone . Punto d' arrivo :il fronte di Bassora . Dopo quello delle mine , Europeo documenta un altro traffico . all' ombra della legalita' e con l' ospitalita' del nostro esercito

Europeo, 29 agosto 1987

di Mauro Suttora

"La polveriera dell' esercito ? E li', sulla strada per Siena . Bisogna svoltare a destra e andar dentro per un chilometro . . ." La moglie del casellante di Versegge (Grosseto), sulla ferrovia Roma Livorno, ha steso le lenzuola ad asciugare la mattina di Ferragosto . Lei non lo sa, ma quel deposito militare nascosto fra gli alberi adesso scotta : secondo documenti in possesso dell'Europeo, nel deposito dell' esercito italiano a Versegge sono state custodite , almeno fino al 1985 , migliaia di tonnellate di polvere da sparo e di altri esplosivi in partenza per l' Iran.

È la seconda puntata dello scandalo " Valsella Meccanotecnica " , l' ormai nota azienda di Brescia accusata di aver venduto un milione di mine all' Iran . Ma qui c' e' qualcosa di piu' : c' e' la connivenza del governo italiano , che non solo ha concesso licenze di esportazione di materiale bellico per un paese in guerra , ma ha anche custodito questo materiale in una polveriera delle nostre forze armate per conto di una ditta privata italiana e di aziende estere che violavano le leggi dei propri paesi .

Il settimanale francese Evenement du Jeudi e' andato a spulciare fra le 5 mila pagine di un ' inchiesta conclusa qualche settimana fa da Sivagard Falkenland, ispettore capo delle dogane svedesi , traendone le rivelazioni del traffico di esplosivi fra la Bofors Nobel di Stoccolma , la Valsella e l' Iran . Ma in quelle stesse pagine c' e' una seconda pista che riguarda l' Italia . Fra i documenti sequestrati nella sede della Bofors Nobel , infatti , ci sono le prove di un' altra grossa " triangolazione " . Destinazione finale : Teheran . E con due tappe intermedie fondamentali , entrambe in provincia di Grosseto : il deposito di Versegge e il porto di Talamone . Qui le navi dell' Iran sono venute a caricare 5 . 300 tonnellate di polvere da sparo (per un valore di circa 75 miliardi di lire) . Le operazioni sono continuate indisturbate fino al 1985 inoltrato .

Il deposito di Versegge e' enorme : una vera e propria base , immersa in un bosco e recintata da doppio filo spinato . L' ufficiale di grado piu' alto presente nella base e' un giovane sottotenente di leva . Quando gli spieghiamo perche' siamo li' e sente il nome " Iran " sbianca e si rifugia nel segreto militare : " Mi spiace " , risponde , imbarazzato e gentile , " ma io non posso rilasciare dichiarazioni . Si rivolga al comando del distretto , a Grosseto " . Va bene , grazie .

Lunedi' mattina telefoniamo al comandante del distretto di Grosseto . E un colonnello , ma anche lui non dice nulla : " Rivolgetevi al comando territoriale di Firenze " . Ma come , colonnello , possibile che lei non sappia cosa e' passato in quel deposito ? " Ma lo sa che lei potrebbe essere inquisito ? Queste sono notizie riservate , io sabato mattina dopo che mi hanno avvertito della sua visita ho chiamato i carabinieri . Lei in quella strada non poteva entrarci , l' ubicazione del deposito deve rimanere riservata . Anzi , lei non deve neanche sapere che esiste , quel deposito . Se avesse preso delle foto la avremmo arrestata " .

Andiamo piu' su . E a Roma , al ministero della Difesa , finalmente confermano : " Si' , le forze armate possono temporaneamente custodire materiale esplosivo di societa' private " . E a Grosseto ? " Ragioni di riserbo impediscono di fornire ulteriori indicazioni . Comunque rispettiamo gli embarghi decisi dal governo " .

È tutta colpa dell' ingegnere svedese Ingvar Bratt se siamo andati a dare fastidio ai militari di Grosseto . E stato lui , qualche mese fa , a convertirsi al pacifismo e a spifferare alla Spaas , la potente associazione antimilitarista svedese , tutti i segreti dell' azienda dove lavorava : la Bofors Nobel , specializzata nel fabbricare esplosivi . Ne e' nato un grosso scandalo : inchiesta , perquisizioni , interrogatori , arresti . Come , la pacifica e neutrale Svezia esporta cannoni e dinamite verso l' Iran , paese in guerra , violando le proprie severissime leggi sull' export bellico di cui andava tanto fiera ? Sissignori , la Bofors si e' macchiata di questo reato . L' amministratore delegato e' stato cacciato , i 4 . 700 dipendenti tremano . C' e' di mezzo anche un morto : il contrammiraglio Karl Fredrik Algernon , spappolato sotto un treno della metropolitana di Stoccolma in gennaio . Omicidio o suicidio ? Di sicuro c' e' solo che Algernon era il responsabile delle licenze per le esportazioni di armi , che era accusato dai pacifisti di essere complice dei traffici illegali della Bofors , e che un' ora prima dell' incidente aveva avuto un tempestoso colloquio col direttore dell' azienda svedese incriminata .

Ma ecco come risulta la pista italiana dai documenti della Bofors Nobel . Siamo nel 1984 . In Italia e' perfettamente legale vendere armi sia all' Iran sia all' Irak . Nel concedere licenze d' esportazione a mucchi il nostro ministero degli Esteri sta attento solo a una cosa : usare bene la bilancia , per non scontentare ne' Bagdad ne' Teheran . Unico divieto : quello di fornire agli ayatollah materiale elettronico particolarmente sofisticato , definito " di importanza strategica " . Piu' che altro per paura che finisca in mano ai russi , e solo perche' e' un divieto imposto dagli Stati Uniti .

Per il resto , gli affari dell' industria bellica italiana vanno a gonfie vele : superiamo di slancio la Gran Bretagna e ci piazziamo al quarto posto fra gli esportatori d' armi mondiali dopo Usa , Urss e Francia . Un' azienda di Roma , la Tirrena Industriale (sede in via del Quirinale 22 , stabilimento a Pomezia , 130 dipendenti , specializzata nella produzione di parti metalliche per munizioni) , rifornisce l' Iran di munizioni complete e di polvere da sparo . Ha le licenze in regola , un rappresentante a Teheran , buone entrature al ministero degli Esteri . Ma quando Sazemane Sanaye Defa , l' Organizzazione delle industrie della difesa iraniane , le richiede 5 . 300 tonnellate di polvere da sparo per i suoi cannoni (made in Usa) M4A2 da 155 millimetri e per gli howitzer da 105 , capisce che non ce la puo' fare da sola .

La Snia Bpd e la Sipe di Milano , le piu' grosse produttrici di polvere da sparo in Italia , sono sovraccariche di ordini . Dove rivolgersi ? Entra allora in campo un consorzio europeo di fabbricanti di esplosivi , lo stesso che e' stato partner d' affari della Valsella , e che ha un nome chilometrico : Easspp (Associazione europea per lo studio dei problemi di sicurezza di polveri e propellenti) . Le aziende del consorzio hanno un grave handicap : i loro governi sono piu' severi di quello italiano nell' impedire esportazioni belliche verso paesi in guerra . Ma possono risolvere ogni problema se vendono il loro prodotto a una societa' italiana , la quale poi a sua volta soddisfa il cliente iraniano . Insomma , per anni proprio l' Italia e' stata il lato " sporco " dei triangoli che permettono di aggirare i divieti all' export d' armi verso i paesi belligeranti . Il contratto viene firmato il 15 marzo 1984 .

Con perfetto spirito europeista la Tirrena Industriale acquista 5 . 300 tonnellate di polvere da sparo per i cannoni degli ayatollah suddividendo equamente gli ordini fra la francese Snpe (Societe' nationale des poudres et explosifs) , la scozzese Nobel explosives , la svedese Bofors Nobel , la belga Prb e l' olandese Muiden (vedere una copia dell' ordine nella pagina precedente) . Il prezzo e' in marchi tedeschi : attorno ai venti marchi per chilo , per un totale di circa 75 miliardi di lire . Il pagamento avviene in due fasi : il 10 per cento e' anticipato , con garanzia della Banca nazionale del lavoro (documento del 17 2 84) , il resto alla consegna . E , per la consegna dei vari lotti (uno al mese per venti mesi) , l' indirizzo che i produttori stranieri devono mettere sui vagoni ferroviari pieni di polvere da sparo e' questo : Tirrena Industriale , c/o Deposito militare , 58035 Versegge (Grosseto) , Italy (documento del 15.3.84) .

Perche' un deposito dell' esercito italiano ? Semplice : perche' tutti i produttori d' armi italiani fanno custodire e collaudare il materiale destinato all' estero dalle nostre forze armate . Anche quando l' acquirente si chiama Khomeini . O Gheddafi : centinaia di cannoni e obici dell' Oto Melara , per esempio , sono stati puliti , controllati e messi a punto dai soldati italiani prima di essere spediti in Libia , nostro potenziale nemico . Le spese di immagazzinamento e " guardieria " non sono elevate , anche perche' di solito le aziende sono le uniche fornitrici del nostro esercito . E questo spesso si ritiene soddisfatto semplicemente dal poter utilizzare una parte delle munizioni o delle armi per le proprie esercitazioni : un pagamento in natura , insomma .

Qualche disaccordo invece c' era stato sulle modalita' di pagamento fra la Tirrena Industriale e i suoi fornitori : loro volevano l' anticipo del 10 per cento subito , su tutto il valore del contratto , gli italiani invece lo volevano scaglionare al ritmo delle consegne mensili (documento del 2 11 83) . Alla fine ha avuto la meglio la Tirrena . Fortuna per lei . Perche' l' estate 1984 , ricordate ? , e' quella della spedizione dei nostri cacciamine a ripulire il Mar Rosso . E li' cominciano i guai per l' export allegro verso l' Iran e l' Irak : sull' onda delle proteste dell' opinione pubblica il governo stringe la corda e non rinnova piu' le licenze verso i due paesi in guerra .

Ma la licenza della Tirrena Industriale e' valida fino all' aprile del 1985 , e non viene revocata . Ogni mese , tranquillamente , arriva un carico di 300 tonnellate a Versegge (vedere il telex della Bofors a pag . 117) . E dopo qualche giorno la polvere da sparo per i cannoni che bombardano Bassora percorre i 40 chilometri che separano Versegge da Talamone , il famoso porto che detiene il quasi monopolio dei trasporti bellici dall' Italia per l' estero . Li' la aspettano navi iraniane che la caricano e la portano a Bandar Abbas . Contemporaneamente da Talamone partono , nel 1985 , anche i carichi per l' Irak . Ma siccome Bagdad non possiede una flotta , non ha porti , e poiche' in ogni caso le sue navi verrebbero facilmente individuate e bombardate dagli iraniani nello stretto di Hormuz , armi e munizioni italiane per l' Irak hanno sempre viaggiato su navi terze . Se poi si trattava di traffici " sporchi " , provenienti cioe' da paesi che avevano dichiarato l' embargo , allora entravano in gioco gli armatori danesi , pronti a ogni avventura .

Scaduta la licenza la Tirrena non puo' piu' far fronte ai propri impegni (documento del 3 4 85) . Nessun problema per i fornitori nordeuropei : smistano il traffico sui porti della Jugoslavia e su navi tedesche e danesi (bolla di scarico a Bandar Abbas del 21 4 85) . Ma sul conto della Banca nazionale del lavoro restano bloccati alcuni miliardi : gli anticipi delle ultime partite arrivate a Versegge ma mai potute partire da Talamone . " Quei nostri soldi sono ancora li " , si lamentano alla Tirrena , " anche se l' inadempienza non e' colpa nostra : e' stato un ' ' fatto del principe' ' , com' e' scritto in inglese sulle polizze di carico per indicare un intervento politico " .

Adesso nella rada del porticciolo toscano , che accoglieva navi dalle piu' svariate bandiere , tutte affamate di armi made in Italy , c' e' il deserto . O meglio : c' e' il pieno , ma di motoscafi e barche turistiche . Le due gru gialle sono inoperose . Restano attraccate al molo , vuote , due chiatte gemelle che facevano la spola fra il piccolo molo e le navi piu' grosse che non potevano entrare in rada .

Una si chiama Dina , e l' altra , ovviamente , Mite . Un delicato gioco di parole che la dice lunga sul tipo di trasporti effettuati dai due natanti . Le ragioni di questo crollo dell' export sono due : la stagione estiva e il decreto Formica del 2 dicembre 1986 . Quest' ultimo accadimento , paragonato alla peste da tutti i fabbricanti ed esportatori d' armi italiani , ha fatto cadere verticalmente le nostre esportazioni belliche , perche' ha imposto controlli e condizioni severissimi per il rilascio delle licenze .

Ecco , questo e' il racconto di uno dei tanti business con l' Iran come quello della Valsella e molti altri che possono essere scandali solo in Svezia . Perche' fino a due anni fa migliaia di italiani hanno lavorato , guadagnato e mangiato vendendo armi e munizioni , mine e polvere da sparo , sia all' Iran sia all' Irak . Equamente . E in regola con tutti i timbri e tutte le leggi . Se non con quelle della morale , per lo meno con quelle dell' Italia .

Mauro Suttora